Le gradinate dell'Heysel Stampa

Pol Vandromme

Le gradinate dell'Heysel.
Una morale per il calcio

Traduzione e Prefazione di Massimo Raffaeli

Vydia Editore, pagg.110, € 15,00

 

vandromme gradinate  Nel vasto corpus della saggistica sportiva, troppo spesso incline a derive celebrative o a intenti puramente cronachistici, "Le gradinate dell'Heysel" di Pol Vandromme si segnala per rigore speculativo, densità stilistica e spessore letterario. Pubblicato in occasione del quarantesimo anniversario della strage avvenuta allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985, il testo – proposto nella sua prima traduzione italiana da Massimo Raffaeli per Vydia editore nella collana di saggistica "I Fauni" – propone una meditazione radicale sul destino del calcio moderno e, più in generale, sulla crisi dell'immaginario sportivo nella società tardo-novecentesca.

  Figura eterodossa nel panorama intellettuale francofono, Vandromme coniuga in queste pagine la lucidità del moralista classico con l'acutezza dello spettatore disilluso, intrecciando esperienza biografica, memoria individuale e riflessione estetico-culturale. Il risultato è un saggio che, pur prendendo le mosse da un evento traumatico ben circoscritto – la tragedia dell'Heysel e le sue ripercussioni – ambisce a un orizzonte di lettura ben più ampio, che investe questioni antropologiche, simboliche e storiche. Il calcio, nella prospettiva dell'autore, non è mai un semplice gioco né un fenomeno sociale neutro: è, piuttosto, uno specchio deformante ma rivelatore dello stato della civiltà occidentale.

  La chiave di lettura offerta da Vandromme si oppone frontalmente a ogni narrazione rassicurante o banalmente moralistica. L'evento dell'Heysel non viene analizzato come accidente tragico né come deviazione contingente da una presunta normalità sportiva, bensì come esito emblematico e quasi inevitabile di un processo di degradazione progressiva: la trasformazione dello sport in spettacolo totalizzante, della competizione in rito grottesco, dell'agonismo in consumo. In tal senso, la violenza di Bruxelles – che provocò 39 morti e oltre 600 feriti – non è che il sintomo terminale di un lungo logoramento etico e simbolico del calcio europeo.

  L'impianto argomentativo del saggio si struttura lungo una linea di sviluppo che coniuga analisi culturale e tensione morale. Ex calciatore dilettante e osservatore engagé, Vandromme richiama con forza l'originaria dimensione sacrale del gioco, inscritto in una grammatica di valori, gesti e significati che il mondo contemporaneo ha progressivamente dissolto. Il calcio, da spazio rituale dell'equilibrio tra corpo e intelletto, tra regola e creatività, si è tramutato in dispositivo mediatico dominato dalla logica della prestazione e del profitto. La tragedia dell'Heysel diviene, in questa prospettiva, epifania oscena di tale mutazione: lo stadio come palcoscenico di una rappresentazione tragica in cui si consuma la rottura definitiva tra ethos sportivo e realtà sociale.

  Notevole è la qualità della prosa, che si segnala per densità concettuale, precisione lessicale e un'intonazione aforistica che richiama la tradizione dei moralisti francesi, da La Rochefoucauld a Pascal. Lungi dall'indulgere in patetismi o in appelli nostalgici, Vandromme adotta un tono disincantato, spesso caustico, che disvela la sua appartenenza a una forma mentis illuminista e libertaria, capace tuttavia di riconoscere la dimensione tragica dell'esperienza umana. La scrittura – talvolta ellittica, sempre sorvegliata – riflette la tensione costante tra partecipazione e distanza, tra passione e razionalità, tra sdegno e pietas.

  L'edizione italiana curata da Massimo Raffaeli costituisce un valore aggiunto non trascurabile. L'esperienza del traduttore, filologo e critico tra i più autorevoli nel panorama italiano contemporaneo, consente una resa non solo fedele ma interpretativamente densa del testo originale. Raffaeli accompagna il lettore con un apparato critico essenziale ma puntuale, collocando Vandromme nella costellazione intellettuale che gli è propria: quella della destra letteraria francese, ma anche della dissidenza individualista che rifugge ogni ortodossia ideologica. Ne emerge un autore atipico, refrattario alle classificazioni, capace di innestare nella riflessione sportiva una profondità e una complessità che raramente si riscontrano nel genere.

  "Le gradinate dell'Heysel" si impone, dunque, come un'opera di rilevante interesse non solo per chi si occupa di storia dello sport o di cultura calcistica, ma anche per gli studiosi di estetica, sociologia e teoria dei media. In un contesto in cui il calcio viene sempre più frequentemente rappresentato come fenomeno globalizzato e post-ideologico, Vandromme invita a ripensarne le matrici simboliche e le derive antropologiche. Il suo sguardo, per quanto implacabile, non è privo di una forma implicita di utopia negativa: quella che riconosce nel disastro la possibilità di un ripensamento, in chiave etica e critica, del nostro rapporto con i miti collettivi.

  Lungi dall'essere un'opera occasionale o commemorativa, il saggio di Vandromme si configura come un lucido esercizio di intelligenza critica, capace di interrogare non solo l'identità del calcio moderno, ma anche le coordinate ideali della nostra esperienza del mondo.