Il nomos della terra nel diritto internazionale dello «Jus publicum europaeum» Stampa E-mail

Carl Schmitt

Il nomos della terra nel diritto internazionale dello «Jus publicum europaeum»

Adelphi, pagg.460, Euro 45,00

 

nomos_della_terra.jpg   IL LIBRO – Del Nomos della terra si potrebbe dire che sta al diritto internazionale e alla filosofia politica del nostro tempo come Essere e tempo di Heidegger sta alla metafisica: opere inevitabili, che faranno sempre discutere e alle quali sempre si tornerà. Carl Schmitt pubblicò questo libro nel 1950, quando ancora si trovava in una posizione di totale isolamento in Germaia. Ma proprio in quest'opera che è la summa del suo pensiero giuridico e politico si sollevò nettamente al di sopra di ogni contigenza. E questo gli permise di aprire la prospettiva su fatti che in quegli anni erano impensabili: per esempio il terrorismo o la guerra civile globale come agenti decisivi del futuro. A questi risultati Schmitt giunge attraverso una disamina minuziosa delle varie teorie che sono apparse nell'epoca attica dello Jus publicum Europaeum, dimostrando una volta per tutte che, per sfuggire alla furia delle guerre di religione, il gesto salutare è stato la rinuncia allo justum bellum. Di conseguenza, il delicato passaggio dalla justa causa belli allo justus hostis ha reso possibile il fatto stupefacente che per duecento anni in terra europea non ha avuto luogo una guerra di annientamento ». In quel breve intervallo lo jus publicum, Europaeum si combinava con l'avviarsi del funzionamento della machina machinarum, « prima macchina moderna e insieme presupposto concreto di tutte le altre macchine tecniche: lo Stato moderno. Allora la guerre en forme, questo gioco crudele, salvato però dal rigore della sua regola, conferiva una nuova unità a un certo ambito spaziale (una certa parte dell'Europa) e lo faceva coincidere con il luogo stesso della civiltà. Poi il gioco si frantuma dall'interno: nell'agosto 1914 comincia una guerra che si presenta come tante altre dispute dinastiche - e invece si rivela subito essere la prima guerra tecnica, che nega già nel sito apparato ogni possibilità di guerre en forme . Così emerge anche la guerra rivoluzionaria, variante finale della guerra di religione, sigillo delle guerre civili. La forma moderna della verità, la più efficace, la più distruttiva, è tautologica: ciò che è rivoluzionario è giusto perchè è rivoluzionario: con ciò si propone e trova sbrigativa risposta la questione della justa causa belli.

 

  DAL TESTO – “Depongo questo libro, frutto inerme di dure esperienze, sull'altare della scienza giuridica, una scienza che ho servito per oltre quarant'anni. Non posso prevedere chi si impadronirà della mia offerta, se un uomo di pensiero, un uomo che vorrà utilizzarla praticamente, o un distruttore e un annientatore che non rispetterà il diritto d'asilo. Il destino di un libro non sta nelle mani dell'autore, così come non vi sta il suo destino personale, che ad esso è legato. Per la cosa di cui tratta, il libro potrebbe portare come massima due versi di Goethe del luglio 1812: Das Kleinliche ist alles weggeronnen, Nur Meer und Erde haben hier Gewicht.' Il discorso verte qui infatti su terraferma e mare libero, occupazioni di terra e occupazioni di mare, ordinamento e localizzazione [Ordnung und Ortungl].

