Il camorrista |
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Giuseppe Marrazzo | ||||
Tullio Pironti Editore, pagg.232, Euro 11,00 | ||||
IL LIBRO – E' negli anni settanta che la camorra passa da fenomeno locale, poco più che folcloristico, alle dimensioni di una grande, mostruosa piovra che allunga i suoi tentacoli su una intera regione e sulla vita di milioni di uomini. L'artefice del cambiamento è Raffaele Cutolo, uno sconosciuto giovanotto di Ottaviano, finito in galera dopo avere ucciso un uomo in seguito a un banale litigio causato da un incidente stradale. Ed è proprio in carcere che Cutolo, giorno dopo giorno, costruisce il suo potere, il suo carisma, il suo ruolo "prestigioso" di capo di un'organizzazione che presto si estende in tutta Italia. La Nuova camorra organizzata sconvolge tutti i piani della malavita in Campania: pone la sua pesante ipoteca sul traffico della droga, sul contrabbando delle sigarette, sulle estorsioni, sugli appalti. Il cervello di questa rivoluzione, che vede cadere migliala di uomini in pochi anni, è sempre lui, Raffaele Cutolo, il "professore", l'"ingegnere", il "messia", l'abile manipolatore della fantasia popolare che accredita di sé l'immagine di un nuovo Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Il boss di Ottaviano detta la sua legge e viene riconosciuto anche da Cosa Nostra, costringendo i vecchi gruppi nemici a costituirsi in una confederazione di cosche, la Nuova famiglia, che gli dichiara una guerra spieiata. Avvincente come Il padrino, eppure documentato (per la prima volta) sulle testimonianze e le rivelazioni del protagonista, questo libro è quasi un diario del "professore"; racconta i suoi delitti, i suoi traffici, gli amori, le debolezze, le trame oscure legate al clamoroso caso Cirillo, che vide Cutolo nei panni del mediatore fra lo Stato e i terroristi che avevano rapito l'assessore regionale campano. Camorra, mafia, 'ndranghcta, uomini di rispetto, gregari e manovali del crimine: una storia esemplare e allucinante. Una storia vera, soprattutto, raccontata con il piglio del grande romanzo d'azione. DAL TESTO – “Sulla nave che lo porta all'Asinara, don Raffaele Cutolo passa in rassegna il suo passato. Un rosario di ricordi, episodi, riflessioni che ha ravvivato in cella, quasi come una ginnastica mentale, nelle lunghe notti insonni. Messi insieme, compongono il mosaico della sua vita, quella vera, che non ha mai raccontato ai giudici, agli avvocati, ai periti. Tutti i suoi segreti mai confidati. Sul ponte dell'Elisabetta, ripete l'esercizio sotto gli sguardi attenti di due giovani carabinieri che montano la guardia con i mitra spianati. Un trasferimento in grande, il suo, da vero boss, come si addice al capo della Nuova Camorra Organizzata. Don Raffaele non riesce a sopprimere un intimo compiacimento anche se sa che il viaggio lo conduce lontano, verso l'isolamento, in uno dei penitenziari più duri d'Italia. Nella sua vita, ha sempre badato molto alla forma. Non è, del resto, dai rituali, dalla cura meticolosa, quasi ossessiva, dei dettagli nei rapporti umani che ha tratto parte della sua affermazione? In fondo, è felice che per il suo trasferimento abbiano messo su un apparato da grandi manovre. Elicotteri nel cielo che volteggiano sull'Elisabetta, una nave appoggio per il trasporto dei suoi bauli e del suo archivio, motovedette di scorta, uno schieramento organizzato con una strategia studiata a tavolino da generali e da alti funzionari del Ministero degli Interni. Tutto degno di Cutolo ed all'altezza del suo effettivo potere. Don Raffaele riflette con insopprimibile soddisfazione. Soltanto a tratti si allontana dai suoi pensieri per affondare lo sguardo nelle onde increspate ed incredibilmente azzurre mentre dalla cabina di comando arriva la voce gracchiante di un militare che avverte i superiori, forse a Roma, che l'operazione procede senza intralcio. Lo stesso don Raffaele, del resto, si è adeguato all'occasione persino nell'abbigliamento. Ben rasato, i capelli brizzolati e ondulati messi perfettamente in ordine – la sera precedente glieli aveva riordinati il suo parrucchiere di fiducia nel carcere di Ascoli Piceno, il migliore della città (lo faceva venire da fuori ogni quindici giorni) don Raffaele indossava un pantalone di gabardine beige molto chiaro, la