Carla Maria Giacobbe
Curzio Malaparte e Michail Bulgakov Incontri reali e letterari nella Mosca del 1929
Algra Editore, pagg.212, € 15,00
Carla Maria Giacobbe, con il saggio "Curzio Malaparte e Michail Bulgakov. Incontri reali e letterari nella Mosca del 1929", contribuisce in modo originale e approfondito allo studio delle intersezioni tra letteratura e storia del Novecento europeo, soffermandosi sull'inatteso quanto suggestivo crocevia biografico e culturale tra due scrittori fra i più significativi del secolo scorso. L'autrice, attraverso una meticolosa indagine documentaria e un accurato impianto comparatistico, ricostruisce l'incontro avvenuto nella capitale sovietica nel maggio del 1929 tra Curzio Malaparte e Michail Bulgakov — un episodio al contempo reale e mitizzato, che funge da perno attorno al quale si articola una riflessione più ampia sui rapporti tra letteratura e potere, rappresentazione e ideologia, Europa occidentale e mondo sovietico.
Nel 1929, Malaparte — allora ancora nelle vesti di acuto osservatore e corrispondente internazionale, prima del definitivo riconoscimento come autore di "Kaputt" e "La pelle" — si trovava in URSS per condurre una serie di inchieste giornalistiche. In questo contesto ebbe, secondo testimonianze riportate nel volume, un incontro con Michail Bulgakov, intellettuale sovietico già allora marginalizzato dal regime stalinista, ma autore di un corpus letterario intriso di tensioni etiche, fantastico grottesco e dissenso implicito. L'autenticità e la portata dell'incontro, per lungo tempo rimaste ai margini del dibattito critico e avvolte da un'aura aneddotica, vengono qui riproposte attraverso una minuziosa analisi delle fonti memorialistiche — tra cui carteggi, note diaristiche e memorie di terzi — che Giacobbe sottopone a un vaglio filologico rigoroso e a una raffinata contestualizzazione storica.
Uno degli aspetti più significativi del volume risiede nel confronto fra le rispettive poetiche dei due autori, analizzate non solo sul piano tematico, ma anche attraverso il filtro della ricezione culturale e delle dinamiche politiche del tempo. La Giacobbe mette in luce come entrambi, seppur provenienti da tradizioni diverse e operanti in ambienti ideologicamente opposti, abbiano sviluppato un'analoga sensibilità nei confronti della rappresentazione del potere totalitario, della menzogna istituzionalizzata e della figura dell'intellettuale in esilio — reale o metaforico. Temi quali il disincanto verso l'utopia, l'ambiguità morale della storia e l'uso della satira come strumento di resistenza attraversano infatti sia "Il ballo al Kremlino" sia "Il Maestro e Margherita", i due testi chiave messi a confronto.
La tesi centrale che il saggio propone — ovvero che quell'incontro, al di là del suo dato aneddotico, possa aver inciso sulle traiettorie creative di entrambi gli autori — si articola con cautela ma con convinzione, sostenuta da una serie di riscontri puntuali che permettono di ipotizzare una circolazione di motivi e forme tra le due scritture. L'ipotesi di un'influenza bilaterale non viene mai formulata in termini assertivi, ma si costruisce per accumulo indiziario, come nei migliori lavori di critica storica e comparata.
Oltre al valore ricostruttivo, il volume si segnala anche per l'apporto metodologico: il dialogo tra storiografia letteraria, filologia documentaria e teoria della comparazione consente a Giacobbe di evitare tanto la fascinazione biografica quanto l'approccio puramente speculativo, riuscendo a tenere insieme analisi del contesto e riflessione teorica. Ne emerge così un'opera che non solo getta nuova luce su due figure cruciali della modernità europea, ma rilancia anche il dibattito sul ruolo dell'intellettuale in epoca di censura e repressione ideologica.
Il volume, dunque, si configura come un contributo di rilievo alla critica letteraria e alla storia culturale del Novecento. La ricerca di Carla Maria Giacobbe, per il rigore delle fonti, l'originalità dell'intuizione critica e la capacità di articolare comparazioni transnazionali, rappresenta un tassello importante per gli studi malapartiani e bulgakoviani, oltre che un invito a proseguire nella mappatura dei contatti — documentati o ipotetici — che costellano la geografia letteraria del secolo breve.
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