L’angelo della finestra d’Occidente

Gustav Meyrink
Adelphi Edizioni, pagg.458, Euro 16,00
 
IL LIBRO – Nell’”Angelo della finestra d’Occidente”, Meyrink inscena la biografia di un alchimista realmente vissuto – quel John Dee che fu matematico e cultore di discipline ermetiche, magiche e astrologiche sotto il regno di Elisabetta I d’Inghilterra –, ma in modo da evocare gli stadi di un vero e proprio processo alchemico in cui morte e rinascita sono momenti progressivi per accedere all’autentica conoscenza. Così, quando John Dee si ridesta nell’ultimo discendente della sua stirpe, il barone Müller, intorno a costui riappaiono le forze e i personaggi che, già secoli prima, avevano aiutato o ostacolato l’antenato nella ricerca della Pietra filosofale. In un fatale gioco di sdoppiamenti il barone Müller rivive l’arresto di John Dee nella Torre di Londra, la liberazione ad opera di un’Elisabetta non ancora regina, gli esperimenti condotti insieme a Edward Kelley (emissario in terra dell’angelo della finestra d’Occidente), la fuga dall’Inghilterra e l’ospitalità dell’imperatore Rodolfo in Boemia. Ma la via alchemica può compiersi solo attraverso la conquista della «donna occulta», la Regina dei filosofi. Che non sarà Elisabetta, posseduta per violenza d’incantesimo da John Dee, né la principessa Assja Chotokalungin, dai gialli occhi di pantera, bramata fino all’odio dal barone Müller, ma un’ulteriore, ancor più misteriosa figura.

DAL TESTO – “Strana sensazione tenere fra le mani, legato e sigillato, ciò che appartenne a un morto! Sembra quasi che fili tenui come ragnatele, sottili e invisibili, se ne diramino per guidarci altrove, in un regno oscuro.
L'accuratezza con cui è stato avvolto in una carta azzurra, fermata più volte da uno spago, dà tacita testimonianza di un pensiero e un'azione ben consapevoli di chi, pur ancora vivo, già sente approssimarsi la morte. Costui raccoglie, ordina e ammucchia lettere, annotazioni e scrigni colmi di quanto un tempo fu importante e ora è morto, lacerti impregnati di ricordi ormai svaniti, e va con un vago pensiero a un futuro erede - a me -, a un uomo lontano e a lui quasi estraneo, che verrà a sapere della sua morte quando il pacco chiuso, disperso nel regno dei vivi, avrà trovato in mani altrui la propria strada”.

L’AUTORE – Gustav Meyrink è nato a Vienna nel 1868. Si interessò nella sua vita di esoterismo e magicismo. Nel 1927 si convertì al buddhismo. Morì a Starnberg [Baviera] il 4 dicembre 1932. Su che tipo fosse Meyrink, può essere interessante quanto riporta Mircea Eliade (in "Frammenti di un diario", nell'agosto del 1950) che riferisce quanto gli dice l'ebraista Scholem: "[Scholem] l'ha conosciuto da giovane, e lo ha anche portato dal grande scrittore ermetista R. Eisler. Una volta Meyrink gli chiese di spiegargli che cosa aveva voluto dire nel suo 'Der Golem', giacché egli aveva scritto alcune pagine ispirate alle fonti esoteriche ebraiche (pessime fonti, ha aggiunto Scholem), senza d'altronde comprenderne il significato. Scholem gli aveva spiegato che, essendo inventate da autori mediocri, prive di rapporto con la fonte della tradizione autentica, non avevano alcun senso... Un'altra volta Meyrink gli chiese se sapeva dove abitasse Dio. Scholem non lo sapeva, e Meyrink esclamò: 'Alla base della colonna vertebrale'. Aveva letto 'Il potere del serpente' di Avalon ed era convinto di ciò: Dio era 'Kundalini', e 'Kundalini' si trovava, arrotolato, alla base della colonna vertrebrale. Scholem non sa ancora ancora esattamente se Meyrink credesse davvero alle sue opere esoteriche o se scherzasse, dato che non era sprovvisto di umorismo". Il suo romanzo più noto resta Il Golem (Der Golem, 1915). Tra gli altri suoi romanzi si ricordano: La faccia verde (Das grüne Gesicht, 1916), La notte di Valpurga (Walpurgisnacht, 1917), Il domenicano bianco (Der weisse Dominikaner, 1921). Tra i racconti: Il corno fatato del filisteo tedesco (Das deuschen Spiessers Wunderhorn, 1913) in tre volumi, Storie di alchimisti (Goldmachergeschichten, 1925). I suoi punti di riferimento sono Hoffmann e Poe, e le leggende praghesi. Le sue sono storie fantastiche, dominati da spettri, visioni, piene di sogni. Elementi grotteschi si uniscono a toni mistici. Scherzo ironico, amara malinconia, satira della burocrazia e dell'ipocrisia borghese sono tra i suoi elementi migliori