Saddam Hussein
Paolo Barbieri - Maurizio Musolino
Datanews, pagg.126, Euro 9,30
 
Paolo Barbieri (giornalista di Raidue) e Maurizio Musolino (caposervizio del settimanale "La Rinascita") tracciano in questo libro un profilo biografico del Presidente Saddam Hussein. L'opera si segnala per l'obiettività e per il fatto che in essa non trovano accoglienza le assurde leggende metropolitane che da anni circolano sul conto del Leader iracheno.
E' interessante quanto scrivono gli Autori a proposito della politica promossa in prima persona da Saddam Hussein nei confronti del Kurdistan iracheno all'inizio degli anni Settanta: "Durante il governo baathista, dopo la rivoluzione del 1968, viene concessa ai curdi una ampia autonomia nelle province del nord […]. Questa politica verso i curdi rappresenta comunque la si voglia considerare l'unico esempio di autonomia concesso al Popolo della Montagna (così vengono definite le genti che vivono nella vasta regione del Kurdistan, sia questo iracheno, turco, siriano o iraniano) dopo le speranze suscitate nel 1920 dal Trattato di Sévres. Si tratta infatti di una vera e propria apertura verso i cinque milioni di curdi che vivono in Iraq […]. […] il governo di Baghdad stabilisce l'11 marzo 1974 che "La regione del Kurdistan è considerata come un'unità amministrativa dotata di personalità morale, che esercita l'autonomia nel quadro dell'unità giuridica, politica ed economica dell'Iraq". Inoltre vengono avviate molte attività industriali nelle province curde, stimolando un certo sviluppo di quelle regioni".
Anche sul fronte della modernizzazione dell'Iraq il Governo rivoluzionario ba'athista ha ottenuto risultati strabilianti. Barbieri e Musolino rilevano giustamente che "per un osservatore che guardi all'Iraq con occhio europeo è assai difficile immaginare che il […] regime sia stato capace di modernizzare il Paese sia attraverso l'alfabetizzazione forzata (nel vero senso della parola, chi si rifiutava di seguire le lezioni negli anni settanta poteva avere dei guai seri e perfino finire in prigione) sia con un processo di reale industrializzazione, poi cancellato dalla guerra del Golfo".
Molto è stato fatto altresì a beneficio dell'emancipazione delle donne. Grazie alla Rivoluzione ba'athista, infatti, le donne irachene "non sono sotto la tutela dei loro capifamiglia, […] sono libere di studiare, di lavorare, di possedere o ereditare proprietà private, di vestirsi (con moderazione) all'occidentale, di non coprirsi il capo se lo desiderano". In Iraq, insomma, le donne vivono "in una condizione assai diversa, assai più libera di quella in cui vivono le donne di molti paesi vicini" come, per esempio, l'Arabia saudita, l'Iran o il Kuwait.
Gli Autori riconoscono che le indicibili sofferenze inflitte al Popolo iracheno negli ultimi dodici anni - attraverso i bombardamenti terroristici del gennaio-febbraio 1991 e del dicembre 1998, le sanzioni, l'isolamento politico-economico-culturale del Paese, etc. - rappresentano la ritorsione dell'imperialismo americano-sionista per la determinazione con la quale il Governo del Presidente Saddam Hussein "ha difeso la sovranità e l'indipendenza nazionale, valori che il nuovo ordine del mondo unipolare ha messo radicalmente in discussione e che sono di per sé fonte di conflitto con il centro dell'impero. Valori che, non va dimenticato, in Iraq poggiano, oltre che sui cingoli dei carri armati della Guardia repubblicana, su una base assai concreta e per nulla gradita in Occidente: la nazionalizzazione dei profitti per l'estrazione del petrolio".