I partiti digitali Stampa

Paolo Gerbaudo

I partiti digitali
L'organizzazione politica nell'era delle piattaforme


il Mulino, pagg.280, € 20,00

 

gerbaudo partiti  IL LIBRO – Movimento 5 Stelle, Podemos, France Insoumise e i partiti pirata propongono un nuovo modello di organizzazione politica e meccanismi democratici finalizzati a realizzare una partecipazione politica più autentica. Ma fino a che punto i partiti digitali hanno effettivamente mantenuto tali promesse? Di che natura è la democrazia che essi praticano? Ed è davvero migliore di quella dei partiti tradizionali?
  La crescita esponenziale di persone e oggetti iperconnessi ha portato a una trasformazione profonda nell'organizzazione politica. È cambiato tutto: la nuova politica è segnata dall'emergere di partiti digitali – dal Movimento 5 Stelle, a Podemos, ai Pirati – che si sono rapidamente affermati rivoluzionando il modo in cui reclutano membri, prendono decisioni e mobilitano la propria base. Attraverso interviste con leader e attivisti, Gerbaudo dimostra che, oltre a guadagnare rapidamente consenso fino ad arrivare in certi casi al governo, queste formazioni hanno avuto il merito di innovare le pratiche organizzative dei partiti, coinvolgendo centinaia di migliaia di persone nelle loro attività in rete. Partecipativi ma plebiscitari, aperti e democratici ma dominati da iperleader carismatici, i partiti digitali portano con sé sia grandi potenzialità che seri rischi per la democrazia nell'era digitale.
  Il primo capitolo delinea la storia e la teoria del partito politico e mette in luce come, lungi dall'aver perso vigore, la forma partito ritorni alla ribalta in tempi di turbolenza economica e politica come quelli che stiamo vivendo. L'argomentazione prosegue con un'analisi delle tipologie di partito emerse in epoche differenti, dal partito di massa dell'era industriale al partito televisivo dell'era neoliberista, e si conclude con un'analisi del rapporto tra strutture organizzative del partito e democrazia interna.
  Il secondo capitolo 2 esamina le cause che hanno determinato l'emergere dei partiti digitali. La tesi sostenuta è che la crisi economica del 2008 e l'ondata di trasformazione digitale hanno creato una nuova frattura nella società, in cui emerge la categoria degli «outsider connessi», persone cioè, che malgrado un alto livello di connettività e di istruzione, si sentono escluse economicamente e politicamente. Vengono inoltre evidenziate alcune questioni di particolare interesse per questa comunità, compresi i diritti digitali, la richiesta di nuove forme di partecipazione democratica e nuove disposizioni in tema di welfare.
  Nel terzo capitolo si discute della «piattaformizzazione» del partito politico: la logica della piattaforma di aziende come Google e Facebook è stata fatta propria dai partiti digitali, portandoli ad adottare un modello organizzativo basato sull'adesione gratuita tipica dei social network e dipendente dalla raccolta e dall'analisi dei dati sul comportamento degli iscritti e dei simpatizzanti, al fine di monitorare costantemente gli umori dell'opinione pubblica. Tutto questo ha determinato la nascita di una tipologia di partito che mette insieme una rinnovata attenzione per la partecipazione di massa e una struttura organizzativa molto agile, simile a quella delle start-up.
  Il quarto capitolo affronta l'ideologia dei partiti digitali: il loro «partecipazionismo». Questi partiti intendono dare priorità alla partecipazione rispetto alla rappresentanza, e in questa prospettiva si ripromettono di costruire uno «spazio aperto» di partecipazione. Questo rifiuto dell'immaginario burocratico e rappresentativo legato ai partiti tradizionali solleva tuttavia una serie di questioni rispetto al significato della partecipazione: la partecipazione viene trasformata da mezzo a fine, generando un rischio di autoreferenzialità e incoerenza ideologica.
  Il quinto capitolo esplora la pars destruens della rivoluzione organizzativa del partito digitale, che elimina la struttura organizzativa di quello tradizionale e, in particolare, la presenza di una burocrazia centrale e di una struttura territoriale di affiliazione. Questa «virtualizzazione» del partito, che viene pervaso da una sorta di «rifiuto dell'ufficio» come centro decisionale, risponde al desiderio partecipazionista di eliminare l'intermediazione dei burocrati di partito. Tale cambiamento determina però conseguenze molto problematiche per la democrazia interna.
  Il sesto capitolo esamina l'architettura delle piattaforme partecipative, indagando come siano diventate la spina dorsale organizzativa di queste formazioni e come i diversi software decisionali rivelino visioni differenti e spesso contraddittorie della democrazia: alcune sono più deliberative, altre più rappresentative e altre ancora plebiscitarie. Tuttavia, contrariamente all'accento che i partiti digitali mettono sull'elemento del processo deliberativo, il momento della votazione (in elezioni interne o referendum) ha un peso preponderante.
  Il settimo capitolo esamina il modo in cui il processo decisionale online viene gestito dallo staff del partito. Tutti i partiti digitali prevedono funzioni che permettono agli iscritti di intervenire in senso qualitativo sulla direzione del partito. Tuttavia, le funzioni top-down, cioè dall'alto verso il basso, sono chiaramente preponderanti, come visto nel ricorso frequente ai referendum, attraverso i quali la leadership cerca di rinnovare periodicamente il proprio mandato. Quasi immancabilmente questi referendum generano risultati favorevoli alla leadership.
  L'ottavo capitolo esplora la figura plebiscitario-carismatica dell'iperleader, il rappresentante del partito sui media e su Internet, un ruolo a cui adempie partecipando a talk show televisivi e intervenendo in modo assiduo sui social. Attraverso le sue performance mediatiche l'iperleader compensa la mancanza di un'organizzazione forte e solida e promette un rapporto diretto con l'elettorato, senza alcuna mediazione. Tuttavia, questa promessa di intermediazione totale è fittizia. L'iperleader è infatti affiancato da uno staff carismatico, il «cerchio digitale», una sorta di «micro-oligarchia» che esercita un controllo quasi totalizzante sulla direzione del partito e delle sue politiche.
  Il nono capitolo analizza la superbase del partito digitale e la trasformazione delle forme di partecipazione politica. I partiti digitali sono sostenuti da un bacino di iscritti aperto e flessibile. Ciò che ne deriva è un aumento quantitativo, più che qualitativo, della partecipazione, in un contesto in cui la partecipazione è reattiva, più che pienamente attiva. Inoltre, il partecipazionisrno genera nuove forme di disuguaglianza, come la divisione tra supervolontari e simpatizzanti latenti, tra un'esigua minoranza di persone che partecipano intensamente all'attività di partito e un'ampia maggioranza di iscritti relativamente passivi.
  Nelle Conclusioni si riassumono i risultati della ricerca e si offre una valutazione delle potenzialità e dei limiti del partito digitale ribadendo la necessità di ripensare, da un punto di vista teorico e pratico, le forme e il contenuto della democrazia digitale.
  Nell'Appendice metodologica sono elencati i 30 intervistati citati nel libro (politici, attivisti e programmatori coinvolti nelle attività di queste organizzazioni politiche).
  "Questo libro – scrive, nella Presentazione, Mauro Calise - analizza, con linguaggio chiaro e rigore scientifico, le caratteristiche fondative dei partiti digitali, che ne spiegano la rapida fortuna ma anche, in nuce, il precoce declino. A cominciare da una base di attivisti figlia - socialmente - della crisi del 2008: cittadini iperconnessi ma economicamente e politicamente emarginati, che utilizzano il web per combattere i privilegi degli insider, disconnessi ma finanziariamente ultraprotetti."

