D’Annunzio diplomatico e l’impresa di Fiume Stampa

Eugenio Di Rienzo

D'Annunzio diplomatico e l'impresa di Fiume

Rubbettino, pagg.942, € 45,00

 

dirienzo dannunzio  Con questa ampia ricerca Eugenio Di Rienzo ha inteso "sprovincializzare le vicende dei 476 giorni della «penultima ventura»", "spingendo il lettore a non guardare, come troppo spesso è accaduto, «il dito» dell'impresa fiumana, concentrandosi solo sugli eventi succedutisi sulle rive del Carnaro, ma a volgere lo sguardo «alla luna». E cioè alla «guerra dopo la guerra» insorta, all'indomani del novembre 1918, da Belgrado a Vienna, Berlino, Praga, Atene, Tirana, Budapest, Bucarest, Ankara, Mosca, al Caucaso e all'Asia centrale, all'Egitto e all'Irlanda ribelli, che condizionò le gesta del «Poeta soldato» e che dalla marcia di Ronchi a sua volta forse fu condizionata. Di quello smisurato incendio, in fondo, Fiume fu solo un focolaio dove si sviluppò la contesa tra il revanscismo dell'«ultima delle Grandi Potenze», reduce dall'umiliazione di una «vittoria mutilata», e l'«imperialismo straccione» del neonato Stato degli slavi meridionali".

  L'Autore spiega che "la presa di Fiume fu un atto politico di ben più ampia portata dell'annessione del porto adriatico o di un mal consigliato tentativo di presa di potere in Italia. Fiume fu, infatti, un coup de théâtre di grande effetto, concepito dal drammaturgo, diventato l'eroe nazionale della «Beffa di Buccari», per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica interna e internazionale sulla patente ingiustizia del diktat sottoscritto dagli Alleati nei nostri confronti. Un atto d'inqualificabile prepotenza con cui Parigi, Londra e Washington condannavano l'Italia, nonostante il tributo di 680.000 caduti e di enormi perdite morali e materiali, al ludibrio di una vittoria guadagnata ad abundantiam sul campo di battaglia e sottrattaci [...] al tavolo delle trattative diplomatiche già prima della fine delle ostilità".