Caporetto Stampa E-mail

Alessandro Barbero

Caporetto

Laterza, pagg.646, € 24,00

 

barbero caporetto  IL LIBRO – Alle due del mattino del 24 ottobre 1917, i cannoni austro-tedeschi cominciarono a colpire le linee italiane. All'alba le Sturmtruppen, protette dalla nebbia, andarono all'assalto. In poche ore, le difese vennero travolte e la sconfitta si trasformò in tragedia nazionale. Oggi sappiamo che quel giorno i nostri soldati hanno combattuto, eccome, finché hanno potuto. Ma perché l'esercito italiano si è rivelato così fragile, fino al punto di crollare?
  Da cent'anni la disfatta di Caporetto suscita le stesse domande: fu colpa di Cadorna, di Capello, di Badoglio? I soldati italiani si batterono bene o fuggirono vigliaccamente? Ma il vero problema è un altro: perché dopo due anni e mezzo di guerra l'esercito italiano si rivelò all'improvviso così fragile? L'Italia era ancora in parte un paese arretrato e contadino e i limiti dell'esercito erano quelli della nazione. La distanza sociale tra i soldati e gli ufficiali era enorme: si preferiva affidare il comando dei reparti a ragazzi borghesi di diciannove anni, piuttosto che promuovere i sergenti – contadini o operai – che avevano imparato il mestiere sul campo. Era un esercito in cui nessuno voleva prendersi delle responsabilità, e in cui si aveva paura dell'iniziativa individuale, tanto che la notte del 24 ottobre 1917, con i telefoni interrotti dal bombardamento nemico, molti comandanti di artiglieria non osarono aprire il fuoco senza ordini. Un paese retto da una classe dirigente di parolai aveva prodotto generali capaci di emanare circolari in cui esortavano i soldati a battersi fino alla morte, credendo di aver risolto così tutti i problemi.
  In questo libro, Alessandro Barbero ci offre una nuova ricostruzione della battaglia e il racconto appassionante di un fatto storico che ancora ci interroga sul nostro essere una nazione.

  DAL TESTO – "[...] non si può non notare che i nostri generali erano quasi tutti vittime - chi più chi meno, e Cadorna meno degli altri - di un vizio tutto italiano, che forse era proprio di un'intera classe dirigente. L'abuso di una retorica vuota e di toni inutilmente stentorei avrebbe poi caratterizzato in modo forse così netto il linguaggio del comando nell'Italia fascista che è suggestivo trovarne gli embrioni negli anni della guerra. E non si tratta di un problema secondario, perché i generali esplicavano gran parte della loro azione di comando proprio nelle conferenze e nelle circolari rivolte ai subalterni: le parole e i toni che sceglievano sono dunque intrinseci al modo in cui comandavano. I memoriali del dopoguerra non lasciano dubbi sul fatto che un Capello, un Cavaciocchi, un Badoglio credevano all'efficacia dei discorsi e degli scritti: anzi, forse s'illudevano che fosse sufficiente raccomandare, o prescrivere, perché la realtà si adeguasse."

  L'AUTORE – Alessandro Barbero insegna Storia medievale presso l'Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli. Con "Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo" ha vinto il Premio Strega 1996.