  “Ma per quanto la massima sia grandiosa, essa contiene pur sempre un pericolo. I due straordinari versi allontanano troppo l'attenzione dal tema del diritto internazionale e inducono invece a considerazioni geografico-naturalistiche o mitologico-elementari. Ciò non renderebbe giustizia all'idea fondamentale del libro, elaborata con grande sforzo, che è propriamente giuridica. Devo ai geografia in primo luogo a Mackinder, un grande ringraziamento. Ciò nonostante, il lavoro del pensiero giuridico rimane qualcosa di diverso dalla geografia. I giuristi non hanno appreso la loro conoscenza di cose e di territori, di realtà e di territorialità, dai geografi. Il concetto di occupazione di mare è stato coniato da un giurista, e non da un geopolitico. Nell'autoconsapevolezza di giurista mi trovo a concordare con un importante studioso contemporaneo di diritto internazionale, Camilo Barcía Trelles, che ha trattato anch'egli il tema della terra e del mare. Molto più profondo di quello con la geografia è il legame con le fonti mitiche del sapere storico-giuridico. Esse ci sono state rese accessibili da Johann jakob Bachofen, ma non dobbiamo dimenticare i numerosi suggerimenti del geniale Jules Michelet. Bachofen è il legittimo crede di Savigny. Egli ha sviluppato, rendendolo infinitamente fruttuoso, ciò che il fondatore della scuola giuridica storica intendeva per storicità. Si tratta di qualcosa di diverso dall'archeologia e dal museo. Tocca la questione stessa dell'esistenza della scienza giuridica, che oggi si trova schiacciata tra teologia e tecnica, se non riesce ad affermare in una dimensione storica rettamente conosciuta e resa fruttuosa il terreno della propria esistenza. Ecco perché il problema dell'esposizione diventa particolarmente arduo. Intralci e ostacoli di ogni genere fanno parte della nostra situazione odierna. Anche a un critico sprovveduto non riuscirà difficile scoprire carenze bibliografiche o di altro genere. A ciò va aggiunto il fatto che io mi guardo da ogni attualità e che preferisco pertanto interrompermi in qualche punto, pur di non incorrere in un falso sospetto. Tutti gli esperti lamentano in verità la babele linguistica del nostro tempo, la rozzezza della lotta ideologica e la dissoluzione e contaminazione perfino dei concetti più comuni e correnti nella nostra odierna sfera pubblica. Non resta allora altro da fare che vagliare l'ingente quantità di materiale, esporre oggettivamente le nuove idee, evitare polemiche inutili e non mancare la grandezza del tema. Poiché entrambi, il tema in sé e la sua situazione nel presente, dispongono di una forza travolgente. L'ordinamento eurocentrico finora vigente del diritto internazionale sta oggi tramontando. Con esso affonda il vecchio nomos della terra. Questo era scaturito dalla favolosa e inattesa scoperta di un nuovo mondo, da un evento storico irripetibile. Una sua ripetizione moderna si potrebbe pensare solo in paralleli inimaginari, come se ad esempio uomini in viaggio verso la luna scoprissero un nuovo corpo celeste finora del tutto sconosciuto, da poter sfruttare liberamente e da utilizzare al fine di alleggerire i conflitti sulla terra. La questione di un nuovo nomos della terra non può trovare una risposta in siffatte fantasie. E neppure potrà essere risolta mediante ulteriori scoperte nel campo delle scienze naturali. Il pensiero degli uomini deve nuovamente rivolgersi agli ordinamenti elementari della loro esistenza terrestre. Noi siamo alla ricerca del regno di senso della terra. Questa è l'impresa rischiosa del presente libro e questo l'imperativo che sta all'origine del nostro lavoro. E' agli spiriti pacifici che è promesso il regno della terra. Anche l'idea di un nuovo nomos della terra si dischiuderà solo a loro.”

 

  L’AUTORE – Nato nel 1888 da una famiglia operaia cattolica, Carl Schmitt studiò giurisprudenza a Berlino, Monaco e Strasburgo. La sua idea politica centrale risale al periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale: la legittimità dello stato è determinata dal modo in cui agisce di fronte al 'pericolo concreto' o nella 'situazione concreta', piuttosto che da qualsivoglia scopo morale. Il sovrano o il dittatore legittimo è colui che decide lo 'stato di eccezione' per preservare l'ordine e proteggere la costituzione. Seguace delle idee di G.W.F. Hegel e Thomas Hobbes, secondo cui l'uomo è 'caduto' e 'cattivo', Schmitt sostiene che tutta la vita politica si riduce ai rapporti tra “amici e nemici”.

  Nella teoria di Schmitt, le democrazie fondate sulle 'norme', sulle regole giuridiche, e sulla separazione dei poteri, perdono ogni potere quando debbono affrontare delle grandi minacce religiose carismatiche, o politiche, come quella bolscevica della sua epoca. L'esistenza di “situazioni eccezionali”, come gli stati d'emergenza, va ad infrangere le fondamenta stesse dei sistemi politici liberali che si basano su leggi prestabilite e su norme che in teoria dovrebbero essere applicabili a tutte le situazioni possibili. Schmitt si fece beffe dell'idea che un dibattito razionale possa portare alla verità, affermando che se si chiedesse ad un socialdemocratico del suo tempo chi volesse, “Barabba o Gesù?”, egli convocherebbe subito delle consultazioni e stabilirebbe una commissione per studiare il caso. Dal 1921 Schmitt si dedicò all'insegnamento e produsse trattati polemici che furono attentamente studiati soprattutto in quegli ambienti bancari sinarchisti che alimentavano l'esperimento fascista in Europa. Poi, come consigliere dei governi Brüning (1930-1932) e von Papen (1932), Schmitt fu impegnato a criticare e a minare la Costituzione di Weimar.

  In «Teologia politica», già nel 1922 Schmitt sosteneva che il vero sovrano è l'individuo o il gruppo che prende le decisioni in una situazione eccezionale. Questo individuo, o gruppo, e non la Costituzione, è il sovrano. Tutto ciò che una Costituzione può contribuire al proposito è stipulare a chi compete prendere l'iniziativa quando la situazione diventa eccezionale.

  Nello scritto «Il concetto del politico» del 1927, Schmitt sostenne che l'esistenza e l'identità stesse dello stato si fondano sulla realtà più profonda ed essenziale del rapporto “amico e nemico”, e che la sovranità è determinata dall'individuo o dall'entità che è capace di definire e proteggere la società dai nemici nelle situazioni di minaccia esistenziale. Piuttosto che ricorrere alle norme, sostiene Schmitt, il sovrano ricorre alla legge del campo di battaglia o “al decisionismo concreto”. Fino alla sua scomparsa, nel 1985, Schmitt rimase un devoto ammiratore del Fascismo mussoliniano, al quale egli riconobbe la capacità di unire la chiesa, lo stato autoritario, un'economia libera, e i miti forti che motivano la popolazione.

 

  INDICE DELL’OPERA - Cinque corollari introduttivi - La conquista territoriale di un nuovo mondo - Lo jus publicum europaum - La questione di un nuovo nomos della terra