Intellettuali, dittatura e razzismo di Stato Stampa E-mail

Giovanni Rota

Intellettuali, dittatura e razzismo di Stato

Franco Angeli Edizioni, pagg.208, Euro 14,00

 

rota_intellettuali.jpg  IL LIBRO - Quale atteggiamento hanno avuto gli intellettuali nei confronti del razzismo di Stato novecentesco? Che consapevolezza hanno avuto di quanto accadeva? I cinque saggi qui raccolti intendono contribuire a rispondere a questi quesiti ripercorrendo le significative vicende di alcuni filosofi e intellettuali nel contesto dei regimi totalitari e razzisti. La figura di Giovanni Gentile viene così considerata tenendo conto in particolare della legislazione del 1938, un passaggio decisivo nella storia del fascismo, che però non venne riconosciuta come tale dal filosofo. Diversamente da Gentile (la cui posizione rifletteva quella di larga parte dell'intellettualità italiana del periodo), Julius Evola, il più conosciuto e discusso tra i razzisti italiani, costruì una sistematica teoria della razza. Giorgio Levi Della Vida fu invece vittima delle leggi razziali dopo essere già stato discriminato nel 1931 per le sue idee, quando fu tra i pochissimi professori universitari che si rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo. La riflessione filosofica di Adriano Tilgher, uno dei primi e più acuti interpreti del fascismo e della relazione tra esso e la filosofia gentiliana, è l'espressione esemplare di una cultura resa politicamente innocua e poi lasciata relativamente libera di svilupparsi secondo modalità inoffensive. Completa il volume un profilo di Jean Améry, vittima del razzismo di Stato e interprete critico del ruolo svolto dagli intellettuali nel XX secolo.

 

  DAL TESTO - "Rosenberg rimase sempre, tra le espressioni del razzismo nazionalsocialista, l'interlocutore privilegiato di Evola. Il fatto che Il mito del sangue si chiudesse con un capitolo dedicato al razzismo di Hitler, e dunque ponesse come estrinsecazione culminante del nazismo Mein Kampf (cui non venivano riconosciute idee completamente nuove), era probabilmente dovuto a motivi di opportunità politica, dovendosi necessariamente riservare al capo riconosciuto del movimento una collocazione privilegiata. Evola rinveniva in Rosenberg una critica alla concezione della storia come percorso unico e lineare, sostituita da una concezione fortemente dialettica e pluralistica in cui le varie razze si trovavano in lotta tra loro; uno strutturale antisemitismo; un'accezione della verità che, determinata dall'affermazione razziale, sfuggiva alle astrazioni universalistiche. Buona parte delle critiche indirizzate a Rosenberg [...] erano rivolte verso eredità provenienti dalle teorie pangermanistiche di Chamberlain, che avevano mescolato razzismo e nazionalismo opponendo piattamente i germani ai non-germani, e così dimostrando tra l'altro insensibilità verso l'eredità di simboli e miti della romanità".

 

  L'AUTORE - Giovanni Rota laureato in filosofia all'Università degli Studi di Milano e Dottore di ricerca in filosofia all'Università di Torino, collabora con le cattedre di Filosofia morale e di Storia della Filosofia morale della Statale di Milano. Presso il medesimo Ateneo, è docente alla Scuola di specializzazione per l'insegnamento SILSIS-MI, classe di Scienze umane. Collabora con la Sede di Milano dell'Istituto Cnr per la storia del pensiero filosofico e scientifico. Si occupa principalmente della storia della filosofia italiana fra Otto e Novecento. Ha pubblicato il libro Giuseppe Gangale. Filosofia e protestantesimo (Claudiana, Torino 2003).

 

  INDICE DELL'OPERA - Introduzione - Il filosofo Gentile e le leggi razziali - Un filosofo razzista: Julius Evola - "Un'oncia di buon senso". Giorgio Levi Della Vida e il fascismo - Un outsider negli anni del fascismo: Adriano Tilgher - Jean Améry e i suoi filosofi del Novecento - Indice dei nomi