A mano armata. Vita violenta di Giusva Fioravanti
Giovanni Bianconi
Baldini e Castaldi Dalai Editori, pagg.343, Euro 14,60
 
IL LIBRO – "Per essere rivoluzionari non ci si può limitare a proclamarsi tali, ma occorre una militanza a tempo pieno... Io concepisco ad esempio una rapina in banca come attività rivoluzionaria se il ricavato viene utilizzato per l'acquisto d'armi o anche nell'acquisto di una casa purché questa venga utilizzata come covo... Doti di un capo rivoluzionario devono essere buona volontà, buona fede e intelligenza... Io nella mia preparazione politica non ho avuto modelli cui ispirarmi, sono sempre stato un autodidatta...". Non ci sono modelli da seguire per Giuseppe Valerio Fioravanti detto Giusva, ma Giovanni Bianconi, autore di questo libro insolito e inquietante, nel corso della sua puntigliosa indagine implicante, oltre allo studio di tutti gli atti, frequenti colloqui in carcere, ha imparato che, comunque, il protagonista di questo episodio, a suo modo anomalo, del vasto e complesso fenomeno del terrorismo di destra, ha ben chiara la distinzione tra fascisti 'buoni', fascisti 'sospetti' e fascisti 'cattivi', addirittura da eliminare. Non solo tra coloro che Giusva si è trovato al fianco per strada, ma anche fra quelli della generazione precedente e della generazione seguente.
  "A mano armata" non pretende di contemplare e chiarire l'oscura galassia nera, ma è apparso importante a Giovanni Bianconi e appare importante a noi lettori che di questo personaggio del nostro tempo si cerchi di ricostruire le esperienze, le motivazioni, i pensieri sin dagli inizi. Roma, la buona famiglia borghese di Monteverde, naturalmente di destra e soprattutto anticomunista, il primo precoce impatto a quattro, cinque anni con i media, anzi, con la pubblicità in televisione, il mitico 'Carosello'. L'improvvisa notorietà ottenuta raccomandando detersivi e formaggini. E a nove, dieci anni una parte di primo piano nello sceneggiato televisivo "La famiglia Benvenuti". Addirittura, la celebrità nazionale. Poi a dodici anni, il desiderio di smetterla con le rappresentazioni, il rifiuto di ubbidire a un regista, a qualcuno che pensa per te, un orgoglio senza fine. Come nasce la vocazione al terrorismo? La politica la porta in casa il fratello minore, Cristiano, iscritto presto al Msi. La madre prega Giusva di stare dietro al fratello. Risse di quartiere. L'ossessione di appartenere a una minoranza oppressa. E poi l'orrore. Orrore su orrore, come conseguenza irreparabile. Il male fatto agli altri e provocato a se stesso, l'aver portato la propria donna, Francesca Mambro, e i suoi migliori amici a farsi sparare addosso. Il trovarsi a decidere chi sia buono e chi cattivo, a trasformarsi in giudice e in boia. "Noi siamo sopravvissuti per caso, le pallottole ci hanno risparmiato. Volevamo dimostrare che il mondo non appartiene solo ai grandi, che non ci può essere qualcuno che decide sempre per te. Abbiamo fatto un macello per questo. E, alla fine, sia gli amici che le vittime sono morti inutilmente...."
 
  DAL TESTO – “Questo è un libro terribile. Non solo perché sono terribili i fatti che racconta, ma per il modo in cui li racconta. Ovvero senza esagerazioni e falsità, ma con la straordinaria lealtà e inflessibile pietà di chi cerca di dire la verità e non si ferma davanti ad alcun ostacolo, ad alcuna obiezione di comodo, ad alcun pregiudizio. L'ltalia degli anni di piombo riemerge così in una sua nuova prospettiva. Non che quei delitti atroci appaiano in una luce migliore, ma perché sentiamo confusamente e paradossalmente che allora potevano ancora resistere delle illusioni persino nelle scelte rovinose di una, due o tre o altre cause sbagliate. Un giovane poteva ancora lottare contro tutti per arrivare a una propria definizione. E le storie dei ragazzi neri costituirono una tragedia particolare nella tragedia generale”.
 
  L’AUTORE – Giovanni Bianconi, inviato del “Corriere della Sera”, è nato a Roma nel 1960. Con Baldini&Castaldi ha pubblicato nel 1995 “Ragazzi di malavita – Fatti e misfatti della banda della Magliana”, e nel 1998 “L’attentatuni - Storia di sbirri e di mafiosi” (con Gaetano Savatteri). E’ autore di “Mi dichiaro prigioniero politico – Storie delle Brigate Rosse" (Einaudi, 2003).
 
  INDICE DELL’OPERA – “La storia è finita qui” – Figli del ’77 – “Io e mio fratello” – Lapidi e fiori – Quegli occhi – Via Siena – Morti dimenticati – Barboni col mitra – L’università della strada – Stalinisti neri – Bologna e dintorni – Epilogo – Ringraziamenti – Indice dei nomi