Shahid. Analisi del terrorismo suicida in Afghanistan Stampa E-mail

Claudio Bertolotti

Shahid. Analisi del terrorismo suicida in Afghanistan

Edizioni Franco Angeli, pagg.160 Euro 19,00

 

 

bertolotti_shahid  IL LIBRO – Diversamente da quanto potrebbe far supporre la sua sempre più frequente presenza nelle cronache quotidiane, l'atto terroristico suicida è stato fino a poco tempo fa sconosciuto agli afghani e lontano dalla loro cultura.
  Durante i quasi due anni che ha trascorso in Afghanistan, in qualità di analista NATO, l'autore ha potuto studiare da una prospettiva "privilegiata" la natura e le caratteristiche del fenomeno, i suoi fautori, gli attori, il contesto pregresso e attuale in cui si sviluppa, le ragioni socio-politico-religiose che lo sostengono, i suoi rapporti con la politica internazionale, anche alla luce delle attuali strategie.
  A partire dalla descrizione della stratificata società afghana, del complesso intreccio culturale e dell'imprescindibile componente religiosa, il testo delinea un "identikit sociale del martire-martirio" in Afghanistan: i meccanismi, le ragioni, l'evoluzione del terrorismo afghano sono qui spiegati grazie a dati non filtrati, raccolti "sul campo", e avvalorati dal confronto diretto con le parti in causa. L'autore traccia così potenziali trend evolutivi e propone alcune soluzioni percorribili per mitigare gli scenari futuri, sinora poco incoraggianti.
  Affiancando riflessione ed esperienza, il volume si rivolge non solo ad analisti, sociologi, storici, criminologi ed esperti di relazioni internazionali, ma anche a quanti intendano affrancarsi da una visione spesso viziata da pregiudizi o da errate associazioni con altri atti terroristici e comprendere meglio le specificità di un fenomeno complesso che si ripercuote, in modo sempre più significativo, anche sulle nostre vite.

  DAL TESTO “Tra le testimonianze che ho raccolto nel 2008 ve n'è una, in particolare, che mi ha colpito e che consente di comprendere quanto il fenomeno si stia sempre più insinuando all'interno delle fasce di società più esposte alla propaganda dei gruppi di opposizione. È l'intervista con Faziullah, un giovane pashtun originario di uno dei tanti sobborghi poveri di Kabul. L'area da cui proviene è priva di tutto, dall'acqua corrente ai più elementari servizi sociali, e il malcontento della comunità si fa sentire sempre più tra le giovani generazioni. Il rischio di attentati lungo le principali vie della capitale, e con essi la percezione di persistente insicurezza e vulnerabilità si accompagna a una strisciante politica di persuasione e propaganda condotta dai gruppi di opposizione. Faziullah è l'esempio lampante del rischio di degenerazione sociale giovanile. Ha quattordici anni, va a scuola saltuariamente, e frequenta una moschea in cui il mullah non si risparmia in sermoni, se non contro, certamente non a favore della presenza militare straniera. Questo ragazzo, spavaldo al limite della strafottenza, mi racconta senza alcuna remora che suo cugino è in Pakistan, a combattere. Lo lascio parlare, invitandolo a raccontarmi cosa pensa di chi si oppone al governo centrale. Non mi risponde direttamente, dice di non essere interessato alla politica, ma porta il discorso su un argomento che attira la mia attenzione: il rapporto tra chi a Kabul è riuscito a trovare "una fortuna" e chi invece combatte il sistema appoggiato dagli "americani". Non ha simpatia, direi quasi che si tratti di invidia, per chi è riuscito a trovare lavoro e la stabilità economica, mentre prova una certa attrazione per chi "combatte". Il suo stato di malessere lo porta a indirizzare il suo biasimo verso chi, invece, non combatte. Gli chiedo cosa ne pensa di chi si fa esplodere per uccidere degli stranieri e se giustifica gli attacchi suicidi in cui muoiono anche civili innocenti. Faziullah mi corregge: «sono shahid», "martiri" di Allah. Ma evita di rispondere alla domanda sulle vittime civili; lui parla di chi muore combattendo: «non sono i "cittadini" di Kabul a sacrificarsi per il Paese», dice Faziullah, «ma gli afghani veri, buoni musulmani. Mentre in passato molti stranieri, pakistani e arabi, hanno dato l'esempio, adesso sono gli afghani a combattere il jihad per cacciare i kafir [gli infedeli] dall'Afghanistan». È la conferma di una presa di coscienza, da parte di una porzione dell'opposizione afghana, della necessità - e verosimilmente anche della legittimità morale - di un'innovativa e più efficace tattica di guerra”.

  L’AUTORE – Claudio Bertolotti è stato analista Nato in Afghanistan. Responsabile, in seno alla missione ISAF, della sicurezza della Kabul Multinational Brigade prima e del Regional Command Capital poi, di cui ha diretto la sezione Counter-intelligence, si è specializzato in Sociologia dell'Islam all'Università di Torino.

  INDICE DELL’OPERA – Introduzione - Premessa. Il mio passaggio in Afghanistan - La storia e la cultura afgana tra religione, politica e società - I Martiri di Allah: la natura del fenomeno in Afghanistan - Il "martire" afghano - Opposizione e supporto - Afghanistan e Pakistan tra antagonismo e convenienza - Attacchi suicidi in Afghanistan: l'evoluzione del fenomeno - Le vittime – Conclusioni - Appendice - Afghanistan: sintesi geografico-economica - I protagonisti della politica afghana: biografie delle principali personalità – Glossario – Bibliografia