Il caos italiano Stampa E-mail

Paolo Mieli

Il caos italiano
Alle radici del nostro dissesto


Rizzoli, pagg.347, € 20,00

 

mieli caos  IL LIBRO – Mai come oggi la politica italiana sembra in preda a una paralisi. Da anni i partiti sono impegnati in una continua campagna elettorale, con l'unico scopo di minare la legittimità degli avversari e allo stesso tempo lasciare aperte le porte a tutte le alleanze possibili. Alleanze da stringere nel nome di un'eterna emergenza: economica, politica o sociale. Questa incapacità di educarsi all'alternanza, di comprendere che "è normale stare lungo una stagione parlamentare ai banchi del governo e nella successiva su quelli dell'opposizione", sembra ai più una degenerazione della buona politica, il frutto avvelenato degli ultimi decenni, del passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica. Ma potrebbe non essere così. Forse esiste un male originario della politica italiana.
  Paolo Mieli ripercorre la vita del nostro Paese attraverso una serie di storie – le convulse vicende politiche dei primi anni del Regno; la Grande Guerra; il fascismo; politici del dopoguerra come De Gasperi, La Malfa o Nenni; vicende oscure quali il golpe del generale De Lorenzo o il dirottamento dell'Achille Lauro; cronache giudiziarie come quelle del caso Montesi o dell'assassinio del giudice Caccia – che contribuiscono a disegnare un ritratto dell'Italia e della sua politica molto spesso diverso dalla storia ufficiale. E mostrano come l'incapacità di dar vita a meccanismi che creino un'alternanza tra gli schieramenti parlamentari costituisca la nostra anomalia di fondo.

  DAL TESTO – "Il 17 marzo del 1861 nasce l'Italia: Vittorio Emanuele II ne è proclamato re «per grazia di Dio e volontà della Nazione», cioè in virtù di una legittimazione a un tempo divina e terrena. Il 29 maggio Camillo Benso conte di Cavour è colto dal male che lo porterà alla tomba. Morirà otto giorni dopo, il 6 giugno. Il nuovo Stato italiano è preparato a tutto meno che a quella imprevedibile quanto brusca e precoce interruzione dell'attività del suo cofondatore. A quei tempi la figura più importante nelle fantasie degli italiani (oltre al re, ovviamente) è quella di Giuseppe Garibaldi. Garibaldi adesso non sarà più soltanto l'«eroe dei Mille», ma colui che ebbe l'ultimo litigio con Cavour e l'«uomo dell'Aspromonte». Da quel momento, dalla crisi dell'Aspromonte, un nuovo alone mitico avvolgerà la figura di Garibaldi. Ed entrerà nelle vene del nascente Stato italiano il grande tema della «rivoluzione tradita» a opera di una «turpe politica» fatta di «mediocri interessi», «compromessi» o peggio. Tema che, com'è noto, tornerà infinite volte, per un secolo e oltre, anche in contesti assai diversi da quello iniziale. Sempre, però, sull'impronta di quell'archetipo per il quale le grandi promesse dell'impresa garibaldina sarebbero state disattese dall'establishment cavounano e da quelli dei suoi successori. Vale a dire, dallo Stato. Anche se è del tutto evidente che già dal settembre del 1860 Garibaldi - e con lui il partito della «rivoluzione» - non aveva soluzioni complessive da offrire all'Italia. Ed è condivisibile la tesi di Rosario Romeo secondo cui il fatto che «storici e non storici tendano oggi ad attribuire unilateralmente a Cavour la responsabilità del conflitto [con Garibaldi], e a farne una sorta di genio del male in contrapposizione alla purezza e generosità dell'eroe popolare, si spiega, quando non si tratta di mera disinformazione, con la tendenza degli odierni vincitori a fare, non si vede con quale vantaggio, le tardive vendette degli sconfitti di ieri». La verità probabilmente è che, come è stato osservato da Luciano Cafagna, in Italia non c'è a metà Ottocento una situazione rivoluzionaria «laddove per situazione rivoluzionaria si intende una capacità autonoma di produrre un mutamento politico»: «per questo sarebbe occorsa una guida cittadina che non c'era. Ma vi era invece una sorta di irrequietezza ad alta temperatura, una naturale disponibilità diffusa ad accogliere notizie che promettevano interventi dall'esterno e fatti nuovi»."

  L'AUTORE – Paolo Mieli è giornalista, saggista ed esperto di storia. Negli anni Settanta frequenta la facoltà di Storia moderna e presto inizia a lavorare per «Repubblica» fino a quando, negli anni Novanta, approda alla «Stampa», di cui diviene anche direttore. Dal 1992 al 1997 e dal 2004 al 2009 dirige il «Corriere della Sera». Dal 2007 Mieli diventa direttore editoriale del gruppo RCS e, dopo la scomparsa di Indro Montanelli, si occupa della rubrica giornaliera "Lettere al Corriere", dove dialoga con i lettori su temi prevalentemente storici. Nel 2009 Mieli lascia la direzione del "Corriere" per assumere l'incarico di presidente di RCS Libri. In ambito televisivo è presente nelle trasmissioni storiche di Rai 3 curando la presentazione di alcune puntate di "La grande storia" e gli editoriali di "Correva l'anno". Tra i suoi libri editi da Rizzoli: "Le storie, la storia" (1999), "Storia e politica" (2001), "La goccia cinese" (2002), "I conti con la storia" (2013), "L'arma della memoria" (2015), "In guerra con il passato" (2016) e "Il caos italiano" (2017).

  INDICE DELL'OPERA – Introduzione - I. Le contraddizioni dell'inizio: dall'Unità al Fascismo (La formazione del ceto permanente di governo - La rivoluzione italiana e i suoi nemici - Cavour e la delegittimazione di Mazzini - Quintino Sella e i mercanti di panno - Il «losco intrigo» del 1866 - Il paradosso della Grande guerra - Le peregrinazioni politiche dei trasformisti - Il tribunale fascista e le sue vittime - Strani protagonisti della Rsi - Novecento: le tre vittorie della destra) - II. Il secondo dopoguerra: una Repubblica bloccata (Ma Dossetti non si fidò di De Gasperi - L'ammirazione di Nenni per Mao - Nascita del consociativismo - Il «ragionier» Ugo La Malfa - La tregua armata di Moro con il Pci - Bioetica al posto di Marx - Tre valigie di armi per il cardinal Martini - Carli e gli eccessi di keynesismo) - III. L'opposizione anomala (Le rivolte di maggio - Carlo Rosselli e la «rivoluzione mondiale» - Rivoluzionari e traditori - Fanfani, il «Kerenskij italiano» - L'«Unità» e i martiri ungheresi - I dissidenti «scribacchini» - Così lo Stato spiava i comunisti - La sinistra e la questione di Israele - Storia di una medaglia) - IV. Dietro le quinte: segreti e falsi misteri (L'uso politico degli scandali - Dc, Pci e crisi di Cuba - Lo strano golpe dell'estate 1964 - Dietro il sequestro dell'«Achille Lauro» - Il giudice Caccia e i suoi assassini) – Bibliografia - Indice dei nomi