I maestri del diluvio.
Viaggio nella Russia Sovietica
Corrado Alvaro
Falzea editore, pagg.444, Euro 24,00
 
IL LIBRO – Corrado Alvaro viaggia In Russia nel 1934 e pubblica “I maestri del diluvio. Viaggio nella Russia Sovietica” nel 1935. La presente edizione a questo volume aggiunge la “Prefazione” a un’antologia di “Novelle russe” del 1920 e una ventina di articoli pubblicati dal 1935 al 1955, alcuni dei quali mai ripresi in raccolta, sono racconti e poemetti in prosa; le lettere alla moglie dalla Russia; il capitolo sul soggiorno del 1934 del diario “Quasi una vita” e frammenti del 1946, del 1953, del 1955 e del 1956 dal postumo “Ultimo diario”. Oltre alla dettagliata “Introduzione” la “Nota ai testi” confronta gli articoli sulla Russia del 1934 e il libro del 1935, e paragona la prima edizione di questo alla seconda del 1943.
  Dal viaggio in Russia del 1934 a quello nel Baltico del 1937, dalle osservazioni degli anni trenta alle riflessioni degli anni cinquanta, si legge l’evoluzione della Russia: le carestie e gli affamati, le persecuzioni degli intellettuali e l’oppressione dei contadini, il nascere di un capitalismo di stato e il formarsi di una nuova borghesia, l’uso della propaganda e la teatralità dei processi politici. Ma Alvaro rileva anche il costituirsi di una cultura che accomuna molteplici linguaggi e l’affermarsi di un patriottismo che gli fa profetizzare l’unanime resistenza agli invasori.
  Viaggiatore senza remore, che si spinge in luoghi remoti, Alvaro vede in Russia il trionfo della tecnica che la domina come ha assoggettato l’America, mentre l’Europa serba il rispetto delle tradizioni e dei riti, dell’artigianato e dell’arte dell’individuo e della civiltà. Confrontato alle città operaie, lo scrittore si rifugia nella visione delle barche sul Volga, di un fulgido mercatino o dei vagabondi in fuga dalla massa. Baku sede di antichi culti e fonte del petrolio, la nuova divinità e la gemma nera dell’interno viaggio, nei riflessi putridi e preziosi degli ossimori, in questo paese dei contrasti. Nel giallo torbido delle nuove divinità come nel rosso sangue della propaganda, Alvaro legge una minaccia alla libertà dell’uomo e l’imbarbarimento che raggiunge l’Europa. Alla tecnica Corrado Alvaro oppone l’arte, alla dittatura la cultura, e cerca la salvezza nella potenza paterna di Tolstoi e nel canto delle zingare, eterne madri.
 
  DAL TESTO – “La fine della Nep apre un nuovo periodo della vita russa, quello attuale. Sono falliti i sogni del comunismo universale cui Lenin si affidava tanto, quando dichiarava che “senza l’appoggio d’una rivoluzione internazionale, mondiale non s’è avverata; il regime di Stalin compiva un mutamento radicale e si rivolgeva all’interno anziché all’estero, nella speranza che la propaganda migliore al comunismo sarebbe stato lo spettacolo d’una Russia prospera “che avrebbe dato a ciascuno dei suoi cittadini quello di cui avesse bisogno”. Dietro a questa formula ufficiale, che dice da sola la condizione della Russia d’oggi, s’è rifugiato l’ideale comunista. Il denaro destinato alla propaganda all’estero, e dall’altro ancora, fu rivolto all’industrializzazione del paese il quale doveva “raggiungere e superare le nazioni dell’Occidente””.
 
