Bettino Craxi, il socialismo
europeo e il sistema internazionale
a cura di Andrea Spiri
Marsilio, pagg.224, Euro 18,00
 
Tra la fine degli anni settanta e l'inizio del successivo decennio, in casa socialista si verifica una svolta cruciale: il consolidamento della segreteria di Bettino Craxi, che, tra l'altro, determina il progressivo mutamento degli orientamenti e delle posizioni del PSI in politica estera.

  Il volume curato da Andrea Spiri (dottorando di ricerca in storia politica dell'età contemporanea presso l'università di Bologna) prende in esame questo snodo storico. Lo fa sullo sfondo degli eventi che segnarono il contesto internazionale, cercando di coglierne le correlazioni con l'evoluzione della politica interna e gli aspetti legati alla biografia del leader socialista. Non è un caso, infatti, che alla rottura degli equilibri internazionali, simboleggiata dall'intervento sovietico in Afghanistan e dai missili SS20 puntati contro le capitali dell'Europa occidentale, si accompagni la crisi della stagione di unità nazionale e il definitivo varo del nuovo corso socialista. Ricondurre in un quadro analitico unitario questi elementi è indice - secondo il curatore del volume - "non soltanto di una scelta metodologica indotta dagli indirizzi più moderni della storiografia politica, ma anche del modo per ricostruire più credibilmente il contesto nel quale maturarono le decisioni del leader socialista".

  Lelio Lagorio, già Ministro della Difesa negli anni 1980-83, spiega che "l'amicizia profonda con gli Stati Uniti - pilastro della politica di quegli anni - non impedì al PSI, ma posso all'Italia, di avere opinioni diverse sulla Libia e poi su Sigonella (posizione non semplice che determinò qualche riserva e qualche distinguo anche in casa socialista) e più tardi sulla stessa guerra per il Kuwait. L'europeismo forte non vietò al PSI, ma posso dire all'Italia, di nutrire riserve sulle Falkland e più tardi sul potere esorbitante delle burocrazie di Bruxelles e quindi su vari aspetti discutibili di Maastricht".

  I socialisti, inoltre, non ebbero gli "occhi chiusi neppure a proposito del grande competitore sovietico. Il PSI operò perché l'Italia non si associasse mai al coro degli oltranzisti che consideravano l'URSS (anche l'URSS post-staliniana) il "male assoluto". Il PSI voleva soltanto impedire che il comunismo prevalesse in casa nostra".

  Scrive l'ex ambasciatore Sergio Romano: "Occorre essere atlantici ed europei, sembra dire Craxi, ma con sensibilità che rendano la politica estera socialista diversa da quella delle democrazie cristiane del continente: attenzione ai paesi in via di sviluppo, appoggio alla causa palestinese, contemporanea condanna delle dittature comuniste e latino-americane. Prende corpo in questa prospettiva l'idea di un socialismo mediterraneo capace di valorizzare a profitto di ciascun partito socialista, la contemporanea presenza nell'Europa centro-meridionale di quattro ambiziosi leader socialisti: Mitterrand in Francia, Gonzàles in Spagna, Papandreu in Grecia e naturalmente Craxi in Italia".

  "Ma se nei valori - osserva Antonio Badini, ambasciatore d'Italia in Egitto - era fortissima la comunanza che Craxi avvertiva all'interno dell'Alleanza atlantica, non necessariamente la stessa comunanza egli percepiva negli interessi. Craxi viveva non senza un qualche disagio l'allineamento, quasi acritico, dell'Italia alla politica statunitense che per antonomasia esprimeva la linea atlantica. In questo senso, non poteva annoverarsi fra gli atlantisti. In realtà, egli rifuggiva da ogni categorizzazione che rischiasse di dare per scontata la posizione dell'Italia nelle questioni specifiche. Egli riteneva che il consenso del governo dovesse sempre dipendere da analisi concrete dell'impatto che ogni decisione da assumere all'interno dell'Alleanza atlantica produceva per l'interesse dell'Italia e, laddove fosse il caso, dell'Europa, con cui l'Italia aveva certamente una altrettanto salda comunanza di valori anche se egli si guardava bene dall'identificare l'Europa con le istanze di Bruxelles".