Parigi 1919. Nazione e ordine postbellico Stampa

a cura di Davide Zaffi

Parigi 1919
Nazione e ordine postbellico


Rubbettino Editore, pagg.199, € 18,00

 

zaffi parigi1919  In questo volume curato da Davide Zaffi (studioso delle relazioni fra le nazionalità dell'Europa orientale), sono pubblicati gli atti di una giornata di studio, che ebbe luogo il 30 ottobre 2019 a Trento, incentrata – come spiega Marcello Bonazza (Presidente della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche) -"sulle parole chiave che 100 anni prima, nel 1919, tra Parigi e Versailles, portarono le diplomazie di ogni parte del mondo a confrontarsi sulla ridefinizione del quadro internazionale all'indomani della Grande guerra".

  Sebbene il Presidente americano Wilson propendesse per la Svizzera neutrale quale sede della Conferenza di pace, alla fine fu scelta Parigi: "era – scrive Gustavo Corni – la capitale del Paese che aveva subito l'attacco più minaccioso da parte tedesca e che aveva avuto i danni materiali maggiori. La Conferenza aprì i battenti il 18 gennaio 1919, anniversario della proclamazione a Versailles nel 1871 della fondazione del Reich dopo la sconfitta subita dalla Francia a opera della Prussia. La sede questa volta era diversa: il salone d'onore del ministero degli Esteri al Quay d'Orsay. Versailles, con il suo salone degli specchi fu invece il luogo in cui fu celebrata la cerimonia della firma della pace con la Germania: la data di quest'ultimo evento, 28 giugno, era invece l'anniversario dell'attentato mortale contro Francesco Ferdinando e la moglie a Sarajevo".

  Sul tavolo della Conferenza aleggiava il "fantasma del bolscevismo, espressione della Russia sovietica ancora alle prese con la guerra civile". Il governo di Mosca, pur essendo stato invitato a Versailles, aveva declinato l'invito. "Fra le questioni centrali nel 1919 – osserva Alessandro Vitale – spiccava quella dell'autodeterminazione nazionale, divenuta cruciale nella fase di disintegrazione dell'Impero russo". Sia Lenin sia Wilson basavano il "rispettivo piano di riorganizzazione mondiale" sullo "stato nazionale". Per entrambi quest'ultimo (stato e nazione erano usati come sinonimi) era il punto d'avvio insostituibile per tutte le riforme e le rivoluzioni nello stato e fra gli stati. Lo Stato leniniano dei soviet e la Lega delle Nazioni poggiavano sul concetto di nazione intesa come entità giuridico-territoriale, dalla quale traevano la propria legittimazione".

  Secondo Francesco Leoncini, la nascita degli Stati post-asburgici non va letta come "il prodotto di laboratorio della vituperata Conferenza di pace, uno dei frequenti compromessi della politica internazionale seppur inserito all'interno all'interno di solenni dichiarazioni, quanto piuttosto la risultante di un ben definito processo, un'ineludibile conseguenza degli eventi". Sulla base del X e del XIII dei Quattordici punti di Wilson, ai polacchi e in seguito agli altri popoli slavi della Monarchia danubiana venne riconosciuto il diritto a uno stato indipendente". Ottenendo "il riconoscimento della loro individualità nazionale", essi "completavano il ciclo del loro Risorgimento, analogamente a quanto era avvenuto per gli italiani e per gli stessi tedeschi. Questi ultimi erano poi caduti vittima della svolta imperialistica che ne aveva caratterizzato il loro sviluppo politico".

  Nel corso degli ultimi anni della Prima guerra mondiale, erano stati elaborati dei progetti di riforma della Monarchia asburgica che – come scrive Maddalena Guiotto – dipendevano "sempre più dai cambiamenti radicali in particolare sul piano militare e della politica estera. Inoltre, gli autori della maggior parte di queste idee riformatrici guardavano alla trasformazione della Monarchia non come fine a se stesso, bensì come mezzo per raggiungere il prima possibile il fine della pace che per importanza stava sopra a tutto il resto".

  In Medio Oriente, scrive Federico Imperato, il "principio di autodeterminazione nazionale elaborato da Wilson" ebbe "l'effetto di avviare un processo di state-building e di nation-building, che non fu, però, risolutivo e determinante, protraendosi anche oltre la fine del secondo conflitto mondiale". Emblematico è il caso della Turchia kemalista, nata "come uno dei tanti Stati successori sorti dopo la dissoluzione dell'Impero ottomano. Ma, a differenza di altri Stati aventi la medesima origine, la Turchia venne creata dalla componente etnica storicamente dominante, che aveva fornito la maggior parte della classe dirigente ottomana, dal ceto militare a quello amministrativo e burocratico. La Turchia, inoltre, ereditò dalla Sublime Porta il centro politico e culturale della vasta articolazione imperiale".

  Davide Zaffi ritiene che il ruolo di Wilson sugli "avvenimenti di portata epocale" del 1919 fu determinante: "è indubbio che tutt'altro sarebbe stato l'impatto americano sulla guerra e, più tardi, sulla Conferenza della pace se in quegli anni alla Casa Bianca si fosse trovato un inquilino con una personalità mano spiccata e un modo più tradizionale di intendere la politica".

  A Versailles, in definitiva, ebbe luogo – spiega Guido Lenzi – una tappa del lungo cammino intrapreso con la Rivoluzione francese, nel corso del quale l'Europa è andata acquistando una più precisa consapevolezza di sé e della sua collocazione nel mondo".