Una vita in Prima linea
Sergio Segio
Rizzoli, pagg.394, Euro 18,50
 
IL LIBRO - Il suo nome di battaglia: Comandante Sirio. Il suo mito: Simon Wiesenthal. Sergio Segio comincia la sua militanza politica in Lotta Continua nei primi anni Settanta, fuori dalle fabbriche di Sesto San Giovanni, "la Stalingrado d'Italia". Come molti giovani, perde presto la fiducia in una sinistra parlamentare che ritiene imbelle e collusa con i poteri forti. E si volge alla lotta armata. Nel 1974 è tra i fondatori del percorso che, due anni dopo, assumerà la sigla di Prima Linea, destinata a diventare una delle principali organizzazioni terroristiche italiane, a cui aderirà anche Marco Donat Cattin, figlio di un esponente di spicco della Democrazia Cristiana. Segio sostiene l'ultimo esame di Filosofia alla Statale mentre è già attivamente ricercato. Non abbandona le armi nemmeno quando il gruppo si scioglie, ma si vota alla "liberazione di compagni e compagne" detenuti. Viene arrestato a Milano, il 15 gennaio 1983: stava preparando un assalto al carcere speciale di Fossombrone. Sarà l'ultimo militante di Prima Linea a uscire dopo aver espiato 22 anni di pena. Accanto alla sua vicenda personale si incidono a fuoco, in queste pagine, eventi come l'omicidio Calabresi, il sequestro Moro, la strage di piazza Fontana. Perché, si chiede Segio, questi passaggi decisivi della storia nazionale sono stati raccontati perlopiù attraverso i verdetti dei giudici? E perché si parla quasi solo delle Brigate Rosse? "Una vita in Prima Linea" si propone di riempire un buco nero della memoria, rievocando l'esperienza delle organizzazioni di lotta che con lo stalinismo intrattennero relazioni aspramente polemiche. La sua testimonianza, lucida e precisa, rivive la stagione del terrorismo dal banco degli imputati, riconoscendo apertamente errori e responsabilità, senza ipocrisie né giustificazioni: "Per dovere, per fedeltà, per rispetto".
 
  DAL TESTO - «Ho sempre creduto che l’amore e il comunismo si debbano intendere e sposare, salvo scordarmene a tratti, annebbiato dalla foga e dalle durezze della battaglia».

  «Un Comitato contro la tortura promosso dal Partito Radicale, in un dossier aveva documentato una sessantina di episodi di torture e pestaggi. Dopo il sequestro del generale Dozier e la sua liberazione, l’indicazione venuta dai vertici della polizia e del ministero era di non andare per il sottile, perché era giunta l’ora di farla finita. Lo aveva rivelato Franco Fedeli, direttore della rivista “Nuova polizia”.

  «In attesa della nuova polizia, però, quella vecchia e i carabinieri usavano sovente incappucciare i militanti catturati, talvolta trasferirli in case anonime e torturarli per giorni, sia con i metodi classici sia con quelli artigianali ed estemporanei. A due dei nostri, Adriano e Fernando, nell’agosto 1979, dopo le varie razioni di botte, il sale e l’aceto sparsi sulle ferite in una caserma nei pressi di Teramo, i carabinieri si erano inventati di costringerli a stare sulla punta dei piedi, legargli i testicoli con uno spago teso e assicurato a una finestra: se i talloni fossero stati appoggiati a terra, i testicoli si sarebbero strappati. Ancora peggio era andata a Franchino e Guglielmo, presi nel gennaio 1982 a Tuscania, dopo un conflitto a fuoco in cui erano morti due carabinieri e Lucio, il giovane compagno “Olmo”».

  «Per noi, che siamo sopravissuti a un’esperienza comunque tremenda, alle armi e al carcere, diventa facile e ricorrente sentirsi fuori epoca e fuori posto. Allora, occorre ascoltare il nostro stesso racconto come venisse dall’esterno, reso ovattato e quasi irriconoscibile dal tempo. Come fossimo anche noi argonauti, superstiti che vaneggiano e vagheggiano da un luogo remoto, dove la storia e il mito ritornano a essere semplicemente storie: di uomini e donne, di vite e passioni, di amore e morte. Dove si può ricordare senza fare e farci male. Dove si può parlare, anche solo fra noi, sottovoce. Per dovere, per fedeltà, per rispetto».

  L'AUTORE - Sergio Segio è stato tra i fondatori di Prima Linea. Da molti anni è impegnato nel volontariato sui problemi del carcere e delle droghe. Ha curato i volumi "Annuario Sociale 2000 e 2001" (Feltrinelli) e "Rapporto sui diritti globali 2003, 2004, 2005 e 2006" (Ediesse editore). Nel 2005 ha scritto "Miccia corta" (DeriveApprodi). Ha diretto le riviste “Narcomafie” e “Fuoriluogo” e collabora con varie testate, tra cui “la Repubblica”. Attualmente è responsabile della “SocietàINformazione” e del Gruppo Abele di Milano.
 
  INDICE DELL'OPERA - 1. La cattura - 2. Com'è cominciata - 3. Mai più senza fucile, nasce prima linea - 4. Il vicolo cieco - 5. L'ultima spiaggia - 6. Il carcere - 7. Dissociati, pentiti, irrirducibili e silenziosi - 8. L'emergenza infinita - Che fine hanno fatto? - Cronologie - Le cifre - Bibliografia