Lettere non spedite Stampa E-mail

Giulio Arthos

Lettere non spedite

Edizioni Tabula fati, pagg.176, Euro 12,00

 

arthos_letterenonspedite.jpg  IL LIBRO - Il turbinio della vita pubblica italiana all’inizio degli anni Duemila è stato molto prodigo di spunti e di occasioni: se ne ricava uno spaccato politico-culturale del nostro Paese da far venire i brividi: figuracce, errori, sputtanamenti, faziosità, proposte demenziali, accanimenti polemici, leccaculismi di ogni tipo, luogocomunismi hanno dato il “là” alla vis polemica del nostro autore che, prendendo spunto da questa situazione, durante cinque anni ha pubblicato sul quotidiano Linea una cinquantina di “lettere non spedite” che qui si riuniscono.

  Messe però da parte invettive e ironie resta in ogni modo lo sfondo miserevole e miserabile della nostra classe dirigente: partitica, intellettuale, giornalistica; la mappa incredibile di una cultura pressappochista, di una malafede disarmante, di una politica stracciona, di un giornalismo pezzente e ignorante.

  Ci si diverte pure, spesso e volentieri, ma il risultato è lo specchio di una nazione sulla via della decadenza, dove non si salva proprio nessuno: né a sinistra, né al centro, né tantomeno a destra.

  Appaiono in questo libro anche alcune “lettere” non solo “non spedite”, ma addirittura “non pubblicate”. Certune erano forse troppo spigolose e dure per gli animi sensibili dei giovani praticanti del quotidiano romano, certe altre sono rimaste in un cassetto per personalissima autocensura: anche i cattivi hanno un cuore e il motto pro bono pacis prevalse.

 

  DAL TESTO - "Ma, insomma, chi è “Giulio Arthos”? Chi si nasconde dietro questo evidente pseudonimo evoliano già usato in età giovanile all’inizio degli anni Ottanta su Linea, allora quindicinale rautiano? Se lo definissimo un vecchio giornalista in pensione, s’incavolerebbe a morte e non ci rivolgerebbe più la parola. Allora diciamo che è un anziano giornalista, anzi un giornalista di una certa età (terza?) che è andato in esodo volontario per non voler accettare la “rivoluzione informatica” delle redazioni, per non diventare, come lui dice, “schiavo del computer”. Infatti, tuttora, continua a scrivere con la sua scassata Olivetti 32, almeno sino a che troverà i pezzi di ricambio. Un giornalista attempato e sempre più bizzoso e scorbutico man mano che passa il tempo.

  "Già, ma come lo passa il tempo? Il problema di tutti i pensionati: figuriamoci dei pre-pensionati volontari! Soprattutto quando, nonostante i sigari e le grappe, il tempo non passa mai. I casi erano tre, ci ha raccontato: o scrivere romanzi pornografici: il che era nelle sue corde mescolando sapientemente le sue frustrazioni senili con le sue avventure giovanili; il mercato inoltre è redditizio; ma la cosa si presentava troppo faticosa: duecento cartelle minimo erano al di sopra delle sue forze. Seconda ipotesi: scrivere romanzi polizieschi, come Camilleri, magari raggiungendo il successo in tarda età al pari del collega siciliano: aveva già pronti dei titoli: Il ladro di babà, Il collezionista di zibibbi, Memorie di un collaudatore di stuzzicadenti, Il ladro di pipe usate. Ma, dice, perché mettermi in concorrenza con Camilleri? Aspettiamo che il tempo faccia il suo inesorabile corso e prenderò ben presto il suo posto (intanto ha depositato i titoli dei romanzi che non ha ancora scritto alla SIAE). Infine, dedicarsi ad uno sfogo prettamente giornalistico dei suoi umori atrabiliari, allettato dalle generose profferte economiche di Linea (il quotidiano romano nato nel 1998) e dalle insistenze di alcuni giovani e devoti amici.

  "Per pura pigrizia e come sfogo viscerale, ha infine scelto quest’ultima soluzione. E così il nostro “Giulio Arthos” si china di quando in quando sulla sua vetusta macchina da scrivere meccanica e sforna le sue “lettere non spedite”; poi con le sue due o tre o quattro cartelline in tasca prende l’autobus e si reca in quel di Via Piemonte per consegnarle al collega che masochisticamente le ribatte al computer. Col sole e con la pioggia, col vento e con il caldo, lui si fa ogni volta questa scarpinata. Intanto fa bene alla salute, dice. Meno bene alla salute di chi ha il compito di colloquiare con lui, sorbendosi reprimende e minacce, borbottii e geremiadi. Ma che ci volete fare: il nostro anziano giornalista pre-pensionato volontario ha dispensato tanto di quel bene in parole, opere e omissioni nella sua lunga vita che gli altri inevitabilmente devono sdebitarsi in qualche modo con lui. Anche sbuffando (quando lui non li vede). Anche sopportandolo e pubblicando le sue letteracce. Che, peraltro, mostrano una baldanzosità assai giovanile. Botte da orbi un po’ a tutti: sinistra, destra e centro, a personaggi notissimi, noti e ignoti, tutti comunque giunti agli onori delle cronache giornalistiche per qualche fattaccio e presi di mira dalla verve acidula del nostro “Giulio Arthos”.

