Colpo di stato
Camillo Arcuri
Bur, pagg.149, Euro 8,00
 
Tutto in una notte, quella dell'8 dicembre del 1970. I piani erano pronti: l'Italia doveva cadere sotto una dittatura di destra e gli oppositori dovevano essere uccisi o deportati in Saregna. Poi accadde qualcosa. E così il golpe dell'ex comandante della Decima Mas, Junio Valerio Borghese, saltò.
Questa storia il giornalista genovese Camillo Arcuri avrebbe potuto denunciarla già nel 1969, ma qualcuno glielo impedì. Contemporaneamente Mauro De Mauro stava arrivando alle stesse conclusioni. Ma venne assassinato. A distanza di oltre trent'anni, l'Autore ricostruisce in questo saggio una trama complessa che mette insieme la loggia P2, la mafia, l'esercito, i carabinieri, alte cariche dello Stato. Fatti gravissimi, dimenticati, trascurati e censurati. E ora rimontati come in un thriller, ma con personaggi veri e fatti realmente accaduti.
"Per decenni - scrive Arcuri - non si è voluto far sapere che cosa successe esattamente quella notte a Roma. A posteriori si diedero da fare in molti per accreditare una versione riduttiva, persino un po' caricaturale dei fatti, dicendo che fu lo stesso Borghese a dare il contrordine, "salvando così la patria dal caos". Era quasi un benemerito insomma. Mai però fu spiegato per quali ragioni avesse cambiato idea (sempreché sia stato lui e non altri, per esempio Gelli, a far tornare indietro gli insorti): se fosse cioè intervenuto uno sprazzo di lucidità nei deliri golpisti, oppure fosse venuto a mancare all'ultimo momento un appoggio determinante, come qualcuno sostiene, da parte del comandante di una colonna corazzata di stanza in Campania, o più probabilmente il ritiro dell'avallo da parte di un gran burattinaio, toscano o romano che fosse".
Ciò che si stava per mettere in atto la notte dell'Immacolata del 1970, insomma, fu tutt'altro che un "golpe da operetta". "Seppure a brandelli - aggiunge Arcuri -, i principali aspetti sono emersi nell'arco dei decenni, come risultato di indagini sviluppate in modo autonomo dalla magistratura un po' ovunque: da Roma a Milano e Bologna, da Venezia a Padova e Treviso, fino a Palermo. Se però ancora adesso determinati fatti assodati possono suonare inediti, significa che su un periodo così travagliato della vita nazionale esistono tanti segmenti di verità separati e mai ricomposti in un quadro unitario d'immediata lettura. Manca quindi, quanto meno a livello diffuso, la percezione, per non dire l'indignata consapevolezza (ovvero la memoria storica) di quanto è realmente accaduto".