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Massimo Alfano
Matapan Il caso e la colpa Dalla grande Marina alla vera Marina
Pathos Edizioni, pagg.365, € 24,00
Massimo Alfano, nel saggio "Matapan. Il caso e la colpa", si confronta con uno degli episodi più gravi e significativi della Seconda Guerra Mondiale: la tragica battaglia di Capo Matapan, combattuta il 28 marzo 1941 nel Mar Egeo. La riflessione di Alfano, costruita su una solida base di dati storici, documenti originali e un'approfondita analisi delle dinamiche belliche, si distingue per l'accuratezza delle informazioni e la chiarezza con cui espone le cause che portarono alla disfatta della flotta italiana, risollevando, al contempo, interrogativi sullo stato di salute della Regia Marina in un periodo cruciale della guerra.
Il volume prende le mosse dall'analisi dei dettagli dell'Operazione Gaudo, che si concluse con l'affondamento di numerose unità italiane e la morte di oltre 2300 marinai. Alfano, svelando l'evidente inefficacia della Marina italiana di fronte all'aggressività della flotta britannica, sfata il mito di una marina che, pur dotata di una flotta imponente e tecnologicamente avanzata in apparenza, nascondeva al suo interno vulnerabilità strutturali e carenze operative che sarebbero risultate fatali nel conflitto. In questo contesto, il saggio offre una critica serrata e ben documentata alla condotta del comandante in capo, l'ammiraglio Angelo Iachino, e al suo apparente disinteresse per l'adattamento delle forze italiane alle condizioni belliche del momento.
L'autore indaga in profondità le motivazioni strategiche, le lacune tecniche e, soprattutto, i vizi strutturali che minavano la capacità operativa della Regia Marina. A partire dalle insufficienze materiali, Alfano ricostruisce con precisione la debolezza dei mezzi a disposizione delle forze italiane, in particolare le corazzate, i cui problemi di propulsione e armamento risultavano decisivi in uno scenario bellico che richiedeva una straordinaria reattività. La carenza di munizioni adeguate per il combattimento notturno, l'impossibilità di eseguire bordate simultanee senza mettere a rischio l'integrità strutturale delle navi, la scarsa qualità dei sistemi ottici di puntamento e la limitata capacità di gestione delle risorse energetiche e logistiche furono tutti fattori che contribuirono a una condizione di incapacità operativa che l'ammiraglio Iachino non riuscì a compensare.
Particolare attenzione è dedicata dall'autore alla mitizzazione della Marina italiana da parte della propaganda fascista, che, pur esaltando le gesta degli equipaggi e l'estetica delle navi, nascondeva le gravi carenze strutturali, tecnologiche e logistiche che ne minavano l'efficacia. In questo quadro, Alfano osserva che le difficoltà della Marina erano note anche ai suoi stessi comandanti, che tuttavia si trovavano in una condizione di paradossale impotenza: da un lato costretti a confrontarsi con la realtà di una flotta priva delle necessarie risorse, dall'altro vincolati a una retorica di potenza che ne esaltava la superiorità visiva e simbolica, ma che non aveva alcuna corrispondenza nella realtà operativa. L'autore non esita a mettere in luce come, dietro la vetrina di una grande marina, si celasse la fragilità di una macchina bellica ormai obsoleta e incapace di rispondere agli sviluppi tecnologici e strategici della guerra moderna.
Il libro si sofferma anche sulle dinamiche di comando e sulla crisi di leadership che segnarono la giornata del 28 marzo 1941. La rigidità della struttura gerarchica e l'incapacità di prendere decisioni tempestive sul campo furono determinanti nel trasformare una situazione difficile in un disastro completo. Alfano sottolinea come la strategia italiana fosse ancora ancorata a schemi obsoleti, incapaci di rispondere efficacemente alla velocità di cambiamento della guerra moderna, caratterizzata da combattimenti notturni e da azioni aeree di grande intensità. Al contrario, le forze britanniche, pur affrontando difficoltà logistiche proprie, disponevano di un apparato bellico tecnologicamente superiore, nonché di una leadership più adattabile e reattiva.
La scelta di Alfano di concentrarsi sulla figura dell'ammiraglio Iachino come principale responsabile della sconfitta risulta convincente, anche se non priva di sfumature. L'autore argomenta con precisione che, pur nella difficoltà del contesto operativo, la decisione di non adattarsi rapidamente alle nuove condizioni di combattimento e l'incapacità di sfruttare la superiorità numerica delle navi italiane contribuirono a trasformare quella che avrebbe potuto essere una ritirata ordinata in una vera e propria catastrofe. La scelta di un approccio rigido e gerarchico, che non prevedeva spazi per l'improvvisazione e per l'agilità operativa, si rivelò fatale, in un momento in cui la flotta italiana necessitava di una maggiore flessibilità e capacità di reazione rapida.
Un ulteriore merito del saggio è la ricostruzione delle condizioni di vita dei marinai italiani, spesso vittime di una propaganda che li esaltava come eroi ma che, in realtà, li relegava a una condizione di grande sacrificio, con scarse dotazioni e mezzi inadeguati a fronteggiare le sfide del conflitto. Alfano, pur senza indulgere nella retorica, riesce a restituire una visione veritiera e sobria dell'eroismo e della tragedia vissuta dagli equipaggi, costretti a fronteggiare le avversità senza le risorse materiali e tecnologiche necessarie.
La Redazione
25 settembre 2025 |