  DAL TESTO – "L'ascesa del partito digitale costituisce un argomento affascinante per chi è interessato al rapido cambiamento della politica in un periodo di grandi trasformazioni, in cui sistemi sociali, politici ed economici di lunga durata - e tra questi il sistema partitico - vengono messi in discussione. A partire dalla crisi finanziaria del 2008 una serie di nuovi fenomeni politici - da movimenti di protesta come gli indignati spagnoli e greci e Occupy Wall Street negli Stati Uniti, che hanno mobilitato milioni di persone, a candidati outsider come Donald Trump e Bernie Sanders che hanno smentito i pronostici - hanno messo a dura prova la capacità predittiva di giornalisti, analisti e sondaggisti. Molti di questi sviluppi sono fortemente intrecciati con la tecnologia digitale e la sua capacità di spezzare equilibri politici profondamente radicati. Tuttavia, siamo ancora lontani dal comprendere appieno la connessione tra questi diversi fronti di trasformazione sociale e politica. Per superare il presente disorientamento rispetto a questi fenomeni è necessario uno sforzo analitico che possa portare a una teoria sistematica delle nuove forme di organizzazione, in particolare del cambiamento della forma partito."

  L'AUTORE – Paolo Gerbaudo, sociologo ed esperto di comunicazione politica, è direttore del Centre for Digital Culture al King's College di Londra. Autore di «The Mask and the Flag» (Hurst, 2017) e «Tweets and the Streets» (Pluto Press, 2012), è tra i fondatori dell'associazione Senso Comune per una nuova politica.

  INDICE DELL'OPERA - Presentazione, di Mauro Calise – Introduzione - I. Il partito al contrattacco - II. Il popolo del Web - III. Quando il partito imita Facebook - IV. Partecipazionismo - V. La scomparsa del quadro di partito - VI. Una democrazia programmata - VII. Plebiscitarismo 2.0 - VIII. L'iperleader - IX. La superbase – Conclusioni - Appendice metodologica - Riferimenti bibliografici - Indice dei nomi