Paisà. Vita quotidiana nell'Italia liberata dagli alleati Stampa E-mail

Romano Bracalini

Paisà. Vita quotidiana nell'Italia liberata dagli alleati

Mondadori, pagg.267, Euro 19,00

 

bracalini_pais.jpg   IL LIBRO - Le immagini dello sbarco alleato in Sicilia ci raccontano di un popolo che saluta entusiasta l'arrivo dei soldati nella speranza che la guerra si sia infine conclusa e il paese si avvii verso un futuro migliore. Ma i rapporti tra "liberati" - i "paisà", come li chiamano gli italoamericani d'origine meridionale - e soldati alleati non saranno sempre amichevoli e cordiali.

  Romano Bracalini ricostruisce, grazie anche a documenti inediti e articoli di giornale dell'epoca, i quasi due anni di "occupazione" militare alleata al Centro e al Sud del nostro paese. E ci restituisce un quadro devastante, dove all'entusiasmo per l'ingresso dei "liberatori" fa seguito un periodo di crisi: manca tutto, dal cibo all'acqua, alle infrastrutture, distrutte dai bombardamenti. Per l'autorità alleata la priorità assoluta è quella di "seppellire i morti e sfamare i vivi", con il minimo impiego di mezzi e uomini per non sottrarre risorse allo sforzo bellico. La guerra, infatti, non è ancora finita: all'indomani dell'armistizio l'Italia si presenta divisa in due, a Nord quel che resta del fascismo, con la Repubblica sociale, a Sud il Regno di Vittorio Emanuele III con un governo fantoccio imbastito dagli americani e guidato dal maresciallo Badoglio.

  Nei resoconti delle città distrutte i giornali si sforzano di rappresentare un quadro ottimistico della vita che riprende, degli sfollati che ritornano, del lavoro che ferve, della fame finalmente placata anche se, di fatto, il paese è allo sbando. Si compra e si vende di tutto al mercato nero e anche le relazioni più personali assumono carattere commerciale: annunci privati cercano e offrono matrimoni a condizioni economiche vantaggiose e la prostituzione rappresenta una via di fuga dalla miseria. Una devastazione materiale e morale. L'Italia è tornata terra di conquista, vittima di eserciti mercenari lasciati liberi di compiere ogni nefandezza, dal saccheggio allo stupro di massa.

  Il diritto è amministrato dallo straniero, che nella veste di vincitore impone la sua giustizia: le epurazioni si rivelano arbitrarie e poco incisive, e i processi per crimini di guerra arrivano a colpire un antifascista come il generale Nicola Bellomo, innocente, condannato alla fucilazione per volere degli inglesi.

  Anche la moneta è "di occupazione": nei pordtafogli degli italiani ci sono (poche) Amlire, le "Allied Military Currency": cento Amlire equivalgono a un dollaro, e questo cambio alimenta l'inflazione, già galoppante durante la guerra. Eppure, lentamente, il paese sembra lasciarsi alle spalle i vent'anni di dittatura e la guerra che lo ha ridotto in ginocchio, e ricominciare a vivere. Riaprono i ristoranti e i caffè storici e nelle sale da ballo le ragazze imparano a ballare il boogie-woogie.

  È così che l'Italia ritrova e rinnova se stessa, in "un'esperienza tragica ma forse necessaria come la medicina che ci libera dalla malattia".

 

  DAL TESTO - "Dopo lo sbarco alleato di Anzio e l'avanzata verso Roma nella primavera del 1944, in tutto il basso Lazio, nelle campagne e nei paesi della Ciociaria e a ridosso della linea del fronte si diffuse il terrore dei «marocchi», com'erano chiamati con voce dialettale. Le popolazioni al solo sentirne parlare si facevano il segno della croce. La fantasia popolare finì per chiamare «marocchini» tutti i soldati africani che violentavano le donne; e il termine «marocchino», esteso anche più del dovuto, riassunse tutte le infamie e i pericoli divenendo sinonimo di «stupratore». Anche dopo le violenze di Ausonia ed Esperia, alle falde dei monti Aurunci, paesi dove più si era accanita la furia bestiale, come Artena, i marocchini («Orde africane» li chiama «Il Tempo» del 1944) seminarono la loro strada di eccidi e sciagure nell'alto Lazio, in Toscana, nel senese, alla periferia di Firenze e, insieme a una divisione senegalese sbarcata dalla Corsica, all'isola d'Elba, dove le donne si gettavano dalle finestre per non subire le violenze degli africani. Una che si era salvata la conobbi da ragazzo a Piombino: camminò zoppa per tutto il resto della sua vita. Finché, nell'ottobre 1944, i soldati coloniali vennero trasferiti in Francia su richiesta degli americani, i quali «s'erano convinti che i loro usi selvaggi erano incompatibili con un paese civile»".

 

  L'AUTORE - Romano Bracalini (Campiglia Marittima 1936), giornalista e scrittore, ha realizzato per la RAI documentari storici, inchieste e servizi speciali. È stato vicedirettore dell'edizione milanese del Tg 3. Studioso di storia italiana dell'Ottocento e del Novecento si è dedicato alla rilettura critica del Risorgimento e del Fascismo. Tra i suoi libri ricordiamo: Il re vittorioso (1980), La regina Margherita (1983), Celebri e dannati (1985) Non rivedrò più Calatafimi (1989), L'Italia prima dell'Unità 1815-1860 (2001) e, da Mondadori, Mazzini (1993) e Cattaneo (1995), Casa Savoia. Diario di una monarchia (con Maria Gabriella di Savoia, 2001). Commentatore dell'"Opinione" e del "Federalismo", è consigliere nazionale dell'Ordine dei giornalisti.

 

  INDICE DELL'OPERA - Introduzione. La miserabile e meravigliosa disperazione della guerra perduta - Parte prima. Alleati o vinti? - I. Uomini e macerie - II. Guai ai vinti! - III. Vita romana - IV. Un ignobile bottino di guerra - Parte seconda. L'Italietta del re paga in amlire - V. La legge di occupazione - VI. Comunicazioni difficili - VII. Il prezzo della libertà - VIII. La fame non va punita - IX. La famiglia che non tiene - X. Si torna a scuola - XI. Profilassi alleata - Parte terza. Un'epurazione «severa e totale» - XII. La caccia ai «terribili fascisti» - XIII. Morte di un generale antifascista - XIV. La lunga strada verso la democrazia - XV. La stampa liberata - XVI. Sintonizzati sulla vittoria - Parte quarta. Polvere di stelle - XVII. Canto libero - XVIII. Nuovo cinema socialista - XIX. Menu calmierati - Note - Bibliografia - Fonti iconografiche - Indice dei nomi