Le Edizioni Clandestine pubblicano David Irving Stampa
Scritto da Francesco Algisi   
Mercoledì 21 Luglio 2010 15:56

Le Edizioni Clandestine pubblicano David Irving. Intervista con Andrea Salieri

a cura di Francesco Algisi

irving_guerra  Andrea Salieri (Viareggio, 1962) è un artista eclettico che si muove da anni nel mondo della scrittura in tutte le sue forme, dalla poesia ai testi per canzoni, dalle sceneggiature al romanzo e ai racconti. Già collaboratore dei Matia Bazar e di Alberto Radius, ha partecipato ad alcune trasmissioni della Rai. Nel 1989, vinse il “Premio Camaiore opera prima” con Acido lattico. Seguiranno poi alcune pubblicazioni tra poesia e narrativa fino alle opere più recenti, L’urlo e L’omicidio Berlusconi. Dal 2004 è il direttore editoriale delle Edizioni Clandestine.

  Direttore, perché avete scelto di chiamarvi Edizioni Clandestine?

  Il nome Edizioni Clandestine è stato scelto come metafora delle difficoltà che ogni piccolo editore incontra per riuscire a farsi conoscere, ottenendo, per così dire, la “cittadinanza” nelle librerie italiane. Abbiamo iniziato undici anni fa con la distribuzione “a spalla” per poi passare ai primi distributori regionali, arrivando infine alla distribuzione nazionale con PDE. Un percorso difficile, colmo di insidie e frustrazioni, ma anche disseminato di gratificazioni.

  Come vi collocate dal punto di vista politico-culturale?

  Per quanto molte delle nostre scelte editoriali possano essere identificate come “di sinistra”, gli ideali che animano le Edizioni Clandestine prescindono da una netta collocazione politica. Ciò che noi riteniamo fondamentale è la piena libertà di parola ed espressione. Per questo rispettiamo l’opinione di tutti, certi che ogni fatto abbia troppe sfaccettature per essere giudicato a priori. Purtroppo, in Italia soprattutto, si tende a esprimere giudizi senza prima assicurarsi di conoscere i vari aspetti di un evento. Abbiamo pubblicato I giorni dell’ETA, la storia vera di un terrorista del movimento indipendentista basco, non perché condividiamo le stragi o gli attentati sulle metropolitane, ma perché riteniamo che dietro ogni atto estremo ci siano motivazioni non necessariamente sbagliate e rinnegabili che devono essere conosciute per poi farsi la propria opinione. Lo stesso vale per la biografia di Ahmadinejad, personaggio controverso e spesso criticato a priori, senza capire che, se non si conosce la cultura islamica, è impossibile giudicare chi opera al suo interno. Infine, abbiamo pubblicato il Diario di una giovane palestinese (non posso negare che siamo tutti filopalestinesi in casa editrice), ma siamo sempre pronti a pubblicare il “diario di una giovane israeliana”, così che il lettore abbia a disposizione entrambi i punti di vista.

  Avete pubblicato anche diverse opere di David Irving…

  Irving è un personaggio che suscita scalpore per le sue interviste, non per i suoi libri, che in pochi, tra coloro che lo criticano, hanno letto. Aldilà delle opinioni dell’autore, che possono essere o meno condivise, nei suoi libri non troviamo traccia di antisemitismo o istigazione all’odio razziale. Ne pubblichiamo le opere, perché, come già detto, siamo per la totale libertà di stampa e di espressione e contrastiamo tutto ciò che abbia il sapore della censura. In democrazia, le parole si contestano con le parole, non con il bavaglio.

  In alcuni Paesi europei, la ricerca storica sulla Seconda guerra mondiale non può essere liberamente esercitata. Per questo, David Irving ha subìto processi, condanne, carcerazioni, ecc..

  Ovviamente sono contrario a qualsiasi limite alla ricerca. In effetti non ha alcun senso impedire a chiunque sia interessato a un argomento talmente vasto, da rimanere almeno in parte necessariamente inesplicabile, di compiere ulteriori indagini. David Irving ha reperito materiale che altri storici avevano ignorato e nei suoi libri cita accuratamente le fonti su cui si è basato. I contestatori non hanno che da seguire quelle fonti per attestarne la credibilità. Di fronte a ciò, a cosa servono i processi e il carcere? Approvare l’incarcerazione di Irving per quel che ha detto nelle sue interviste (e ripeto nei suoi libri non c’è alcuna giustificazione, né negazione dell’olocausto) equivale a legittimare il carcere per tutti gli scrittori turchi che citano il genocidio armeno nei loro romanzi. Ognuno dovrebbe essere libero di pensare ed esprimere ciò che ritiene giusto, salvo subire poi le critiche degli oppositori.

  Le Edizioni Clandestine hanno recentemente pubblicato La guerra di Hitler, una delle opere più note dello storico britannico. Peraltro, della stessa opera era già uscita qualche anno fa un’edizione italiana presso un editore romano. Quali differenze presenta la vostra edizione (oltre al prezzo decisamente più vantaggioso)?

  Si tratta di un testo aggiornato, su cui l’autore ci ha garantito l’esclusiva, arricchito da note dell’autore stesso, in cui sono citate le fonti dei vari discorsi presenti nel testo e alcune spiegazioni allo stesso. Oltre a queste, abbiamo inserito note descrittive dei vari personaggi, così che il lettore meno esperto possa meglio comprendere coloro che si muovono nella “corte” hitleriana, e altre esplicative dei vari accadimenti semplicemente citati nel testo.

  Quali opere di Irving avete in programma di pubblicare prossimamente?

  Abbiamo pubblicato I diari segreti del medico di Hitler, Perseguitato, La guerra di Hitler. Il prossimo potrebbe essere la biografia di Rommel, ma ancora non abbiamo deciso in merito.

  Promuoverete qualche pubblica presentazione di La guerra di Hitler con la partecipazione dell’autore? Nel giugno 1992, David Irving venne respinto all’aeroporto di Fiumicino come “ospite non gradito”: gli fu così impedito di prendere parte a un convegno a Roma…

  Ancora non sappiamo. Avevamo pensato di fare una presentazione alla Fiera della Piccola e media editoria di Roma, ma i costi sono elevati, e per il momento è tutto in fase di preparazione. Per quanto riguarda l’ospite non gradito…… direi che un no comment sia più che sufficiente! Del resto impedire a qualcuno di parlare è spesso meno problematico del contestare ciò che dice.

 

21 luglio 2010

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