Uranio impoverito
Massimo Zucchetti
Clut, pagg.226, Euro 20,50
 
Le questioni che riguardano l'Uranio impoverito e la sua tossicità hanno talvolta, negli anni recenti, esulato dal campo della scienza. L'Autore,  professore ordinario presso il Politecnico di Torino, si occupa di radioprotezione da circa un ventennio e di uranio impoverito dal 1999. Dopo un'esperienza di pubblicazione di lavori scientifici su riviste, atti di convegni internazionali e conferenze in Italia, sull'Uranio impoverito, quest'opera cerca di raccogliere il lavoro di questi anni sull'argomento. La parte principale del lavoro - che riguarda appunto la questione dell'Uranio impoverito - è stata depositata in occasione dell'audizione dell'autore davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace, sulle condizioni della conservazione e sull'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale avvenuta mercoledì 29 giugno 2005.
  Proprio perché di sostanze radioattive pericolose è inappropriato discutere senza adeguate conoscenze scientifico-tecniche, quest'opera ha voluto dotarsi di una corposa appendice, che parla in maniera approfondita di radioprotezione e di utilizzo delle radiazioni ionizzanti e dei nuclidi radioattivi. In questa parte, il Lettore potrà trovare in estrema sintesi le nozioni che stanno alla base della trattazione della parte principale.
  L'uranio impoverito - spiega Zucchetti - "deriva dal processo di arricchimento dell'Uranio naturale nel quale l'isotopo 235 viene separato dall'isotopo 238 con delicati processi. Infatti molte applicazioni richiedono un arricchimento maggiore di quello dell'Uranio Naturale, come ad esempio il combustibile per i reattori nucleari. Il materiale che ne deriva è noto come "uranio arricchito", e la sua concentrazione di 235U in peso varia fra il 2-4% per le centrali nucleari civili ad acqua leggera (LWR) al 90% per le armi atomiche. Ci sono però situazioni particolari, come i combustibili sperimentali, quelli dei reattori compatti delle navi e dei sommergibili, in cui l'arricchimento arriva fino al 96-97%.
  "Il materiale di scarto del processo di arricchimento è noto come "uranio impoverito" (DU = Depleted Uranium) emette particelle alfa e beta, con una attività specifica (teorica) di soli 1.48x104 Bq/g e contiene meno dello 0,7 % di 235U. [...] il DU è meno radioattivo dell'uranio naturale di circa il 40 % e di circa un ordine di grandezza meno dell'uranio arricchito. Esistono però nel DU delle piccole tracce di 234Th, 234Pa, e 231Th (quest'ultimo proveniente dal decadimento dell'235U). Per questo motivo, l'attività specifica del DU è più alta di quella teorica. E' calcolata in circa 39.5 Bq/mg. Non sono presenti ovviamente tracce di radio o di radon, in quanto occorrono migliaia di anni perché il 230Th vada in equilibrio con l'234U".