La notte della chiesa russa
Aa.Vv.
Edizioni Qiqajon, pagg.324, Euro 23,50
 
Questo pregevole volume raccoglie gli atti del VII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità russa, dedicato a “La chiesa ortodossa russa dal 1943 ai nostri giorni” e promosso dalla Comunità di Bose.
Degna di nota, tra le altre, è la relazione di Dimitrij Pospelovsij: “Stalin e la chiesa. Il “concordato” del 1943 e la vita della chiesa ortodossa russa alla luce di documenti d’archivio”.
L’Autore ricorda l’immane contributo offerto dal clero ortodosso russo nella resistenza patriottica antinazista. Il 22 giugno 1941, giorno dell’attacco nazista, “il metropolita Sergij nella sua predica faceva appello a tutti i fedeli ortodossi a levarsi come un sol uomo in difesa della patria, e ordinava che se ne diffondesse il testo e lo si leggesse dall’ambone in tutte le non numerose parrocchie ancora aperte. Questo atto era formalmente un’infrazione delle leggi sovietiche, che proibivano alla chiesa di interferire nella vita sociale, e tanto più in quella politica, del paese. E tuttavia Stalin, evidentemente, apprezzò subito l’utilità per la difesa nazionale di una simile posizione e di tali appelli da parte della chiesa. E non solo Sergij non ricevette alcun biasimo da parte del potere sovietico, ma anzi al contrario i suoi innumerevoli appelli patriottici vennero riprodotti in grandi tirature dalle tipografie statali e diffusi dagli aeroplani al fronte. La chiesa organizzò attivamente raccolte di offerte per la guerra, che il metropolita Sergij sfruttò per chiedere a Stalin nel 1942 di poter aprire un conto bancario intestato al patriarcato di Mosca dove depositare il denaro raccolto. L’autorizzazione fu concessa con un telegramma di gratitudine da parte di Stalin. Ottenere il diritto di aprire un conto in banca significava de facto acquisire lo status di persona giuridica, nonostante questo non venisse sancito in alcun modo. Nei primi due anni di guerra si possono inoltre registrare alcuni altri piccoli passi, come l’apertura di alcune chiese e l’autorizzazione per la processione con le candele accese, durante la veglia pasquale del 1942, nella capitale oscurata per il coprifuoco”.
Durante la Grande guerra patriottica, quindi, Stalin pose un freno alla propaganda anti-cristiana più aggressiva, e manifestò ai padri della Chiesa Ortodossa, se non un'aperta simpatia, almeno tolleranza e comprensione. Inoltre, l'organizzazione degli "atei militanti" (patrocinata da un ebreo nefasto, Emelijan Jaroslavskij, alias Gubelmann) venne disciolta, il suo capo deportato al Gulag.
“Tutto ciò – osserva Pospelovskij – non fu tuttavia quasi nulla in confronto allo storico incontro dei tre metropoliti con Stalin il 4 settembre 1943”. In quell’occasione, i metropoliti avanzarono le seguenti richieste: 1) la convocazione di un concilio, l’elezione del patriarca e il ristabilimento, presso il medesimo, del Santo Sinodo, che aveva cessato di funzionare nel 1935; 2) l’apertura di scuole teologiche per la formazione dei quadri del clero; 3) l’apertura di chiese e almeno di un monastero, quale riserva per il clero monastico e, in definitiva, per l’episcopato.
“Stalin – scrive Pospelovskij – fu d’accordo su tutti i punti, promise di non intromettersi nella vita interna della chiesa, concedendole il diritto di aprire quanti seminari le fossero necessari, mentre per i rapporti tra stato e chiesa fu istituito il Consiglio per gli affari con la chiesa ortodossa russa (CACOR), con a capo il generale dell’NKVD Karpov […]. Stalin offrì quale residenza per il patriarca l’edificio dell’ex ambasciata tedesca e offrì alla chiesa sussidi statali, che il metropolita Sergij rifiutò categoricamente”.
“La notte della chiesa russa” – di cui si raccomanda la lettura - è pubblicato dalle Edizioni Qiqajon (http://www.qiqajon.it).