Emilio Targia
Quella notte all'Heysel. Nuova edizione aggiornata Prefazione di Sandro Veronesi Postfazione di Antonio Cabrini
Sperling & Kupfer, pagg.224, € 18,90
La nuova edizione di "Quella notte all'Heysel" di Emilio Targia è una testimonianza di rilevante valore storiografico e antropologico. Pubblicata originariamente nel 2015, l'opera torna in libreria a quarant'anni dalla strage avvenuta il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, con una nuova edizione arricchita da contributi autorevoli (tra cui quelli di Cesare Prandelli, Marino Bartoletti, Franco D'Aniello, Michele Plastino, Andrea Lorentini e Guido Vaciago), da una prefazione di Sandro Veronesi e da una postfazione di Antonio Cabrini. Il volume si pone l'obiettivodi riattivare una memoria collettiva attraverso una narrazione che si radica nell'esperienza individuale dell'autore, testimone diretto e sopravvissuto di uno degli episodi più tragici della storia sportiva europea del secondo Novecento.
Il testo si struttura come un resoconto soggettivo che evita ogni deriva retorica, per approdare a una rielaborazione narrativa coerente e stratificata. Targia, allora diciottenne, si trovava a Bruxelles animato dall'entusiasmo adolescenziale e dalla passione per il giornalismo. Equipaggiato con un piccolo registratore e una cinepresa Super 8, intendeva documentare l'esperienza della finale tra Juventus e Liverpool. L'evento si trasformò in tragedia a causa del cedimento strutturale del settore Z e dell'assalto dei tifosi inglesi, determinando la morte di 39 persone, quasi tutte di nazionalità italiana, e oltre 600 feriti. Targia fu collocato in un settore diverso da quello previsto grazie a uno scambio fortuito di biglietto, evitando l'impatto diretto dell'assalto e della successiva compressione fatale.
Sul piano stilistico, l'opera si caratterizza per un registro che alterna toni lirici e descrittivi a passaggi di forte tensione emotiva, sostenuti da una precisa rievocazione sensoriale e spaziale. Le immagini evocate («bocche spalancate come respiratori d'emergenza», «la curva, un girone dell'inferno») non costituiscono meri espedienti retorici, ma dispositivi narrativi che rendono tangibile il processo di frattura tra la dimensione ludica e quella tragica dell'evento sportivo. In questo senso, la narrazione si colloca a metà strada tra il diario esperienziale e l'indagine fenomenologica del trauma, in cui la testimonianza individuale diventa vettore per la costruzione di una memoria pubblica condivisa.
L'apparato aggiornato del volume rafforza ulteriormente la dimensione corale del testo. I contributi esterni non si limitano a una funzione accessoria, ma introducono riflessioni trasversali che investono l'etica del tifo, la responsabilità delle istituzioni sportive, le trasformazioni della cultura calcistica e il ruolo dei media nel trattamento degli eventi traumatici. Particolarmente significativo è il contributo di Andrea Lorentini, figlio di una delle vittime e figura attiva nel Comitato familiari vittime dell'Heysel, che riconduce la rielaborazione memoriale al principio di giustizia storica, evidenziando le lacune nel riconoscimento delle responsabilità istituzionali, in particolare da parte della UEFA e delle autorità belghe.
L'interazione tra narrazione autobiografica e riflessione collettiva pone il volume su un crinale metodologicamente rilevante per gli studi sulle forme della memoria. L'esperienza soggettiva non è mai autoreferenziale, ma è costantemente proiettata verso una dimensione dialogica e intersoggettiva. L'opera, in tal senso, si presta a una lettura che travalica il confine del documento commemorativo per assumere la funzione di strumento didattico e di mediazione culturale. Il trauma, lungi dall'essere estetizzato, è ricondotto a un processo di elaborazione etica e storica, dove la scrittura si configura come atto di responsabilità civile.
Dal punto di vista delle scienze sociali e storiche, il volume costituisce una fonte primaria di rilevanza non trascurabile. Oltre a fornire dati empirici e impressioni dirette di elevata intensità, esso consente di osservare il processo di costruzione del trauma nella memoria culturale italiana ed europea, nonché di riflettere sulla dialettica fra vissuto individuale e rappresentazione collettiva dell'evento. Il riferimento alle fonti audiovisive originali registrate da Targia nel corso di quella giornata – materiali successivamente utilizzati anche in contesti teatrali e documentaristici – conferisce al testo una solidità documentaria che ne amplifica la portata analitica.
La forza del racconto, unita alla densità etica del contenuto, ne fanno una testimonianza utile per comprendere non solo cosa sia accaduto quella sera a Bruxelles, ma come quell'evento continui, a distanza di decenni, a risuonare nella coscienza collettiva europea.
La Redazione
2 luglio 2025 |