Un giurista davanti a se stesso
Carl Schmitt
Neri Pozza Editore, pagg.320, Euro 34,00
 
IL LIBRO – Chi è Carl Schmitt? Il giurista conservatore divenuto teorico del Nazionalsocialismo, o il filosofo che ha pensato in modo nuovo le categorie del politico? Il pensatore geniale che ha incrociato le personalità più significative del suo tempo, da Benjamin a Heidegger, da Taubes a Ernst Jünger, o il consigliere di stato opportunista, che ha cercato di dare legittimità giuridica al Nazionalsocialismo? Il teorico convinto del decisionismo o piuttosto, come lo definì Karl Löwith,  un occasionalista incerto e privo tanto di convinzioni che di scrupoli? I testi e le interviste qui raccolti cercano di dare una risposta a queste domande, proponendo una nuova immagine di una delle personalità più discusse e attuali del pensiero politico-giuridico del XX secolo. Nel teso contrappunto fra  le maschere mitologiche che egli indossa nelle interviste e i testi cruciali e più segreti del suo pensiero, compreso quelli in cui egli è più vicino al Nazionalsocialismo, Schmitt non appare più come il teorico del decisionismo, che ha pensato la sovranità come decisione sullo stato di eccezione e la politica come cesura fra l'amico e il nemico, ma come una figura amletica e incerta, che, nell'Europa stretta  nella morsa del Fascismo, cerca un impossibile varco fra legalismo e stato di eccezione, diritto e violenza. Per questo egli deve assumere la maschera di Benito Cereno, l'infelice capitano del racconto di Melville, che si trova a dover fingere di comandare una nave, il St. Dominick, che è caduta nelle mani degli schiavi in rivolta. Questa nave è, secondo Schmitt, il diritto pubblico europeo, condannato a una rovina che il giurista sa essere ineluttabile; ma è anche,  la nave Europa, ancor oggi lacerata fra uno stato di eccezione che è diventato la regola e una rivoluzione mondiale che assume sempre più la maschera della  legalità.
 
  DAL TESTO – “Nel corso delle nostre riflessioni dovremo naturalmente parlare dell’ONU, l’organizzazione globale cui spetta il compito di assicurare l’ordine mondiale. Tuttavia, siamo anche consapevoli del fatto che l’ONU non è altro che il riflesso dell’ordine e purtroppo anche del disordine esistenti. L’ONU non fa altro che seguire le svolte che si danno nell’evoluzione della guerra fredda. Nessuno negherà che i suoi metodi e i suoi modi di procedere posseggano un certo valore, ma i problemi reali e i fenomeni oggettivi non si risolvono con discussioni normative o pseudoprocessuali”.
 
  L’AUTORE – Nato nel 1888 da una famiglia operaia cattolica, Carl Schmitt studiò giurisprudenza a Berlino, Monaco e Strasburgo. La sua idea politica centrale risale al periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale: la legittimità dello stato è determinata dal modo in cui agisce di fronte al 'pericolo concreto' o nella 'situazione concreta', piuttosto che da qualsivoglia scopo morale. Il sovrano o il dittatore legittimo è colui che decide lo 'stato di eccezione' per preservare l'ordine e proteggere la costituzione. Seguace delle idee di G.W.F. Hegel e Thomas Hobbes, secondo cui l'uomo è 'caduto' e 'cattivo', Schmitt sostiene che tutta la vita politica si riduce ai rapporti tra “amici e nemici”.
  Nella teoria di Schmitt, le democrazie fondate sulle 'norme', sulle regole giuridiche, e sulla separazione dei poteri, perdono ogni potere quando debbono affrontare delle grandi minacce religiose carismatiche, o politiche, come quella bolscevica della sua epoca. L'esistenza di “situazioni eccezionali”, come gli stati d'emergenza, va ad infrangere le fondamenta stesse dei sistemi politici liberali che si basano su leggi prestabilite e su norme che in teoria dovrebbero essere applicabili a tutte le situazioni possibili. Schmitt si fece beffe dell'idea che un dibattito razionale possa portare alla verità, affermando che se si chiedesse ad un socialdemocratico del suo tempo chi volesse, “Barabba o Gesù?”, egli convocherebbe subito delle consultazioni e stabilirebbe una commissione per studiare il caso.
  Dal 1921 Schmitt si dedicò all'insegnamento e produsse trattati polemici che furono attentamente studiati soprattutto in quegli ambienti bancari sinarchisti che alimentavano l'esperimento fascista in Europa. Poi, come consigliere dei governi Brüning (1930-1932) e von Papen (1932), Schmitt fu impegnato a criticare e a minare la Costituzione di Weimar.
In «Teologia politica», già nel 1922 Schmitt sosteneva che il vero sovrano è l'individuo o il gruppo che prende le decisioni in una situazione eccezionale. Questo individuo, o gruppo, e non la Costituzione, è il sovrano. Tutto ciò che una Costituzione può contribuire al proposito è stipulare a chi compete prendere l'iniziativa quando la situazione diventa eccezionale.
  Nello scritto «Il concetto del politico» del 1927, Schmitt sostenne che l'esistenza e l'identità stesse dello stato si fondano sulla realtà più profonda ed essenziale del rapporto “amico e nemico”, e che la sovranità è determinata dall'individuo o dall'entità che è capace di definire e proteggere la società dai nemici nelle situazioni di minaccia esistenziale. Piuttosto che ricorrere alle norme, sostiene Schmitt, il sovrano ricorre alla legge del campo di battaglia o “al decisionismo concreto”. Fino alla sua scomparsa, nel 1985, Schmitt rimase un devoto ammiratore del Fascismo mussoliniano, al quale egli riconobbe la capacità di unire la chiesa, lo stato autoritario, un'economia libera, e i miti forti che motivano la popolazione.
 
  INDICE DELL’OPERA – Introduzione, di Giorgio Agamben – Avvertenza editoriale – I. Interviste – Colloquio radiofonico del I° febbraio 1933 – Colloquio con Dieter Groh e Klauss Figge – Colloquio sul partigiano – Colloquio su Hugo Ball – Un giurista davanti a se stesso – II. Saggi – La rivoluzione legale mondiale – L’ordinamento del mondo dopo la seconda guerra mondiale – Tre possibilità di una immagine cristiana della storia – Stato, movimento, popolo – Nota ai testi