I redenti. Gli intellettuali che
vissero due volte (1938-1948)
 Mirella Serri
Corbaccio, pagg.371, Euro 19,60
 
IL LIBRO - La caduta del Fascismo ebbe per effetto il rinnovo di buona parte della classe politica italiana ed è quindi, nella storia nazionale, una evidente cesura. Ma nel mondo degli intellettuali questa cesura non esiste. Quasi tutti i giornalisti, gli scrittori e gli studiosi che avevano collaborato ai quotidiani e alle riviste del Regime passarono dolcemente dal Fascismo all’antifascismo e continuarono a esercitare, con maggiore o minore successo, i loro talenti. Furono trasformisti, opportunisti, conformisti? Furono doppiogiochisti o infiltrati dell’antifascismo nella macchina propagandistica dell’Italia mussoliniana? Furono fascisti di sinistra, animati dalla speranza di orientare il regime verso i loro ideali? O furono più semplicemente «poveri diavoli», costretti dal bisogno a vendere il lavoro della loro immaginazione? Basta dare un’occhiata alla lista dei collaboratori di "Primato", la rivista fondata e diretta da Giuseppe Bottai, per comprendere che non è possibile dare una sola risposta per Sibilla Aleramo e Corrado Alvaro, Arrigo Benedetti e Vitaliano Brancati, Dino Buzzati e Mario Luzi, Dino Del Bo e Leo Longanesi, Guido Piovene e Vasco Pratolini, Giaime Pintor e Salvatore Quasimodo, Renato Guttuso e Marcello Piacentini, Giulio Carlo Argan e Indro Montanelli, Giorgio Spini e Luigi Salvatorelli.
  Il libro di Mirella Serri evita i giudizi sommari e ricostruisce il percorso individuale di alcuni dei protagonisti della cultura italiana tra Fascismo e antifascismo. Al centro del lavoro non vi è soltanto "Primato". Vi è anche il dialogo che la rivista di Bottai instaurò con altri giornali e riviste del regime in cui scriveva il resto della cultura italiana: "Roma fascista", organo dei GUF (Gruppi universitari fascisti), "Il ventuno domani", "Tevere", "Quadrivio", "Le Conquiste dell’Impero", "Nuovo Occidente", "Gioventù Italica". Molti di quegli intellettuali divennero comunisti, furono definiti da un vecchio esponente del PCI «fascisti redenti» e mondati in tal modo di ogni loro peccato. Ma questa ebbe l’effetto di oscurare le ragioni del loro passaggio all’antifascismo e quindi della continuità che ha caratterizzato la cultura italiana
nel momento in cui il paese cambiava istituzioni e classe politica.
 
  DAL TESTO - "La storia dei redenti non ha ancora oggi esaurito la sua capacità di fomentare discordie e divisioni. La rivisitazione delle vicende degli uomini che vissero una duplice esistenza provoca accesi dibattiti. Fomenta equivoci, per cui l'episodio del tormentato approdo dell'intellighenzia dissimulatrice al lido dell'Italia democratica - che funzionò peraltro anche come collante ed elemento di coesione nazionale - viene scambiato con la complessiva vicenda dell'antifascismo resistenziale. I trascorsi dei redenti infine non sono stati riconosciuti da tutti i protagonisti. Solo pochi li hanno portati alla luce allo scopo non solo di rivivere la propria esperienza lacerata e sofferta ma anche di rendere patrimonio collettivo quelle sottili e pervasive «reti» (così le chiamava il filosofo De Ruggiero) di cui si serviva il regime totalitario per catturare la sua intellighenzia." 
 
  L'AUTRICE - Mirella Serri insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, "Carlo Dossi e il racconto", "Storie di spie. Saggi sul Novecento in letteratura", "Il breve viaggio. Giaime Pintor nella Weimar nazista" (che ha vinto il premio Capalbio e il premio Salvatore Valitutti). Ha curato "Doppio diario. 1936-1943" di Pintor e ha partecipato al volume collettivo "Novecento delle italiane". Collabora a "l’Espresso", "La Stampa", "Ttl", "Specchio" e al "Corriere della Sera-Magazine".
 
  INDICE DELL'OPERA - Introduzione - Capitolo I. Bottai chiama a raccolta - Capitolo II. Gli intellettuali accorrono - Capitolo III. Una palestra di nome "Primato" - Capitolo IV. Antisemitismo in salsa italiana - Capitolo V. "El dìa de la raza" - Capitolo VI. Il razzismo nelle aule - Capitolo VII. L'ordine che verrà - Capitolo VIII. Un maitre à penser bottaiano: Carlo Morandi - Capitolo IX. Le università in camicia nera - Capitolo X. Il romanticismo rivisitato - Capitolo XI. Il rivoluzionario di professione - Capitolo XII. Il gruppo romano - Capitolo XIII. Don Carlo il dissimulatore - Capitolo XIV. Da Bagheria a Bergamo - Capitolo XV. Dall'Odeon all'Odeon - Capitolo XVI. Il fascio e la croce - Capitolo XVII. Per carità di patria - Capitolo XVIII. Il capo generazione postumo - Capitolo XIX. Tra rieducazione e assoluzione - Capitolo XX. I redenti - Capitolo XXI. Chierici e carabinieri a cavallo - Capitolo XXII. La grande rimozione - Ringraziamenti - Indice dei nomi