Democrazia proletaria Stampa E-mail

William Gambetta

Democrazia proletaria. La nuova sinistra tra piazze e palazzi

Edizioni Punto Rosso, pagg.276, Euro 15,00

 

gambetta_democraziaproletaria  IL LIBRO – Per tutto il decennio successivo al Sessantotto, quando l’urto dei movimenti di protesta scosse il sistema politico repubblicano, l’aspirazione della nuova sinistra a rappresentare politicamente quella conflittualità sociale fu costante. Dopo le delusioni per la prova elettorale del 1972, fu il cartello elettorale di Democrazia proletaria, nel 1976, a segnare il passo in quella direzione. Un’esperienza che raccolse le principali formazioni dell’estrema sinistra – da Avanguardia operaia al Partito di unità proletaria, da Lotta continua al Movimento lavoratori per il socialismo – costituendo il tentativo più significativo di rappresentare le mobilitazioni di piazza negli equilibri dei palazzi del potere. Un’iniziativa unitaria percorsa da dinamiche e contraddizioni irrisolte, che si tradusse – alla luce dei risultati del 20 giugno – in una crisi irreversibile, nonostante l’elezione di una piccola pattuglia di sei deputati. Da essa, attraverso un tormentato processo di disgregazioni, scissioni e fusioni, l’area della nuova sinistra uscì ridisegnata. Nacque in quel contesto il partito di Democrazia proletaria, la cui assemblea costituente si tenne nell’aprile 1978 a Roma, durante i giorni del sequestro di Aldo Moro. Circostanza emblematica che palesò le difficoltà della nuova organizzazione, stretta tra le azioni dei gruppi armati e la repressione generalizzata dello stato. Una collocazione di enorme difficoltà sia per conquistare una vera e propria agibilità politica sia per promuovere un solido impianto d’analisi e di proposta strategica. Eppure, in quel contesto, Dp rappresentò un’alternativa concreta per avanguardie e delegati di fabbrica, settori sindacali e intellettuali, collettivi giovanili e comitati di lotta, associazioni democratiche, periodici e radio libere. Per coloro cioè che con lo spegnersi dell’ondata conflittuale non si rassegnarono né al ritorno al privato né alla scelta estrema della lotta armata.

  DAL TESTO – “[…] Dp fu presentata come una parte del fermento anticapitalista, «consapevole di essere una forza politica transitoria», destinata a sciogliersi con la costituzione di «un unico partito rivoluzionario». La realizzazione di quest'ultimo, peraltro, era immaginata non come l'assemblaggio dei diversi gruppi esistenti, ma come il frutto dei convulsi sviluppi del conflitto sociale e della presa di coscienza della sua necessità politica in ampi settori del movimento operaio. Un processo che, quindi, avrebbe coinvolto strutture dell'estrema sinistra, collettivi di base autonomi, singoli compagni sganciati da reti organizzative e, soprattutto, quadri formatisi nelle nuove lotte e spezzoni staccatisi dai vecchi apparati del riformismo. Venne cioè rifiutata - almeno formalmente - l'idea di dover "dominare" i movimenti o "egemonizzare" le altre organizzazioni, ed emerse una concezione di partito chiamato, al contrario, a sottoporre «sistematicamente a bilancio, nel proletariato e negli oppressi, la propria tattica e i propri obiettivi».
  “Questa impostazione era la conseguenza di un ripensamento complessivo e profondo: se l'organizzazione politica della classe non poteva più essere immaginata come elemento astratto e indipendente dalla classe stessa, se era frutto della maturazione delle avanguardie proletarie - ma con reali rapporti nella società e nei suoi conflitti - allora essa non poteva più pretendere di essere «sede privilegiata o addirittura esclusiva di teoria e potere, di ragione e di progettazione strategica». La presunta superiorità del partito rispetto ai movimenti di massa era «oggettivamente in contrasto con il protagonismo diretto sociale della classe operaia e degli altri soggetti collettivi», delle loro istanze di contropotere, della loro fantasia nelle lotte e nell'innovazione d'identità e teorie.”

  L’AUTORE – William Gambetta, dottore di ricerca in Storia presso l’Università di Parma, fa parte della redazione di “Zapruder”, rivista di storia della conflittualità sociale, e collabora con il Centro studi movimenti di Parma. Ha pubblicato saggi su riviste e volumi ed è tra i curatori di Memorie d’agosto. Letture delle barricate antifasciste di Parma del 1922 (Punto rosso, 2007).

  INDICE DELL’OPERA - Introduzione - I. La nuova sinistra alla prova elettorale (L'area della nuova sinistra - La sconfitta elettorale del 1972 - Le tendenze all'unificazione - Il referendum sul divorzio e il voto ai diciottenni - Il dibattito sul partito rivoluzionario) - II. Il cartello unitario di Democrazia proletaria (La prime liste unitarie - Il voto amministrativo del 1975 - Verso le elezioni politiche - «Governo alle sinistre, potere a chi lavora» - I risultati elettorali del 20-21 giugno 1976 - La crisi della nuova sinistra) - III. Verso il partito (Il coordinamento Ao-Pdup-Lega dei comunisti - L'impatto col Settantasette - L'esperienza della sinistra operaia – Il congresso costitutivo (Roma, 13-16 aprile 1978) - «Contro lo stato, contro le Br» - I referendum sulla legge Reale e sul finanziamento pubblico ai partiti) - IV. L'organizzazione (Un nuovo modello di partito - La presenza nel territorio e nelle organizzazioni di massa - La composizione sociale - L'identità collettiva - Il personale politico - I problemi finanziari) - V. Al termine del "lungo Sessantotto" ("Movimentisti" e "partitisti" - Nuova sinistra unita alla prova elettorale - Le elezioni europee del 10 giugno - Abbandoni e resistenze nella crisi del 1979 - Far fronte agli anni ottanta) - Immagini - Note - Indice dei nomi