Il pensiero politico di Dante Alighieri nella critica del Novecento Stampa E-mail

Mario Ciampi

Il pensiero politico di Dante Alighieri nella critica del Novecento

Drengo, pagg.152, € 12,00

 

ciampi dante  IL LIBRO – L'interesse di Dante è etico-politico o etico-religioso? Ponendosi questa domanda, l'Autore percorre le più autorevoli interpretazioni novecentesche del pensiero politico dell'Alighieri e della Monarchia in particolare. E individua nel problema della mediazione tra finito e infinito, tra natura e grazia, tra mondo e Dio, il nodo centrale del pensiero dantesco, come pure di tutta la storiografia filosofica del secolo scorso. Il problema di Dante, in questo modo, sarebbe recuperato all'attualità, sulla base di una comprensione dell'autonomia delle realtà temporali conciliabile con la teologia del peccato originale.
  Questo lungo saggio di Ciampi rende omaggio alla profondità delle meditazioni, svolte dagli intellettuali dello scorso secolo, nelle tante sedi, in cui la riflessione di Dante si è fatta oggetto di riflessione sulle condizioni di vita della città e del cittadino. Esso ci si presenta come la porta socchiusa, che permette di accedere a un settore di studio d'inconsuete dimensioni. L'aspetto preminente del messaggio dantesco, da tale prospettiva, sarebbe proprio quello del filosofo, e del filosofo pratico-politico, con tutte le ripercussioni che ne deriverebbero, in seno alla carica utopica della sua poesia.

  DAL TESTO – "[...] sembrerebbe che il Gentile veda in Dante e Tommaso due esempi di equilibrio tra ragione e fede da approvare pienamente, ma siamo solo di fronte all'incipit di un discorso che evolve in tutt'altra direzione. E, infatti, in un altro punto, sostiene che lo scetticismo cristiano circa i poteri della ragione nella Commedia viene accentuato ben oltre gli insegnamenti tommasiani. Come si spiega questa contraddizione? Consideriamo la descrizione minuziosa che viene fatta dell'itinerario dantesco verso Dio. Dalla selva delle passioni il Poeta non uscirebbe senza l'aiuto di Virgilio. Ma lo stesso Virgilio non si metterebbe al suo soccorso, se non fosse chiamato dalla donna beata e bella, mossa dalla Grazia. La ragione non si sveglia da sé, ma deve essere spronata dalla grazia divina: «La grazia, dunque, porge all'umana ragione, simboleggiata in Virgilio, quella loda di Dio vera, quella conoscenza verace di Dio, che è beatifica o beatrice». Ora, se è vero che solo la fede è argomento delle cose che non si vedono, e della conoscenza di Dio, va detto pure che Beatrice senza Virgilio non potrebbe beatificare nessuno. La teologia non giunge all'uomo, non lo eleva alla conoscenza di Dio, se non per mezzo della ragione. Ma la ragione deve chinarsi di fronte ai suoi stessi limiti e aprire alla fede, non senza aver prima svolto il suo prezioso compito. A questo punto, il Gentile prosegue la spiegazione dell'itinerario dantesco, passando da Virgilio a Matelda, simbolo della cristianizzazione di quelle virtù morali che erano già in Virgilio, e da Matelda a Beatrice. È interessante notare che per la visione beatifica vera e propria non basta Beatrice, la quale deve allora affidarsi a San Bernardo, simbolo della visione mistica."

  L'AUTORE – Mario Ciampi è Dottore di Ricerca in Storia delle dottrine politiche e Filosofia della politica presso l'Università di Roma "La Sapienza". Studioso di storia del pensiero cristiano, è autore di numerosi articoli e saggi di etica politica e di teoria democratica. Attualmente dirige la fondazione di cultura politica Farefuturo ed è presidente di Farefuturo Editore.

  INDICE DELL'OPERA – Prefazione – Introduzione - Capitolo 1. Le due beatitudini e il dibattito sull'autonomia del fine naturale (1.1. Dal «Convivio» alla «Commedia»: le due beatitudini nell'interpretazione di Bruno Nardi - 1.2. Dante e la fine della trascendenza scolastica secondo Giovanni Gentile - 1.3. La continuità tra le due beatitudini: Vinay, Barbi, Gilson) - Capitolo 2. La beatitudo huius vitae: insufficienza dell'individuo e necessità della società universale (2.1. Il genus humanum simul sumptum e l'attuazione dell'intelletto possibile - 2.2. Le communitates particulares e la costituzione naturale della humana civilitas) - Capitolo 3. Il problema dell'origine dell'Impero: naturalità o necessità? (3.1. L'Impero come conseguenza del peccato nell'interpretazione di Francesco Ercole - 3.2. La naturalità dell'Impero secondo l'interpretazione di Parodi e Barbi - 3.3. La posizione di Bruno Nardi: l'Impero e la sua naturalità relativa - 3.4. La sintesi di aristotelismo e patristica nel giudizio di Solmi - 3.5. Gilson e la necessità dell'Impero per la pace universale) - Capitolo 4. Autonomia e/o subordinazione? Impero e Papato nel pensiero dantesco (4.1. Gli argomenti danteschi contro la tesi ierocratica - 4.2 Maccarrone e la potestas indirecta del Papa in temporalibus - 4.3. Nardi e la spiegazione "mistica" dell'ultima parte della Monarchia - 4.4. Kelsen e la contraddizione di Dante - 4.5. La conciliazione tra natura e grazia nella spiegazione di Gilson - 4.6. Redenzione e santità: la superiorità del fine soprannaturale in Barbi e Vinay) – Conclusioni – Bibliografia - Indice