Giovanni Fiora risponde a Paolo de Vecchi Stampa

Giovanni Fiora risponde a Paolo de Vecchi

 

devecchi  Ho letto, con estremo interesse, la lettera del nipote del Quadrumviro Cesare Maria de Vecchi, che ribadisce il fatto che suo nonno non appartenne a logge massoniche.

  Ritengo opportuno, a questo punto, inserire un approfondimento sulla Massoneria.

  Non c’è alcun dubbio che Cesare Maria de Vecchi fu un uomo di spicco del Fascismo, fondatore del fascio torinese ebbe prestigiosi incarichi da parte del regime: fu comandante della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale; ambasciatore presso la Santa sede (1929-1935); Ministro dell’educazione nazionale.

  Non voglio fare delle false speculazioni, ma ho rilevato la notizia che egli, insieme ad altri, apparteneva alla Massoneria, dagli scritti di diversi storici, accreditati sulla base del valore della loro autorità scientifica. E  sono, altresì, convinto che lo storico abbia il dovere di far conoscere le cose come stanno: completezza, obiettività, correttezza sono, pertanto, obbligatorie.

  Se il nipote insiste sulla sua tesi avrà senz’altro le sue buone ragioni. Con molto rispetto per le sue affermazioni, voglio citare solo una delle diverse fonti, da cui ho desunto l’appartenenza alla Massoneria di de Vecchi; affiliazione che, peraltro, credo non rappresenti un delitto.

  Lo storico Romano Canosa nel suo libro I servizi segreti del Duce (Mondadori, 2001), a pag. 80, scrive: “… E quando, al congresso dell’Augusteo del novembre 1921 i fasci si erano trasformati in Partito nazionale fascista, la segreteria del nuovo organismo era stata affidata al massone Michele Bianchi, coadiuvato da tre vicesegretari, di cui due almeno affiliati alla Massoneria, ed alla segreteria amministrativa, Giovanni Marinelli. Infine, quando in vista della presa del potere, il nuovo partito aveva deciso di formare un quadrunvirato, al quale cedere tutti i poteri nella imminenza della insurrezione, questo era stato formato integralmente da Massoni (Balbo, Bianchi, De Bono, de Vecchi)…”.

  A riprova di questa tesi il Canosa si riferisce a due saggi  G. Vannoni, Su alcuni momenti salienti del rapporto fascismo massoneria, in “Storia contemporanea” (dicembre 1975, p. 619) e G. Padulo, Palazzo Giustiniani e piazza San Sepolcro, in “ Mezzosecolo”, 1985-86 pag. 123.

  È risaputo che durante il fascismo la Massoneria entrò in completa clandestinità. Dopo l’attentato Zaniboni, poiché il generale Cappello era legato alla Massoneria, il fascismo condusse una vera e propria campagna contro le logge internazionali, cercando di coinvolgere il Venerabile Gran Maestro dell’Oriente d’Italia, Domizio Torrigiani; ma con risultati inconcludenti. Per avere riscontri è sufficiente scorrere le cronache dei giornali dell’epoca.

  Per quanto riguarda la figura del Generale Carlo Sanna (di Senorbì): egli fu un grande militare ed un Massone; come lo furono tanti altri, che avevano indossato la camicia nera.

Giovanni Fiora

 

Sassari, 14 dicembre 2010

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