L’AUTORE – Corrado Alvaro nasce il aprile 1895 a San Luca (Reggio Calabria), un piccolo paese sul versante jonico dell'Aspromonte, primogenito dei sei figli di Antonio e di Antonia Giampaolo.
  Il padre, maestro elementare, è fondatore di una scuola serale per contadini e pastori analfabeti; la madre proviene da una famiglia di piccoli proprietari. A San Luca trascorre un'infanzia felice, fortemente influenzato dal padre, che gli dà la prima istruzione e gli fa conoscere profondamente la natura, gli uomini e la tradizione della sua terra.
  Terminate le scuole elementari, è mandato a proseguire gli studi nel prestigioso collegio di Mondragone, a Frascati, una scuola d'élite gestita dai Gesuiti.
  Studia e comincia a scrivere poesie e racconti. Dopo i primi cinque anni di ginnasio, viene espulso dal collegio, perché sorpreso a leggere testi considerati proibiti. Costretto a cambiare istituto, é mandato nel collegio di Amelia, in provincia di Perugia,dove frequenta l'ultimo anno di ginnasio. durante gli studi superiori si dedica con grande passione alla letteratura, approfondendo soprattutto le opere degli scrittori allora più noti e ammirati: Carducci , Pascoli e D'Annunzio e compone lui stesso molti racconti e poesie.
  Nel 1914 pubblica le sue prime poesie su "Il nuovo birichino calabrese", e alcune traduzioni da Tagore nella "Rivista d'oggi".
  Partecipa a manifestazioni interventiste, in seguito alle quali è arrestato per alcune ore e organizza un numero unico contro la polizia: "Bum!" Nel gennaio del 1915 èè chiamato alle armi. E' assegnato a Firenze, a un reggimento di Fanteria e segue il corso allievi ufficiali nell'Accademia militare di Modena, uscendone con il grado di sottotenente. Durante l'estate manda alcune poesie alla "Riviera Ligure".
  All'inizio di settembre si trova in zona di guerra. A novembre è in prima linea, viene ferito alle braccia (il destro non guarirà mai del tutto) sul Monte Sei Busi, nella zona di San Michele del Carso E sarà anche decorato con la medaglia d'argento. E' costretto ad una lunga degenza presso l'ospedale militare di Ferrara prima e poi di Firenze. Passa al servizio sedentario presso Chieti; nel settembre del1916 è a Roma.
Verso la fine dell'anno comincia a collaborare al "Resto del Carlino", pubblicandovi i primi racconti.
  Si trasferisce a Bologna quando ne diventa redattore. Escono intanto a Roma le "Poesie Grigioverdi". L'8 aprile 1918 sposa la bolognese Laura Babini, conosciuta durante la guerra, allora impiegata come ragioniera, più tardi traduttrce dall'inglese. Un anno e mezzo dopo il matrimonio si trasferisce a Milano, con la famiglia (nel frattempo gli è nato il figlio Massimo): è assunto al "Corriere della Sera".
  A partire dal '21 soggiorna per qualche tempo a Parigi, dove conosce alcuni italiani. Scopre Proust, di cui traduce qualche pagina, e scrive il suo primo romanzo: "L'uomo nel labirinto".Pubblica anche un'antologia di novelle russe. Nell'estate del '22 è chiamato come redattore al "Mondo", di Giovanni Amendola. Nell'inverno '23 / '24 comincia a frequentare casa Pirandello.
  Dopo il delitto Matteotti è tra i cinquanta firmatari dell'Unione nazionale delle forze democratiche guidata da Amendola.
  A partire dall'estate del '24, sulla rivista umoristica "Il becco giallo", che non risparmia critiche al regime, tiene con lo pseudonimo V.E. Leno la rubrica "Sfottò".
  Da marzo a dicembre del '25 è anche critico teatrale del "Risorgimento" di Roma, poi soppresso.Dal marzo del '26 comincia a collaborare, all'inizio senza firmare, a "La Stampa", introdottovi da Pancrazi.
  Su "La Stampa" del 14 gennaio 1927 pubblica le pagine iniziali di "Gente in Aspromonte".
Riviste francesi e tedesche ospitano suoi scritti.
  E' oggetto di attacchi da parte dei giornalisti fascisti, ma declina l'invito fattogli da amici francesi ad andare a Parigi.
  Alla fine del '28 parte per Berlino e segue attentamente la vita culturale tedesca.
  Rientrato definitivamente a Roma continua a collaborare con "la Stampa" e pubblica, approfondendo i suoi originali temi letterari, le raccolte di racconti "Gente in Aspromonte", "La signora dell'isola" e il romanzo "Vent'anni", che gli valgono poi il premio letterario "La Stampa" di 50.000 lire.
  Nel 1933 riunisce in "Itinerario italiano" suoi scritti ed elzeviri su città e paesaggi d'Italia.
  A partire dal '35 trascorre lunghi periodi a Santa Liberata (Grosseto).
  Fino alla caduta del fascismo, Alvaro si mantiene comunque lontano dagli ambienti del potere e riesce a continuare con una relativa tranquillità la sua opera narrativa e saggistica.
  Scrive anche una commedia,"Caffè dei naviganti", rappresentata a Roma nel '39. E' chiamato inoltre a collaborare al "Popolo di Roma" ,pur non essendo iscritto al Partito fascista.
  Nel gennaio del '41 torna per l'ultima volta a San Luca per i funerali del padre. Tornerèà invece più volte a Caraffa del Bianco (Reggio Calabria) a far visita alla madre e al fratello don Massimo, parroco del paese. dal 25 luglio all'8 settembre '43 assume la direzione del "Popolo di Roma". Con l'occupazione tedesca della città, colpito da mandato di cattura, si rifugia a Chieti, sotto il falso nome di Guido Giorgi, e vive dando lezioni di inglese.
  L' amico, che ne ha favorito la fuga, mantiene i contatti tra lui e la moglie, rimasta a Roma. Nel giugno del '44 ritorna a Roma. Viene a sapere che il figlio è stato fatto prigioniero in Jugoslavia e che, in seguito si è unito ai partigiani nei dintorni di Bologna.
  Nel '46 esce "L'età breve", primo romanzo del ciclo "Memorie del mondo sommerso".
  Vive e lavora tra Roma, nell'appartamento di Piazza di Spagna, con terrazzo sulla scalinata di Trinità dei Monti, e a Vallerano, in provincia di Viterbo, ai piedi dei Monti Cimini, dove ha una grande casa in casa in mezzo alla campagna. Nel '54 deve sottoporsi a un intervento chirurgico per un tumore addominale, inizialmente creduto benigno. Riprende a lavorare con lena. Aggravatasi la malattia, che colpisce ora i polmoni, muore a Roma nella sua abitazione il mattino dell'11 giugno 1956, lasciando alcuni romanzi incompiuti e vari altri inediti. La cerimonia funebre, nella chiesa romana di Santa Maria delle Fratte, è officiata dal fratello don Massimo. Rispettando le sue ultime volontà, è sepolto nel cimitero di Vallerano, in una modesta tomba di peperino. (Fonte: http://baruffi.ceva.infosys.it/5b/alvaro/alvaro.htm)