La conquista della Palestina
Giancarlo Paciello
CRT, pagg.302, Euro 20,00
 
IL LIBRO - Dopo aver ripercorso la storia parallela della creazione di "Israele" e della catastrofe (“Nakba”) palestinese in “Quale processo di pace?" del 1998 e analizzato le ragioni del fallimento del processo di pace in “La nuova Intifada” del 2001, l'Autore torna indietro nel tempo, all'Impero ottomano del XIX secolo, per individuare le origini del progetto sionista e delle sue caratteristiche fondanti, in stretto contatto con un ambiente, la Palestina, e con il sorgere del nazionalismo arabo, relativo a uno spazio ben più esteso, quello in sostanza dell'attuale Medio Oriente, Egitto compreso. Ancora una volta la terra rappresenta il cardine di questa ricerca, “una terra troppo promessa”, per usare la brillante formulazione di Massimo Massara, dove sionismo, imperialismo e nazionalismo arabo si incontrano e si scontrano.
  La tesi di Theodor Herzl, fondatore del sionismo politico, espressa in “Lo Stato ebraico” del 1896, è esplicita: "La Palestina è la nostra patria storica, che ci resterà sempre nel cuore. Questo nome da solo sarebbe un segnale di adunata straordinariamente toccante per il nostro popolo. Se Sua Maestà il Sultano ci concedesse la Palestina, ci potremmo impegnare, per sdebitarci, a risistemare le finanze della Turchia. In favore dell'Europa noi costruiremmo là una parte del vallo per difenderci dall'Asia, costituendo così un avamposto della civiltà contro la barbarie. Come Stato neutrale resteremmo in rapporto con tutta l'Europa, che dovrebbe garantire la nostra esistenza. Per i luoghi santi della cristianità, si potrebbe trovare una forma di diritto internazionale, per garantirne l'extraterritorialità. Costituiremmo la guardia d'onore intorno ai luoghi santi e ci renderemmo garanti, a prezzo della nostra stessa vita, dell'adempimento del nostro dovere. Questa guardia d'onore sarebbe il grande simbolo per la soluzione della questione ebraica dopo diciotto secoli di sofferenza".
  In “La conquista della Palestina”, suffragato da testi di storici importanti quali Henry Laurens e Francis Jennings, e, in particolare sull'impresa sionista, di alcuni tra i più importanti nuovi storici israeliani come Zeev Sternhell, Norman Finkelstein e Gherson Shafir, l'Autore indaga sulla pratica sionista di realizzazione del programma di Herzl senza dimenticare gli autoctoni, scomparsi nello slogan sionista "Una terra senza popolo per un popolo senza terra". Anzi, la prima parte è soprattutto dedicata alla riscoperta della Palestina ottomana, provincia dell'Impero e ai Palestinesi in lotta contro la colonizzazione sionista. Dopo aver illustrato nella seconda parte i classici miti della conquista coloniale, e nella terza il significato importantissimo dei "nuovi storici", è soltanto nella quarta parte che affronta il rapporto tra Sionismo e nazionalismo (Zeev Sternhell) e tra Sionismo e colonialismo (Gherson Shafir).
  Il libro si conclude con un'analisi politica del ruolo del Muro costruito in Cisgiordania, evidenziando quanto questa struttura rinvii ad un tempo del tutto indefinito la nascita dello Stato palestinese ed anzi caratterizzando lo stesso come strumento che impedisca, per sempre, la nascita di detto Stato. Seguono: un'appendice storico-documentaria, che ricostruisce gli anni iniziali del XX secolo della politica imperiale della Gran Bretagna e riporta insieme ad altre cose, la documentazione relativa ai tre accordi che hanno segnato le sorti della Palestina, prima del mandato britannico del 1922 e cioè la corrispondenza Hussein-Mc Mahon, gli accordi Sykes-Picot e la Dichiarazione Balfour. Un'intervista a Yeshayahu Leibovitz, una polemica con il presidente del senato Pera, con riferimento alla Lectio magistralis del Nolte tenuta in Senato, una cronologia dal 1876 al febbraio 2003, ed infine una bibliografia costituita da tutti i testi raccolti dall'Autore.
 
  DAL TESTO – “Questa neo-colonizzazione è [...] contrassegnata da tratti, ancora una volta, particolarissimi: essa non si nasconde mai dietro il pretesto - o le necessità - dello sviluppo. La presenza israeliana in Cisgiordania e a Gaza non ha contribuito in alcun modo allo sviluppo della terra conquistata. Per trentanove anni, Israele non ha costruito strade e infrastrutture che per i coloni. Invece di costruire scuole ha chiuso università, e non ha aperto ospedali per gli 'indigeni'. La 'colonizzazione' si contenta di confiscare a suo vantaggio le risorse locali, soprattutto d’acqua, e di sfruttare la popolazione”.
  “Ma qui, e paradossalmente proprio sulla loro terra, gli Arabi residenti in Israele costituiscono una categoria di immigrati, destinata a subire tutti i soprusi. Quando lavorano in Israele, gli abitanti dei Territori e di Gaza costituiscono un'ulteriore categoria, poiché emigrano ogni giorno e rientrano a casa loro ogni sera…”.  
 
  L’AUTORE - Giancarlo Paciello (05/03/1937), ingegnere elettronico, è stato tra i fondatori della rivista “Corrispondenza Internazionale” nel 1975, occupandosi in particolare dell’Irlanda e della Palestina. Ha curato la pubblicazione di “Blocco H”, un testo di Roger Faligot sulle lotte in carcere dei prigionieri politici irlandesi, e di “Sabra e Chatila” di Amnon Kapeliouk sulla strage nei campi profughi palestinesi durante l’invasione israeliana del Libano del 1982. Fa parte della redazione della rivista Koiné e del comitato editoriale della casa editrice CRT.
 
  INDICE DELL’OPERA – Parte prima: 1. L’imperialismo tra imperi e nazionalismo – 2. L’Impero ottomano sotto tutela – 3. La Palestina ottomana – 4. La colonizzazione sionista – 5. La lotta del popolo “che non c’era” – Parte seconda: 6. Il mito della conquista – 7. Conquista, non insediamento – 8. La scoperta dei “nuovi storici” – 9. La “nuova storia” d’Israele – Parte quarta: 10. Sionismo e nazionalismo – 11. Sionismo e colonialismo – Conclusione disperante – Appendice storico-documentaria – Appendice razionale – Appendice polemica – Cronologia – Bibliografia