La ricezione della materia nibelungica tra Medioevo ed età moderna. Der hürnen Seyfrit

Verio Santoro
Giuseppe Laveglia Editore, pagg.200, Euro 10,00
 
IL LIBRO –  Il canto di Sigfrido si offre come strumento prezioso per ripercorrere il processo di stratificazione ed evoluzione delle leggende sorte nell´area germanica tardo medievale intorno alla figura di Sigfrido. Mai molto amato dalla critica sotto l´aspetto estetico, il canto ha, invece, da sempre suscitato grande interesse per il suo valore documentario; il testo è stato così di buon grado sottoposto ad analisi minuziose volte alla ricerca di riscontri con gli elementi appartenenti alla restante tradizione nibelungica germanica in una prospettiva di genesi letteraria che, se intendenva rivalutarne (o rifiutarne) il suo valore come fonte, ne ha man mano oscurato gli aspetti più innovativi e originali in quanto testimone prezioso della vitalità e del divenire della figura di Sigfrido della Germania del secolo della Riforma e della Controriforma.

DAL TESTO – ““Il canto di Sigfrido dalla pelle di corno” (Der hürnen Seyfrit) occupa un posto di assoluto rilievo nel processo di stratificazione e di evoluzione in Germania delle leggende sorte intorno alla figura di Sigfrido tra Medioevo ed Età moderna; il “Canto” aggiunge, infatti, una voce speciale al coro che narra le vicende di uno dei maggiori e più fortunati cicli della letteratura occidentale: la quantità di opere e di forme e la loro distribuzione in Europa pongono la materia nibelungica, accanto al ciclo biblico, troiano e arturiano, come quarto grande ciclo epico della letteratura europea. Nel cosiddetto “tono di Ildebrando”, proprio della poesia eroica più tarda, il « Canto” ripercorre le vicende della vita di Sigfrido, figlio del re del Niderland Sigmund e della regina Siglinga, dalle prime avventure giovanili alla tragica fine. Mai molto amato dalla critica sotto l’aspetto estetico e spesso oggetto di clamorose stroncature, a ragione principalmente delle evidenti contraddizioni e sfasature degli sviluppi narrativi e della povertà delle rime, il “Canto” ha, invece, da sempre suscitato grande interesse per il suo valore documentario; il resto è stato così di buon grado sottoposto ad analisi minuziose volte alla ricerca di riscontri, non di rado sterili e arbitrari, con gli elementi appartenenti sia alla tradizione germanica meridionale (“Canto dei Nibelunghi”), sia a quella settentrionale (“Saga di Teoderico”, “Saga dei Volsunghi”, “Edda poetica”) in una prospettiva di genesi letteraria che se intendeva rivalutarne (o rifiutarne) il suo valore come fonte, ne ha man mano oscurato gli aspetti più innovativi e originali in quanto testimone prezioso della vitalità e del divenire della figura di Sigfrido nella Germania del secolo della Riforma e della Controriforma”.

L’AUTORE – Verio Santoro è docente di Filologia Germanica presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Salerno. Ha studiato aspetti diversi delle lingue e culture germaniche medievali, in particolare dell’area sassone e altotedesca, dedicandogli molteplici saggi. Alla materia nibelungica ha già destinato uno studio nel 1993, I “Nibelunghi” nella cultura italiana dell’Ottocento e del primo Novecento.

INDICE DELL’OPERA – Introduzione – Tradizione – Relazione tra le stampe – La trama – Fortuna del Canto – Sfortuna del Canto – Il Canto e la restante tradizione nibelungica – Tradizione e modernità del Canto – La metamorfosi interiore di Sigfrido - Delectare e prodesse – Testo e Traduzione – Nota al Testo – Riferimenti Bibliografici