  "Conclusosi questo ciclo di collaborazioni (ogni cosa nella vita ha un suo inizio ed una sua fine, anche quelle giornalistiche) tali “lettere” vengono adesso pubblicate integralmente, senza quei tagli cui (ovviamente soltanto per i soliti spietati motivi di spazio) sono state oggetto, dato anche che il Nostro cocciutamente spesso e volentieri non teneva nel minimo conto le “gabbie” della impaginazione computerizzata: altrimenti per quale motivo avrebbe affrontato l’esodo spontaneo? Sono tutte, per non far torto a nessuno sistemate in ordine rigorosamente alfabetico, e in alcuni casi i destinatari se ne sono beccate addirittura un paio, mentre nel tempo trascorso tre di essi sono passati purtroppo a miglior vita. Parce sepultis… Ma non si pensi che le missive indirizzate dalle pagine di Linea siano sempre e solo polemicamente negative: in certi casi contengono anche una pars construens che prende lo spunto dalla critica, come si vedrà... Il turbinio della vita pubblica italiana all’inizio degli anni Duemila è stato molto prodigo di spunti e di occasioni: se ne ricava uno spaccato politico-culturale del nostro Paese da far venire i brividi: figuracce, errori, sputtanamenti, faziosità, proposte demenziali, accanimenti polemici, leccaculismi di ogni tipo, luogocomunismi hanno dato il “là” alla vis polemica del Nostro. Messe però da parte invettive e ironie resta in ogni modo lo sfondo miserevole e miserabile della nostra classe dirigente: partitica, intellettuale, giornalistica; la mappa incredibile di una cultura pressappochista, di una malafede disarmante, di una politica stracciona, di un giornalismo pezzente e ignorante. Ci si diverte pure, spesso e volentieri, ma il risultato è lo specchio di una nazione sulla via della decadenza, dove non si salva proprio nessuno: né a sinistra, né al centro, né tantomeno a destra". (dalla Presentazione di Corrado Federici)

 

  INDICE DELL'OPERA - Presentazione, di Corrado Federici - Nota - Lettere non spedite (2002-2006) - Gianni Alemanno: E' meglio pagano che ipocrita - Sandro Bondi: La sinistra "comunicatrice" - Eugenio Bozzello Verole: Resistenza sì, ma all'ignoranza - Maurizio Cabona: Astio continuo - Alessandro Cecchi Paone 1: Lezioni di piramidale banalità - Alessandro Cecchi Paone 2: Troppa disinformazione in appena quindici righe - Pasquale Chessa: "Sinistro" revisionismo - Riccardo Chiaberghe 1: Documentarsi prima di scrivere castronerie - Riccardo Chiaberghe 2: Un eclatante esempio di "spocchia liberale" - Monica Cirinnà: Una inutile demagogia - Furio Colombo: L'oppositore che parla alla radio del dittatore - Vincenzo Consolo: Se un rotweiler si chiama Rommel - Francesco Cossiga: Ma conosce Evola? - Maurizio Costanzo: Quale regime? - Alessandro Curzi: Due o tre cose che so di lei - Olga D'Antona: Più che pietà potè l'ideologia - Concita De Gregorio & Curzio Maltese: La ballata dell'arciprodi - Donna Guia (Soncini): E' proprio certa che quella cosa non piace più? - Emilio Fede: In difesa della solare Eleonora - Gianfranco Fini: Eterogenesi dei fini - Simonetta Fiori: Un uso strumentale dei nemici di ieri - Bruno Gravagnuolo: Ignoranza a tutta pagina - Paolo Guzzanti: Figlio di un dio minore - Fabio Isman: Ma che ci azzecca? - Ignazio La Russa: Non disturbate il coordinatore - Alessandra Longo: I raduni privati non si possono vietare - Alfredo Mantica: Stele o coda di paglia? - Ezio Mauro: Ma dove vede l'egemonia della destra? - Mezzibusti del TG1: Non più annunciatori, tornate a fare i giornalisti - Paolo Mieli 1: Quei "benedetti" tagli all'ANPI - Paolo Mieli 2: Il Papa non parlò di nazifascismo - Gianni Minà: Anche i ditttatori invecchiano - Mario Orfeo: Quando è di sinistra non è violenza - Giovanni Raboni: Una "provocazione" non raccolta a sinistra - Valerio Riva: Il muro ex comunista - Piero Sansonetti 1: Indignazione fuori posto - Piero Sansonetti 2: Disagio tricolore di un compagno - Daniele Scalise: L'aureola di Scipio - Gustavo Selva: Che cosa fa la destra per cultura? - Michele Serra: Meglio poveracci e onesti che camerieri di D'Alema - Franco Servello: La destra deve reagire al perenne ricatto dell'antifascismo - Antonio Socci: Perché parli se non lo sai? - Lamberto Sposini: L'inguaribile presunzione di certi giornalisti - Vittorio Strada: Chi ricorda le vittime del comunismo? - Marco Tarchi: Put - Mirko Tremaglia: Ministro, prenderà cappello anche oggi? - Giuliano Urbani: Niente grane, son centrista! - Vauro: Paraocchi antifascisti - Walter Veltroni: Almeno ci risparmi la "polizia della monnezza"! - Maurizio Viroli, esq.: L'incoerente antifascismo intermittente