Il momento straussiano Stampa E-mail

Peter Thiel

Il momento straussiano
A cura di Andrea Venanzoni

Liberilibri, pagg.128, € 4,99

 

thiel straussiano  Nel recente saggio "Il momento straussiano", edito per i tipi Liberilibri nella collana «Le nuvole», Peter Thiel – figura apicale nel panorama del capitalismo tecnologico globale – articola un'interpretazione filosofico-politica del presente che si colloca al crocevia fra teoria del potere, innovazione tecnologica e dottrina della sovranità. Il volume, curato con sobrietà e rigore da Andrea Venanzoni, si propone come chiave interpretativa delle trasformazioni in atto nel paradigma politico statunitense e, per estensione, occidentale. In un contesto intellettuale spesso improntato a una lettura semplificata dei rapporti tra tecnologia e governance, il testo si distingue per densità argomentativa e ambizione sistematica.

  L'impianto teorico dell'opera si struttura intorno a un asse triadico: René Girard, Leo Strauss, Carl Schmitt. Ciascuno di questi autori rappresenta un nodo concettuale da cui Thiel deriva strumenti analitici volti a leggere – e, in certa misura, orientare – il destino delle democrazie liberali nell'epoca della discontinuità tecnologica. Girard, maestro di Thiel negli anni di Stanford, fornisce la grammatica del desiderio mimetico e dell'escalation antagonistica; Strauss, la consapevolezza della tensione tra verità filosofica ed esigenza politica; Schmitt, infine, l'anatomia del conflitto e la centralità del sovrano quale titolare della decisione nello stato d'eccezione.

  La tesi di fondo è chiara, seppur articolata: la stagnazione politica e civile dell'Occidente liberale – che Thiel qualifica come esito di un secolarismo deresponsabilizzante e di una tecnocrazia priva di visione – richiede un nuovo patto fondativo, che integri verticalità decisionale, innovazione algoritmica e razionalità strategica. In tale prospettiva, la Silicon Valley non è più concepita come spazio funzionalmente economico, ma come laboratorio politico in senso schmittiano, dotato di una missione civilizzatrice e securitaria. La tecnologia, pertanto, non è semplicemente mezzo, ma espressione concreta di una visione del mondo: è nomos, principio ordinatore e dispositivo di contenimento del caos mimetico.

  Il ruolo assegnato a Palantir Technologies, fondata da Thiel e attiva nell'analisi predittiva dei dati, risulta esemplare in tal senso. L'azienda, spesso oggetto di controversie per la sua collaborazione con agenzie governative e forze di sicurezza, è interpretata dall'autore non come semplice impresa privata, ma come articolazione concreta della sovranità algoritmica: una nuova forma di potere che, pur inscritta nel tessuto capitalistico, aspira a funzioni tipiche dello Stato moderno. La sicurezza, lungi dall'essere considerata una limitazione della libertà individuale, viene dunque concettualizzata come fondamento ontologico dell'ordine politico.

  La curatela di Venanzoni si distingue per l'equilibrio tra esposizione e analisi. Il curatore evita ogni forma di agiografia e si limita a contestualizzare con rigore filologico e chiarezza interpretativa le fonti e le influenze che attraversano il pensiero di Thiel. Ne risulta un volume agile ma denso, che si rivolge a un pubblico specializzato senza sacrificare l'intelligibilità del discorso. La struttura del testo è lineare, priva di orpelli retorici, ma non priva di tensione dialettica: ogni snodo concettuale è saldamente ancorato a una tradizione teorica e, al contempo, proiettato verso applicazioni operative.

  Dal punto di vista metodologico, il saggio si configura come una riflessione strategica più che sistematica, con un'intonazione affine a quella dei policy papers ma innervata da un sostrato teorico di notevole complessità. In questo senso, "Il momento straussiano" si inserisce nella crescente tendenza a riarticolare il rapporto tra teoria politica classica e governance tecnologica, superando la dicotomia tra sapere accademico e prassi decisionale. La convergenza tra algoritmi e sovranità, tra intelligenza artificiale e dottrina del conflitto, non è esposta come una distopia tecnocratica, ma come risposta necessaria alla crisi delle categorie novecentesche.

  È innegabile che l'opera, pur nella sua brevità, sollevi questioni rilevanti per la filosofia politica contemporanea. In particolare, essa riapre il dibattito – da tempo rimosso – sulla legittimità della gerarchia nel pensiero liberale, sulla distinzione tra élite razionali e masse mimetiche, sull'opportunità di concepire la tecnologia come katéchon contro la dissoluzione. L'originalità di Thiel, in questo contesto, non sta tanto nell'aver elaborato una nuova teoria politica, quanto nell'aver saldato tra loro tradizioni apparentemente incompatibili (liberalismo di mercato, decisionismo autoritario, escatologia girardiana) in un dispositivo teorico coerente, seppur deliberatamente provocatorio.

  Nel complesso, "Il momento straussiano" rappresenta un contributo significativo all'indagine sul futuro della sovranità nell'età digitale. La prospettiva offerta da Thiel – per quanto discutibile sul piano normativo – sollecita una riflessione non eludibile sulla trasformazione in atto delle istituzioni, dei rapporti di forza e delle forme del potere nell'Occidente tardo-moderno. Il volume, grazie anche al lavoro editoriale di Venanzoni, si impone come testo di riferimento per comprendere le matrici ideologiche e teoriche del nuovo complesso tecno-politico che si va delineando.

  Lungi dall'essere un pamphlet ideologico, il testo si configura come una diagnosi lucida, seppur controversa, della crisi del modello liberal-democratico e delle possibili traiettorie del suo superamento. Una lettura necessaria per tutti coloro che non intendano arrestarsi alla superficie del dibattito pubblico, ma desiderino interrogare in profondità le strutture concettuali del nuovo ordine emergente.

La Redazione

3 luglio 2025