Il paese delle donne dai molti mariti
Giuseppe Tucci
Neri Pozza Editore, pagg.285, Euro 17,50
 
IL LIBRO – Negli anni in cui insegnava in India, dal 1926 al 1930, avendo come collega di studi Mircea Eliade, appena il caldo delle pianure indiane si faceva insopportabile, Giuseppe Tucci emigrava verso il più fresco nord, come il resto della colonia europea. E qui, tra le montagne tra Simla e il Kashmir, incontrava quasi tutti i viaggiatori e gli esploratori più famosi dell’epoca, da Sven Hedin a Aurel Stein a Paul Pelliot. Uomini abituati alla rudezza dell’Asia centrale e alle fatiche e ai pericoli dei viaggi e poco portati a sognare a occhi aperti. Eppure Tucci era solito dire che questi traversatori di spaventosi deserti e scalatori di montagne considerate inaccessibili nascondevano tutti come un desiderio infantile: un giorno, al mattino, quando la nebbia si dirada e i panorami tornano sconfinati, avrebbero trovato Shangri-là, quel paese dell’eterna giovinezza immerso nella luce e abitato da saggi vestiti di bianco e un sorriso ebete sulle labbra, come nel film di Hollywood tratto da un celebre romanzo. Quello che Tucci taceva era che anche lui faceva parte del gruppo «bella Shangri-là» ed era in attesa dell’apparizione come i suoi amici. Colui che è stato, infatti, il più grande studioso del Tibet, un poliglotta che parlava tutte le maggiori lingue e i dialetti asiatici, un sapiente venuto da ovest che conosceva i segreti delle culture indiane e tibetane e si muoveva tra queste con la stessa disinvoltura dei santoni che oggi richiamano folle deliranti al Kumbamela, non ci ha lasciato soltanto una vasta ed erudita opera oggetto di studi nelle università di tutto il mondo, ma anche racconti di viaggio che narrano di vicende avvincenti e articoli corposi, accompagnati da fotografie stupende, apparsi su riviste come «Asiatica», «Le Vie d’Italia e del Mondo», il «Bollettino della R. Società Geografica Italiana». Scritti che mostrano un intreccio unico di dottrina, passione ed empito visionario e hanno il ritmo delle carovane così amate da Tucci: un lento, meraviglioso e quasi incantato avvicinamento a una Shangri-là dell’anima, a un mondo agli antipodi di quello occidentale, svelato vallata dopo vallata fino a quando la carovana non ha raggiunto il passo da dove lo sguardo spazia e le domande più difficili diventavano per la prima volta alla portata degli umani. Il primo libro della serie di racconti di viaggio che presentiamo, "Il Paese delle donne dai molti mariti", raccoglie alcuni di questi articoli e note ed è quasi un diario segreto di questo imprevedibile e smagato viaggiatore che con cinquanta muli, una tenda e i Canti di Leopardi in tasca si avventurava nei luoghi più sperduti dell’Asia centrale.  

  DAL TESTO – "L'uomo cominciò con l'essere un nomade; questo modo antico depositato in fondo al nostro subconscio monta spesso alla superficie con i suoi capricci archetipali e con la bramosia del viaggiare che sboccia in noi con il lume della ragione e ci accompagna per tutta la vita. E ne giova perché apre la mente. Però stiamo attenti: il viaggiare con i mezzi meccanici che traduce in termini moderni il nomadismo ancestrale, se ben considerate, è soltanto illusione di libertà, soggetto com'è al vincolo degli orari, ai posti negli alberghi, ai programmi certi, onde diviene piuttosto prigionia dalla partenza all'arrivo, senza evasione di soste o divari; persino l'automobile ci incatena per l'incanto della corsa, perché occorre sempre uno sforzo per sottrarsi alla malia della velocità e ubbidire all'invito di una rovina o al richiamo di un orizzonte aperto. Ma quando avete una carovana tutto è diverso; vi sentite padroni del mondo: i padri antichi che vennero forse dall'Asia a popolare la squallida Europa, rivivono in voi, vi sentite parenti di conquistatori primordiali; oggi qui domani non sapete dove, dove c'è erba e acqua o dove vi incanta la bellezza dei luoghi, la maggior delizia per il poeta che in fondo a noi, se non siamo divenuti come i bruti torpidi e sprovveduti, sempre vigila e sogna. Soltanto allora trovate e godete la libertà". 

  L’AUTORE - Giuseppe Tucci (1894-1984) fondò nel 1933 l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (Is.M.E.O.). Tra il 1925 e il 1930 insegnò nelle università indiane di Calcutta e Shantiniketan, dove conobbe Tagore e Gandhi. Tra il 1929 e il 1950, organizzò lunghe spedizioni in Tibet, Nepal, Pakistan e Afghanistan che ottennero importanti risultati scientifici. Tra i suoi numerosi scritti, oltre ai libri di viaggio, si segnalano i sette volumi di “Indotibetica” (Accademia d’Italia, 1932-1942), i due di “Tibetan Painted Scrolls” (Libreria dello Stato,1949) e la “Storia della filosofia indiana” (1957). 

  INDICE DELL’OPERA – Introduzione, di Stefano Malatesta – Visione – Himalaya – Templi e pagode – Splendori di un mondo che scompare – Carovane – L’altare della terra – Nepal – Dei – Nirvana – Berretti rossi e berretti gialli – Le tombe dei re – Nel cuore del Tibet – Uovo bianco, uovo nero – Gli dei di burro – Incanti – Vita nomade – Deserti – I taru – Nel paese delle mogli da molti mariti – Demoni – L’arte di far risuscitare i morti – L’abisso delle Madri – Un tempio terrificante – Acque cosmiche – Il kailasa