giacca sportiva blu con bottoni dorati, camicia di seta celeste, un foulard a pois con un bel nodo da «yachtman» e una spessa catenina d'oro, il Rolex regalatogli dai fedeli comparielli di Nola. Don Raffaele riprende a riflettere sugli avvenimenti più importanti della sua vita. Un capitolo fondamentale e discusso, ad esempio, la sua follia. La mia scheda di pazzo – pensa don Raffaele – l'ho costruita giorno per giorno. I professori venivano nella mia cella e io raccontavo. Erano tutti scienziati preparati, scrupolosi, profondi. S'aspettavano di trovare il pazzo, lo scalmanato che vuole a ogni costo la perizia psichiatrica. Erano colpiti dai miei modi misurati, dalla signorilità, dalla classe – l'hanno anche scritto nelle loro perizie – dalla mancanza di gestualità. Quest'uomo – ero io – non ricorre mai all'esibizionismo, tipico di chi deve imporre un'impressione di sé abnorme, ma è suadente e convinto di ciò che dice. Anche quando afferma di avere molte similitudini con Cristo, non dice «Io sono Cristo». Ricorre ad un'analogia. Racconta: «Come Gesù resuscitò Lazzaro, anche a me è accaduto qualcosa di simile. L'episodio è autentico. Successe con mia zia Giginella. Abitava con noi ed era soggetta a frequenti crisi di morte apparente. Fu una delle volte che sembrava veramente morta. In casa eravamo abituati ormai a vederla pallida e scheletrica stesa sul letto. Le vicine che avevano sempre qualcosa da venirci a chiedere, il prezzemolo, l'aglio, il misurino d'olio – non che fossimo più ricchi ma è il tipico scambio che ci si fa tra poveri –, nell'uscire dalla cucina ed avvicinandosi al letto, esclamavano: «Mò è veramente morta?» Mia madre continuava, noncurante, a sfaccendare, abituata a preparare, all'ultimo momento, il piatto di maccheroni per la sera. Io mi avvicinai a zia Giginella addormentata, ormai, da un paio di giorni e di notti, e le ordinai, sorridendo: «Ritorna in te, alzati, perché tanto non abbiamo neppure i soldi per il funerale». Giginella, lentamente, cominciò a muovere le sue gambe da pollastro, dischiuse gli occhi, ritrasse le labbra inumidendosele con la lingua. La resurrezione di Giginella avvenne tra la stessa indifferenza che pervadeva la nostra casa quando cadeva in catalessi. Zia Giginella era una bocca in più e che resuscitasse proprio al momento di mettere i maccheroni in tavola, a mio padre, appena rientrato dalla campagna, non stava bene. Perché ho raccontato l'episodio agli psichiatri che lo hanno riportato nelle perizie? Francamente, non so spiegarmelo. So che a furia di fornire riferimenti con la mia infanzia, con la mia adolescenza, è nata la mia biografia di pazzo criminale o di criminale pazzo. I fatti più insignificanti, quelli che ciascuno di noi recupera nella propria infanzia e dopo, sono diventati ciò che definiscono una storia clinica”. L’AUTORE – Giuseppe Marrazzo (Nocera Inferiore 1928 - Roma 1985) cominciò giovanissimo l'attività giornalistica presso il quotidiano napoletano Il Mattino il 'Italia. Lavorò come inviato in molti quotidiani e settimanali nazionali tra i quali Omnibus, Epoca, Tempo Illustrato. In televisione cominciò a collaborare, con inchieste e servizi, sin dal 1965, a TV7, Cordialmente, Europa Giovani e ad AZ, la rubrica per la quale realizzò le maggiori inchieste sulla mafia, sulla 'ndrangheta, sul traffico della droga, sulla camorra. Su questi aspetti della vita italiana proseguì con puntuali approfondimenti per la rubrica Dossier e per il TG2. Ottenne numerosi premi giornalistici e nel 1978 fu dichiarato Cronista dell'Anno. Nella trasmissione Blu Notte, lo straordinario programma di Carlo Lucarelli, sono state spesso riproposte alcune delle sue inchieste televisive su mafia e camorra. INDICE DELL’OPERA – Capitolo primo. Verso l'Asinara - Capitolo secondo. L'incontro con un vero boss - Capitolo terzo. Tra realtà e fantasia - Capitolo quarto. La sfida a 'o malommo - Capitolo quinto. Il giuramento di sangue - Capitolo sesto. La fuga dal manicomio e la latitanza - Capitolo settimo. Il viaggio in america - Capitolo ottavo. Le condanne a morte di Cartuccia e di Turatello - Capitolo nono. I retroscena del rapimento Cirillo - Capitolo decimo. La decapitazione del criminologo Semerari - Capitolo undicesimo. Esplode lo «scandalo» Cutolo - Capitolo dodicesimo. Il tradimento di 'o Nirone |