I chierici alla guerra
Angelo d'Orsi
Bollati Boringhieri, pagg.332, Euro 18,00
 
In questo recente saggio, lo storico Angelo d’Orsi (docente di Storia del pensiero politico contemporaneo presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Torino) indaga e racconta, con ricchezza di esempi e amara indignazione, la seduzione esercitata dalla guerra sugli intellettuali italiani.
  La nascita stessa della categoria degli intellettuali, del resto, è connessa a fatti bellici. La storia di questa fascinazione, talvolta una vera e propria apologia del sangue e dell’annientamento del nemico, passa per Adua (1896), la campagna di Libia (1911-1912), dalla battaglia per l’intervento nella Grande guerra alle esaltazioni per l’Etiopia e la conquista dell’Impero, per giungere, attraverso la Seconda Guerra Mondiale, fino alla guerra infinita del presente.
  Davanti a ciascuno di questi conflitti, ripercorrendo le posizioni espresse da letterati, giornalisti, docenti universitari, scienziati, storici, politologi, pubblicisti e pennivendoli di varia natura, il libro si interroga sul ruolo dell'intellettuale, sulle sue responsabilità, sul senso del suo lavoro, sui suoi doveri e sul venir meno del suo dovere di essere coscienza critica e non spalla dei potenti.
  "Il lavoro di analisi dei conflitti, condotto da solo o in cooperazione - spiega l'Autore -, mi ha indotto a seguire con crescente attenzione le trasformazioni della guerra, che ne hanno accentuato, ai miei occhi, l'insostenibilità morale, giuridica e politica, facendo crescere in me il disgusto per la guerra, per l'odore di sangue, di fumo su terra bruciata, di disinfettante su ferite da amputazione di arti. Perché questo, innanzi tutto, è la guerra. Perciò mi ha sempre sorpreso leggere o udire parole di giustificazione o peggio di esaltazione delle guerre: di qualsiasi guerra. Mi ha sempre stupito imbattermi in intellettuali - sacerdoti della verità secondo ragione, nella concezione di Julien Benda - che delle guerre - trionfo della menzogna - si fanno corifei. Questo libro nasce dunque proprio da uno stupore, dietro il quale si agita un'elementare domanda: si può essere "intellettuali", ossia persone dotate di mezzi intellettivi supposti superiori, che per meriti, per nascita o per sorte conducono la "vita degli studi", assumendo una posizione pubblica, e schierarsi per la guerra? La ragione illuminatrice non dovrebbe gridare il suo no a un atto di barbarie antiquata, di regresso animalesco, di follia collettiva, come la guerra?".