Il Paese del Male Stampa E-mail

Domenico Quirico – Pierre Piccinin da Prata

Il Paese del Male
152 giorni in ostaggio in Siria

Neri Pozza, pagg.176, € 15,00

 

quirico_paese_del_male  IL LIBRO – Nella storia della letteratura, numerose sono le pagine capaci di condurre il lettore davanti all’«ineffabile vergogna», al mistero di «incomprensibile e cieco dolore» del male.
  Nulla però eguaglia per potenza narrativa le pagine di coloro che hanno realmente vissuto l’offesa del male; gli eventi, le azioni, i piccoli gesti in cui si manifesta; l’umiliazione, per dirla con Primo Levi, di poter morire «per un pezzo di pane» oppure «per un sì o per un no».
  Il 6 aprile 2013 Domenico Quirico e Pierre Piccinin da Prata imboccano un sentiero pietroso che serpeggia tra le montagne e i ciliegi in fiore piantati sui contrafforti dell’Anti-Libano e penetrano in Siria. Sono in compagnia di coloro di cui vogliono narrare le gesta: i miliziani dell’Armata siriana libera, gli oppositori di Bashar Assad, i ribelli, i rivoluzionari. Al loro passaggio i petali bianchi si staccano dagli alberi e fluttuano nell’aria fresca della primavera.
  Qualche giorno dopo, nei pressi della città di al-Qusser, in una notte buia in cui nulla sembra vivere, l’Armata siriana libera li consegna a un gruppo di incappucciati che, sparando raffiche di mitra, li trascinano sul loro pick up.
  Seguono cinque mesi di strazio e di ira, di furia e rancore, di miserevole ingiustizia, resa ancora più tale perché inflitta da coloro che si credevano amici. Mesi trascorsi in stanzette sudice, in botole infami e luride prigioni, dove la luce è sempre accesa perché la voglia di dormire pesi tanto da far dimenticare ogni cosa; e dove il carceriere ordina di ripetere complicate parole arabe, mulinando il bastone, oppure si diverte a fingere di sparare alla tempia del prigioniero prima di andare a dirigere la preghiera, in prima fila, al suo Dio.
  Mesi in cui si diventa non il Nemico da rispettare, ma il Cristiano da disprezzare, l’Occidentale da schernire con un riso stridente e lacerante; mesi in cui non resta che la nausea di appartenere al genere umano.
  Le pagine che seguono sono la cronaca sconvolgente di questa prigionia. Sono pagine che colpiscono al cuore e, ad un tempo, insegnano qualcosa di fondamentale: che non possiamo volgere lo sguardo altrove se, non lontano da noi, l’orrore della guerra è penetrato a tal punto nell’animo degli uomini da trasformare un paese intero in una terra desolata in cui il male «dispiega tutti i suoi stati; l’avidità, l’odio, il fanatismo, l’assenza di ogni misericordia», e in cui «persino i bambini e i vecchi gioiscono ad essere cattivi».

  DAL TESTO – “Da ieri notte la battaglia intorno a noi si è fatta più furiosa. Alle artiglierie delle milizie governative, ormai ne siamo certi, risponde il fuoco dei mortai dei ribelli sparsi nella campagna che ci circonda. I miliziani nel cortile della casa si muovono senza rumore, parlando tra loro a bassa voce, come se avessero paura di svegliare il nemico. Nelle ormai brevi pause tra una raffica e l'altra sentiamo quell'indistinto brusio, quell'insieme di suoni brevi, metallici, l'urto del calcio dei fucili con i caricatori e le cassette di munizioni, che rivelano l'inquietudine, l'attesa incerta e ansiosa, gli ultimi preparativi.
  “Nuvole di scintille rosse si alzano di quando in quando sempre più vicine alla casa, simili a immensi sciami di lucciole nella notte; alti alberi di fumo sorgono all'improvviso nel campo di grano e ricadono su se stessi come enormi geyser. Il nemico cerca di colpire la strada; vedo una fila di uomini avanzare indifferente, sembrano civili, non scorgo armi, camminano tranquilli tra le esplosioni con la noncuranza di chi torna dal lavoro dei campi. Passano accanto a noi, spariscono alla vista, ma odo i loro saluti rispettosi rivolti ai combattenti.
  "Guardo Pierre: la battaglia si avvicina pericolosamente. Il rombo delle esplosioni sembra animare le mura della casa - anche la materia, morta, inerte - di una vita violenta, pare che le infonda una formidabile vitalità. Entra Walid, ancora una volta senza dire una parola, lo sguardo preoccupato. È vestito per la guerra: il kalashnikov in mano, il giubbotto che trabocca di caricatori. Fruga in un angolo della stanza, estrae due lunghi nastri di proiettili per la mitragliatrice, se li avvolge attorno al corpo come serpenti ed esce di corsa senza dire niente.”

  GLI AUTORI – Domenico Quirico è giornalista de La Stampa, responsabile degli esteri, corrispondente da Parigi e ora inviato. Ha seguito in particolare tutte le vicende africane degli ultimi vent’anni dalla Somalia al Congo, dal Ruanda alla primavera araba. Ha vinto i premi giornalistici Cutuli e Premiolino. Ha scritto quattro saggi storici per Mondadori (Adua, Squadrone bianco, Generali e Naja) e Primavera araba per Bollati Boringheri. Presso Neri Pozza è uscito da poco Gli Ultimi. La magnifica storia dei vinti.
  Pierre Piccinin da Prata, compagno di prigionia di Domenico Quirico, è professore di Storia e Scienze Politiche alla Scuola Europea di Bruxelles I. Specializzato in politica mediorientale, opera come inviato speciale per il New York Times e per il magazine Afrique Asie. Collabora inoltre con Le Monde, La Libre Belgique, Rue89, L’Écho, L’Humanité e L’Espresso. Ha scritto: La bataille d’Alep (2012) e Avec le combattants en Syrie (2013).

   INDICE DELL’OPERA – Premessa, di Domenico Quirico - La menzogna, 1'equivoco e la sofferenza, di Pierre Piccinin da Prata - Il tradimento, di Domenico Quirico - Il Paese del Male, di Domenico Quirico - Una settimana con al-Qaida, di Pierre Piccinin da Prata - L'epopea di al-Qusser, di Pierre Piccinin da Prata - Anche i bambini!, di Domenico Quirico - Nelle tenebre io ti chiamo..., di Pierre Piccinin da Prata – Libertà, di Domenico Quirico – Epilogo, di Pierre Piccinin da Prata