Mio fratello, l'assassino di Trotskij |
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Luis Mercader - Germán Sánchez | ||||
Utet Libreria, pagg.LVI-167, Euro 20,00 | ||||
Il mistero ha circondato per anni la personalità dell'agente di Stalin che il 20 agosto 1940 uccise Lev Trotskij nella sua casa di Città del Messico, fracassandogli il cranio con un colpo di piccozza. Arrestato e condannato a vent'anni di reclusione, fu trovato in possesso di documenti di identità belgi chiaramente falsi, ma non volle mai rivelare chi fosse. Nelle foto diffuse nel mondo dopo il suo arresto, tanti comunisti spagnoli riconobbero uno di loro, ma tacquero. Soltanto negli anni Cinquanta fu identificato con certezza dalla polizia spagnola come Ramón Mercader, nato a Barcellona il 7 febbraio 1913, ma lui continuò a tacere, e nel 1960 uscì dal carcere e dal Messico con la stessa falsa identità con cui vi era entrato, atteso da agenti sovietici. Questo saggio raccoglie le memorie del suo fratello minore, Luis, gettando luce sulla personalità dell'assassino di Trotskij, sul mondo dei servizi segreti sovietici, sulle loro attività nella guerra civile spagnola, e sul mondo dei rifugiati spagnoli in Unione Sovietica. Insignito della massima onorificenza sovietica, tormentato dal fantasma di Trotskij, Ramón Mercader, stabilitosi a Mosca, rimase segretamente deluso dal sistema sovietico. Conservando però fede cieca nel comunismo, riuscì poi a trasferirsi a Cuba, dove nel 1978 è morto misteriosamente (secondo Luis sarebbe stato avvelenato dal Kgb). Portato da ragazzo a Mosca dai servizi sovietici dopo la guerra civile, Luis vi è rimasto per quasi quarant'anni fino a quando con grandi difficoltà riuscì a tornare in Spagna dopo la morte di Francisco Franco. Egli rivela, in questo saggio, la storia del fratello e della propria famiglia: tutti legati ai servizi segreti sovietici, a cominciare dalla madre, Caridad Mercader Del Rio, una bellissima donna di nobile e ricca famiglia, che per fanatismo ideologico lasciò il benestante e cattolicissimo marito. La vicenda personale di Ramón Mercader - scrive il giornalista Fernando Mezzetti nell'ampia Prefazione - "è unica per il suo ruolo e per i suoi rapporti con la polizia segreta. La sua storia e quella dei suoi familiari è un tuffo nel groviglio interiore di tanti comunisti occidentali di quell'epoca, e non solo di quell'epoca: uno spaccato psicologico comune a tanti personaggi sdoppiati nel sacrificio della ragione sull'altare dell'ideologia, in anni in cui Mosca coi suoi abissi d'orrore ad essi ben noti veniva presentata come modello di liberazione dell'uomo, in una visione della storia nella quale il fascino torbidamente astratto per quegli stessi orrori era più forte del ribrezzo concreto da loro per primi sentito per quella realtà". |