Discorsi alla nazione tedesca
Johann Gottlieb Fichte
Laterza, pagg.220, Euro 20,00
 
I temi dell’Europa, del suo assetto costituzionale, della sua forma di governo; il rapporto tra identità europea e identità nazionali, regionali, locali; il tema della cittadinanza e dei diritti; il tema dello straniero, dell’originario, dell’ospitalità: questi i nodi concettuali presenti nei “Discorsi alla nazione tedesca” (1808) di J.G. Fichte – raccolta delle conferenze tenute dal filosofo di fronte a un pubblico entusiasta nella Berlino occupata dai francesi – tra i primi testi a elaborare in senso moderno il concetto di nazione e a porlo in relazione con le nozioni da un lato di popolo e dall’altro di Stato.
Pronunciati tra il 1807 e il 1808, durante l'invasione napoleonica, i Discorsi sollecitavano la rinascita del popolo tedesco. In essi è affermato il principio del pangermanesimo (nazionalismo romantico), cioè il primato della nazione tedesca, alla quale l’Autore attribuisce la missione di essere guida degli altri popoli, perché essa sola ha conservato attraverso i secoli la purezza della lingua, del carattere e della religione.
“Alla mia voce – scrive l’Autore - si associa quella dei vostri avi dalla più remota antichità […] Giacché se era destino che la latinità assorbisse i popoli germanici, meglio essere distrutti da quella antica che da questa odierna. Tenemmo testa a quella e la vincemmo; voi vi lasciaste battere e disperdere da questa. Oggi, così stando le cose, non dovete più espugnarla con armi materiali; solo il vostro spirito deve adeguarsi di fronte ad essa e rimanere eretto. A voi è toccata la sorte più stupenda: fondare il regno dello spirito e della ragione, distruggere la forza bruta dominatrice del mondo. A questa voce viene a mescolarsi quella dei vostri più recenti avi, caduti nella guerra santa per la libertà della religione e della fede. Anche il nostro onore, salvatelo – essi ci gridano -. Non era ben chiaro a noi stessi perché combattessimo; oltre al giusto proposito di non sottostare a forze esterne nelle cose della coscienza, ci incalzava ancora uno spirito superiore che non ci si svelò mai interamente. A voi si è svelato questo spirito, se avete forza visiva capace di scorgere il mondo degli spiriti, e vi guarda con limpido e nobile sguardo. Bisogna spodestare dal governo del mondo l’ibrido confuso miscuglio degli appetiti sensuali e spirituali; solo lo spirito, puro e libero dagli impulsi sensuali, deve mettersi al timone e governare le umane vicende. Perché questo spirito avesse la libertà di svilupparsi e crescere a vita indipendente, per ciò fu versato il sangue tedesco. Tocca a voi dare a questo sacrificio tutto il suo significato e la sua ragione, collocando questo spirito al posto che gli spetta al governo del mondo. Se ciò – meta ultima del precedente sviluppo della nostra nazione – non si avvera, tutte le nostre guerre diventano vuote farse transitorie, e se la libertà di spirito e di coscienza da noi conquistata diventa una vana parola, non dovranno più esserci al mondo né spirito né coscienza”.