L’ultima favola russa Stampa E-mail

Francis Spufford

L’ultima favola russa

Bollati Boringhieri, pagg.484, € 19,90

 

spufford_favola  IL LIBRO – È con una verve straordinaria, e con un punto di vista originalissimo, che Francis Spufford racconta la storia dell’Unione Sovietica tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Una serie di personaggi veri e inventati, giovani scienziati brillanti, strateghi di partito, normalissime famiglie, coppie di innamorati, si muovono sullo sfondo di vicende storiche ben documentate per darci il quadro generale di un periodo intricato, spesso falsato dalla propaganda politica: la corsa dell’«economia pianificata» in gara con quella americana per il primato di ricchezza e progresso. 
  Spufford ci dice subito che la sua è una riedizione dell’eterna fiaba russa: ai tappeti volanti, alle cornucopie traboccanti di cibo, ai prodigi di ogni genere che hanno allietato per secoli la vita tutt’altro che facile dei contadini, degli operai e dei servi della Grande Madre Russia, Spufford sostituisce un miracolo unico, una speranza unica, un sogno unico, quello della straordinaria ricchezza a venire prodotta dal Partito e dallo sforzo comune sotto la sua guida. Un sogno destinato a eclissare quello americano: Mosca più splendente di Manhattan, le Lada più affidabili delle Ford, gli Sputnik primi nella gara per la conquista dello spazio. L’ultima favola, e il lieto fine: benessere per tutti, capitalisti verdi d’invidia.
  Il racconto comincia con un personaggio reale, Leonid Kantorovič, matematico geniale, premio Nobel per l’economia: è il 1938, il giovane Leonid è a Mosca, in tram, pensa a come ottimizzare la produzione di compensato e... a come comperarsi un paio di scarpe nuove. Un altro personaggio ben noto, Nikita Krusciov, sta sorvolando l’Atlantico con un Tupolev, diretto per la prima volta negli Stati Uniti, quando si accorge che c’è il rischio di un incidente diplomatico già all’aeroporto di Washington...
  E poi le storie, tragiche, comiche, tragicomiche, di Emil, Galina, Fyodor, Zoya, personaggi «inventati ma veri», che rappresentano la generazione stregata dalla promessa del «radioso avvenire». Fino al 1968, quando Zoya viene espulsa dal laboratorio di ricerca di Akademgorok, sul mare di Ob’, per aver firmato una lettera di protesta pubblicata dal «New York Times».
  L’autore racconta la storia di un’idea con un tono leggero, spesso ironico: il dramma di un popolo che crede nelle favole prende forma da solo, senza bisogno di enfasi, di commenti seriosi, di scene tragiche. Spufford sa intrattenere il lettore senza tregua. Pura magia.

  DAL TESTO – “Stava arrivando il tram, in uno stridio di metallo e scintille bianche e blu che sprizzavano verso il buio dell'inverno. Con la testa altrove, Leonid Vital'evič aggiunse il proprio contributo alla spinta esercitata dalla folla sgomitante e fu sollevato insieme al resto della collettività oltre il gradino posteriore, nella ressa di carne umana al di là della porta a fisarmonica. «Forza, cittadini! Spingete!» disse una signora bassina accanto a lui, come se avessero una scelta, come se potessero decidere se muoversi o no quando tutti, nei tram di Leningrado, erano costretti all'eterna lotta per passare dall'ingresso sul fondo all'uscita sul davanti in tempo per la fermata giusta. Eppure il miracolo sociale si ripeteva sempre: da qualche parte, all'estremità opposta, un gruppetto di passeggeri veniva vomitato sull'asfalto e un'onda scomposta percorreva la carrozza, una peristalsi tranviaria che a forza di gomiti e spalle creava lo spazio appena sufficiente in cui pigiarsi prima che la porta di entrata si richiudesse. Le lampadine gialle che pendevano dal tettuccio vacillarono, e il tram si rimise in marcia con un ronzio crescente. Leonid Vital'evič era incuneato tra un palo di ferro e la signora, a sua volta schiacciata contro un tizio alto, dalla mascella volitiva e i capelli biondi a spazzola. Davanti, un impiegato che l'occhio di vetro faceva somigliare a un'aringa sotto ghiaccio, e tre giovani militari che, a giudicare dall'alito, avevano già iniziato le bisbocce serali. La puzza di vodka, però, si mescolava al sudaticcio acre degli operai ammassati ancora più avanti che la fabbrica doveva aver sistemato in alloggi senza bagno, e al pungente profumo di acqua di rose della signora, formando un unico, caldo, composito odore umano, così come tutti quei polsini e colletti davano vita a un denso caleidoscopio di indumenti rammendati di seconda mano, di cuoio sdrucito, di pantaloni di tela troppo larghi.”

  L’AUTORE – Francis Spufford è docente al Goldsmiths College di Londra. Nominato nel 1997 Giovane scrittore dell’anno dal «Sunday Times», è autore di I Maybe Some Time. Ice and English Imagination (1996), vincitore del Somerset Maugham Award; di The Child That Books Built (2002), antologia letteraria sui testi di formazione per ragazzi; di Backroom Boys. The Secret Return of the British Boffin (2003) finalista per l’Aventis Prize; e di Unapologetic. Why, Despite Everything, Christianity Can Still Make Surprising Emotional Sense (2012), un saggio sul senso dell’essere cristiani oggi. L’ultima favola russa ha vinto l’Orwell Prize 2011.

   INDICE DELL’OPERA – Personaggi e interpreti - Parte prima – Introduzione - 1. Il bambino prodigio, 1938 - 2. Signor presidente, 1959 - 3. Piccoli dosatori di plastica, 1959 - 4. Il bianco della polvere, 1953 - Parte seconda – Introduzione - 1. Prezzi-ombra, 1960 - 2. A partire dalla fotografia, 1961 - 3. Applausi scroscianti, 1961 - Parte terza – Introduzione - 1. Notte di mezza estate, 1962 - 2. Il prezzo della carne, 1962 - Parte quarta – Introduzione - 1. Il metodo dei bilanci materiali, 1963 - 2. Il dilemma del prigioniero, 1963 – 3. Favori, 1964 - Parte quinta – Introduzione - 1. Ridimensionamenti, 1964 - 2. Donne, tappatevi le orecchie!, 1965 – 3. Psicoprofilassi, 1966 - Parte sesta – Introduzione - 1. Il Sistema Unificato, 1970 - 2. Repressione nella foresta, 1968 - 3. Il pensionato, 1968 – Ringraziamenti – Note - Bibliografia