Senza più sognare il padre Stampa E-mail

Paolo Guzzanti

Senza più sognare il padre

Aliberti Editore, pagg.445, € 18,00

 

guzzanti_senza  IL LIBRO – Questo libro ha la forma pretestuosa di un'autobiografia, usala per ripercorrere il lunghissimo secolo breve del Novecento: si chiude infatti nel 1999, escludendo il primo decennio del nuovo secolo. Nato poche settimane dopo l'aggressione dell'Italia alla Francia nel 1940, Paolo Guzzanti ha condiviso con milioni d'italiani un'infanzia di guerra, un plumbeo dopoguerra, un'adolescenza intimidita dalla guerra fredda e, a seguire, tutte le gradazioni e degradazioni della storia civile e politica del Paese. Paolo Guzzanti sostiene che i capelli rossi sono stati il suo marchio di fabbrica e gli hanno insegnato a vivere in isolamento, più che in minoranza. Suo padre gli assicurava che non stingono e oggi lui conferma: i capelli rossi lasciano una traccia perenne che, fissando i ricordi, rallenta lo smaltimento del tempo. "Anche i padri lasciano tracce indelebili e io ho avuto la fortuna di sistemare i conti con il mio prima che se ne andasse nel suo modo ordinato, da ingegnere che prende atto dei difetti del mondo. Ci promettemmo, piando lo vidi a disagio nella sua bara, di non disturbarci a vicenda con i sogni se non per assoluta necessità".

  DAL TESTO – “In redazione non riuscii subito a trovare Eugenio. La­sciai sul suo tavolo le due scatole di caviale che mi aveva chiesto prima della mia partenza e mi misi alla sua ricerca. Finalmente lo trovai sul set della scena che aveva preparato: si era piazzato davanti alla porta dell’ascensore e fingendo di non vedermi si rivolgeva al vicedirettore Gianni Rocca, che gli faceva da spalla. Si tolse con esasperante lentezza la giacca, che piegò e depositò sulla moquette azzurra. Poi, simulando una fatica estenuata, con movimenti lentissimi si sdraiò per terra usando la giacca come cuscino. Ero davanti a lui, ma seguitò a fingere di non vedermi, poi disse: «Hai capito, Gianni? Paolo vuole andare al “Corriere”. Vada, vada pure. Ma per uscire deve passare sul mio corpo perché io non mi muovo. Fatemi portare un te­lefono con la prolunga».
  “Si era formato un capannello di colleghi e segretarie perché una scena del genere non si era mai vista. Io non sapevo che fare: imbarazzato, commosso e diver­tito, alla fine applaudii: «Hai vinto e mi hai convinto». Allora si sollevò con uno scatto atletico e mi trascinò sottobraccio nella stessa stanza da cui stavo ora acco­miatandomi. Alzò la cornetta e dette disposizione ad Andrea Piana, il severo amministratore, di disporre per me un cospicuo aumento di stipendio. Io non ave­vo avuto alcuna intenzione di giocare al rilancio, ma ero ben felice di accettare l’aumento. Così restai a «Repubblica» pensando di avere ancora molti anni di fe­lice vita professionale. Purtroppo furono invece pochi perché maturò presto una crisi senza via d’uscita, che poi precipitò con l’incidente del servizio sulla Roma­nia del 1990, ma che era già implicita. ­”

  L’AUTORE – Paolo Guzzanti (Roma, 1940) è giornalista profesisonista, scrittore, conduttore televisivo e senatore. È stato inviato dell’«Avanti!», redattore capo e inviato speciale di «Repubblica», inviato della «Stampa» negli Usa. Ha lavorato al «Giornale» ed è stato editorialista di «Panorama». Eletto al Senato, ha presieduto dal 2002 al 2006 la Commissione d’inchiesta sul dossier Mitrokhin. Tra i suoi libri I presidenti della Repubblica da De Nicola a Cossiga (Laterza, 1992), L’Italia del 2000 (La Stampa, 1996), Ustica, verità svelata (Bietti editore, 1999).

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