Il secolo ebraico Stampa E-mail

Yuri Slezkine

Il secolo ebraico

Neri Pozza, pagg.576, Euro 20,00

 

slezkine_il_secolo_ebarico  IL LIBRO – L’affermazione che apre questo innovativo e provocatorio saggio è di quelle ardite: l’età moderna è l’età degli ebrei e, in particolare, il XX secolo è stato il secolo ebraico per eccellenza.  
  Una tale affermazione presuppone naturalmente che tra l’essere ebreo e lo spirito della modernità vi sia una profonda affinità, se non una sostanziale identità. Ma che cosa significa essere ebrei? Facendo propria una divisione antropologica del mondo in «apollinei» e «mercuriani», vale a dire in contadini e mercanti, in stanziali e nomadi, in locali e stranieri, l’autore di queste pagine offre una risposta inequivocabile: gli ebrei sono i più grandi «mercuriani» della Storia. Un popolo senza patria, dedito alle lucrose attività del terziario, colto, eccentrico per aspetto, lingua, religione, tradizioni. E oggetto dell’odio e dell’invidia degli «apollinei» circostanti.
  Alla luce di tali categorie, la stessa storia dell’umanità si rivela come la storia di una progressiva «mercurianizzazione» dell’uomo. E l’età moderna come quel punto di svolta in cui l’uomo diventa universalmente mobile, professionalmente duttile, erudito, ricco per prestigio acquisito e non per natali; diventa, insomma, ebreo.
  Cruciali, come emblema stesso della modernizzazione, appaiono soprattutto gli ultimi cento anni di storia ebraica e l’esito delle tre grandi migrazioni: verso l’America, verso il nuovo Stato di Israele, verso Mosca e le altre grandi città dell’Unione Sovietica.
  Nel ventennio successivo alla rivoluzione bolscevica del 1917, questa terza diaspora si rivela come quella di maggior successo. In tutta la prima metà del XX secolo, gli ebrei, ancor più che negli Stati Uniti, prosperarono in URSS, grazie alla promessa di una società nuova che osava combattere il nazionalismo, il capitalismo e l’antisemitismo che di lì a poco avrebbe partorito l’orrore nazista. Per una delle tragiche ironie della Storia, questa promessa si rivelò una crudele chimera. E, all’alba del XXI secolo, di terre promesse per il popolo ebraico non ne sono restate che due: Israele con tutti i pericoli e la precarietà della sua esistenza, e l’America, il paese moderno, competitivo e volto al successo economico. E dunque ebraico piú che mai.
  La maggioranza degli ebrei vive oggi in una società «mercuriana» per eccellenza sia per fede ufficiale sia – sempre più – per appartenenza, una società in cui non vi sono nativi riconosciuti, una società di «nomadi terziari».
  Denso di intuizioni illuminanti e trasgressive, scorrevole nell’esposizione e audace nell’analisi, Il secolo ebraico è un’opera che «mira non soltanto a riformulare la nostra comprensione della questione ebraica, ma della questione moderna nel suo complesso» (Daniel Lazare).

  DAL TESTO – “Una posizione molto più comune fra gli oppositori ebrei dei bolscevichi (e molti futuri storici) consistette nel sostenere che i bolscevichi di stirpe ebraica non erano ebrei. L'ebraicità, insinuavano distaccandosi radicalmente dal punto di vista convenzionale, non era ereditata, bensì liberamente adottata - e perciò altrettanto liberamente abbandonata. Gli ebrei non erano il Popolo eletto; gli ebrei erano persone che sceglievano di essere ebrei. Per alcuni, la scelta comportava l'osservanza religiosa; per altri (gli «ebrei secolari»), equivaleva a una particolare affiliazione politica (morale). Simon Dubnow negava ai bolscevichi ebrei il diritto di chiamarsi ebrei, e il quotidiano sionista Togblat propose, in pieno spirito bolscevico, che solo chi veniva formalmente designato da partiti nazionali fosse considerato vero rappresentante delle masse ebraiche. Era, ovviamente, lo stesso punto di vista di molti nazionalisti russi: i bolscevichi russi non possono essere russi, perché il loro intento dichiarato è la distruzione dello Stato russo, delle chiese russe, della cultura russa e dei contadini russi (cioè, del «popolo russo»). E se non sono russi, devono essere ebrei.”

  L’AUTORE – Yuri Slezkine è professore di Storia russa e direttore dell’istituto di Slavistica e studi eurasiatici dell’Università di Berkeley, California. Ha lavorato inizialmente come interprete per l’Università statale di Mosca. È inoltre autore di Arctic Mirrors: Russia and the Small People of the North e curatore di In the Shadow of Revolution: Life Stories of Russian Women from 1917 to the Second World War (Princeton).

  INDICE DELL’OPERA – Prefazione – Introduzione - 1. I sandali di Mercurio: gli ebrei e altri nomadi - 2. Il naso di Swann: gli ebrei e altri moderni - 3. Il primo amore di Babel': gli ebrei e la Rivoluzione russa - 4. La scelta di Hodl: gli ebrei e tre terre promesse – Ringraziamenti - Indice dei nomi e delle cose notevoli