Renato Vallanzasca. Milano calibro velluto Stampa

Francesca Arceri

Renato Vallanzasca. Milano calibro velluto

Bevivino Editore, pagg.128, Euro 10,00

 

calibrovelluto.jpg  IL LIBRO – In soli ventisette anni ha concentrato una serie sorprendente di crimini: dal furto alla rapina, dal rapimento all’omicidio. Non pago, dopo la cattura e la condanna a ben quattro ergastoli, ha continuato a far parlare di sé, organizzando rivolte e rocambolesche evasioni. Renato Vallanzasca, il bel Renè, ha occupato per un ventennio le pagine della cronaca, trasformandosi in una sorta di mito popolare. Un Lupin più spregiudicato, irriverente e provocatorio, irriducibile e irrequieto, coi suoi occhi di ghiaccio ha sciolto il cuore di migliaia di donne e col suo savoir faire da gentiluomo ha conquistato il rispetto di molti. Chiave di volta nelle trasformazioni della mala milanese, cerniera fra i “vecchi ladri per bene” e la nuova mafia spregiudicata, Vallanzasca conquista ancora. Una storia fondamentale per comprendere una parte di umanità troppo facilmente relegata alle colonne asciutte della cronaca. 

 

  DAL TESTO – “Come qualsiasi ragazzo della sua età, Renato amava le figurine: dei calciatori, di animali, sulla storia; non importava il tipo: lui adorava collezionarle per sfogliare gli album completi, perfetti. E fu grazie a questa passione che ne scoprì un’altra: rubare. Ovviamente avrebbe dovuto acquistare una montagna di pacchetti per completare anche solo uno di quegli album tanto amati, ma non potendo permetterselo, lui e gli altri della banda avevano affinato delle vere e proprie tecniche di furto per aggirare gli edicolanti. Con una “spalla”, Renato andava in edicola e, mentre il secondo si nascondeva sul retro, chiedeva di poter scegliere personalmente il pacchetto dalla scatola, nella speranza che la sorte baciasse la sua mano per trovare quelle tanto ambite. Bastava mostrarsi coi suoi d’oro e gli occhi azzurri da innocente per convincerli. Una volta messe le sue mani sulla scatola, il gioco era fatto: il “complice” rompeva una vetrina dell’edicola e, mentre il proprietario si girava per capire che cosa fosse successo, i due se la davano a gambe con l’intera scatola. Non c’era album che non completasse. Leggeva i fumetti e, se possibile, rubava anche quelli. Però non ne andava pazzo: gli eroi erano sempre buoni e, in fondo, un po’ noiosi. Lui preferiva i ladri, o quelli che venivano dipinti come i cattivi: tifava per gli indiani, anche se alla fine perdevano sempre. Quegli anni portarono anche il primo amore di Renato. Si chiamava Valeria e abitava nel suo palazzo. Scala G. Aveva dieci anni e sembrava più grande della sua età; tutti la corteggiavano e lei se ne compiaceva. I due si ronzavano intorno da tempo, ma si diedero il primo bacio grazie alla penitenza di dire–fare-baciare-lettera-testa-mento. Anche se il nostro si era allenato allo specchio, fu difficile lo stesso, e dovettero andare a nascondersi nei solai per farlo. Stettero insieme per due anni fino a quando lui la vide baciarsi con un ragazzo molto più grande di lei. Renato stava aspettando Valeria davanti al cinema quando, d’improvviso, la vide girare l’angolo. Già accompagnata. I due non si erano accorti della sua presenza, erano allegri. Renato, invece, sentì il sangue salire al cervello e pompare dietro gli occhi. Tirò un solo pugno a quel ventenne, che cadde a terra stordito. Valeria gridava, ma lui non la sentiva, non la vedeva. Valeria non c’era più. Non esisteva più per lui. Questo tradimento importò un dolore nuovo e lacerante. Le lacrime di delusione gli fecero giurare a se stesso che nessuna donna l’avrebbe più fatto soffrire a quel modo. Mai più”.

 

  L’AUTRICE – Francesca Arceri (Milano, 1979), laureanda in Teoria e analisi del linguaggio cinematografico alla Statale di Milano, ha fondato e dirige la rivista on line di cinema e letteratura www.hideout.it. Coordinatrice del sito ufficiale di Niccolò Ammaniti, è parte dell’organizzazione del Festival Internazionale di Corti d’Animazione di Chiavari.