  INDICE DELL'OPERA - I. L'ideazione (1. Un testimone: il generale von Cramon - 2. Il generale Arz von Straussenburg - 3. Un messaggio dell'imperatore - - 4. La gita del barone von Waldstätten - 5. Hindenburg e Ludendorff - 6. Passo indietro: il generale Conrad von Hötzendorf - 7. Il viaggio di Krafft von Dellmensingen) - II. Il piano (1. L'offensiva secondo i tedeschi: Durchbruch e Schwerpunkt - 2. La posizione italiana e i suoi occupanti all'inizio di settembre - 3. Il rapporto Krafft - 4. La nuova direttrice di nord-ovest, la corsa al Tagliamento e le polemiche del dopoguerra) - III. I generali italiani (1. "Il Capo": Cadorna - 2. L'anti-Cadorna: Capello - 3. Il comando del IV Corpo: Cavaciocchi e Boccacci - 4. Il comandante del XXVII Corpo: Badoglio - 5. Il comandante del VII Corpo: Bongiovanni) - IV. Il conto alla rovescia - V. Il terreno e le forze in campo (1. La linea dello Jeza: la 19a divisione e il VII Corpo contro i gruppi Stein, Berrer e Scotti - 2. Il Monte Plezia e il fondovalle Isonzo: la 19a divisione (brigata Napoli) e la 46a divisione (brigata Alessandria) contro l'Alpenkorps e la 12a divisione slesiana - 3. Il "maledetto" Monte Mrzli: la 46a divisione contro la 50° austriaca - 4. Il settore di Caporetto e del Monte Nero: la 43a e la 34a divisione contro la 55a divisione austriaca - 5. La conca di Plezzo: la 50a divisione contro il Gruppo Krauss - 6. Un rapporto di forze illusorio) - VI. Lo sfondamento delle prime linee (1. Tre storie - 2. Il Krad Vrh e il Globočak: la 1a divisione austriaca si affaccia in valle Judrio - 3. La linea dello Jeza: la 200a divisione e l'Alpenkorps sfondano sul Kolovrat - 4. Il fondovalle Isonzo: la 12a divisione arriva a Caporetto - 5. La linea del Mrzli: la rotta della 46a divisione - 6. La linea del Monte Nero: l'accerchiamento della 43a divisione - 7. La linea di Plezzo: il Gruppo Krauss sfonda fino a Saga - 8. Tentativo di un bilancio) - VII. L'artiglieria: l'attacco (1. Il ruolo dell'artiglieria nell'attacco - 2. Lo sforzo logistico - 3. I giorni precedenti - 4. L'attacco: il piano di tiro e gli orari - 5. Gli effetti del bombardamento - 6. L'interruzione delle comunicazioni - 7. Plezzo: il gas) - VIII. L'artiglieria: la difesa (1. Una leggenda solo parzialmente infondata: il silenzio dell'artiglieria italiana - 2. La rigidità dei metodi - 3. Il fallimento della contropreparazione - 4. La cooperazione con la fanteria - 5. Il fantasma del tiro a gas - 6. Gli effetti del bombardamento sull'artiglieria italiana - 7. La cattura delle batterie) - IX. La distruzione delle divisioni di riserva (1. Che cos'è una divisione - 2. La cosiddetta 34a divisione - 3. La 53a divisione (brigate Vicenza e Massa e Carrara) e la difesa della val Natisone - 4. La brigata Puglie, la divisione bersaglieri e la difesa del Globočak - 5. La 3a divisione e la difesa del Kolovrat - 6. La cosiddetta 62a divisione - 7. Conclusione) - X. I perché della disfatta (1. La caduta di un edificio tarlato? - 2. La qualità dei rimpiazzi - 3. La qualità degli ufficiali - 4. La retorica dei comandi - 5. L'organizzazione: plotoni e squadre - 6. La tattica: le Sturmtruppen e l'infiltrazione - 7. La tattica: le mitragliatrici - 8. Conclusione) - XI. Cosa sapevano i comandi (1. Il collasso delle comunicazioni - 2. Cadorna ha la percezione del disastro - 3. Come si arrivò all'ordine di ritirata) - XII. Cadere prigionieri (1. Il momento della cattura - 2. L'indifferenza e la fame - 3. L'ammirazione per i tedeschi - 4. Destinazione Mauthausen) - XIII. La ritirata del Friuli tra apocalisse e carnevale (1. La più gigantesca ritirata della storia - 2. Quelli che non se l'aspettavano - 3. L'orgia della distruzione e il paese di Cuccagna - 4. La guerra è finita - 5. L'apocalisse degli animali - 6. Il corteo dei vincitori - 7. La pancia dell'Italia - 8. La repressione) - Epilogo - Note - Abbreviazioni - Bibliografia