Tevere controcorrente Stampa E-mail

Marzio G. Mian

Tevere controcorrente

Neri Pozza, pagg.285, € 14,50

 

mian tevere  IL LIBRO – Nessun fiume al mondo ha visto scorrere tanta Storia, assistito a eventi così determinanti per i destini dell'umanità intera. Lungo le sue sponde si è generato ciò che siamo. Era un Padre, il Tevere. Addirittura un dio. Eppure è abbandonato, scartato, invisibile, come tutto quello che non è utile alla modernità.
  È un fiume sconosciuto; percorrerlo oggi, dalla foce di Ostia alle sorgenti in Romagna, è come esplorare una regione esotica, viaggiare tra le rovine d'una civiltà perduta che ha smarrito il contatto con il passato, la terra, il senso del divino. È ancora il fiume simbolo della nazione – forse dell'Occidente –, Storia fatta d'acqua, che custodisce il mito, l'identità, la bellezza e il capolavoro; ma anche via maestra da cui osservare la decadenza dell'Italia, di Roma, degli Appennini che si spopolano, dei borghi passati dal misticismo al materialismo.
  Risalendo alla sacra fonte, in compagnia di Enea, dei Borgia, di San Francesco e di tutte le figure che hanno segnato la biografia del Tevere, ma anche insieme a personaggi di oggi dal fascino romanzesco, Marzio G. Mian fa confluire nella narrazione altri corsi d'acqua che attraversano territori lontani. Come nello scorrere della vita, paesaggi, incontri e voci si mescolano a formare un'intima geografia, poiché, scriveva T. S. Eliot, il fiume è dentro di noi, il mare tutt'intorno a noi.

  DAL TESTO – "Quanto al cartaginese va detto che s'affaccerà anche lui un giorno al Tevere e sarà solo per avere la conferma che, per prendere Roma per fame e infliggerle il colpo di grazia, dovrebbe disporre d'una flotta in grado di stringere un blocco navale davanti alla foce, altrimenti non potrebbe mai interrompere il flusso di rifornimenti da Ostia: dopo aver attraversato l'Ebro in Spagna, dando avvio all'offensiva anti-romana, altri fiumi - come il Ticino, il Trebbia, l'Ofanto del massacro di Canne -, tinti del sangue di due generazioni di legionari, avrebbero segnato l'ascesa del più grande stratega d'Occidente e del peggiore incubo di Roma prima delle invasioni barbariche, molti secoli più tardi.
  "Quasi vent'anni dopo aver attraversato le Alpi, il Tevere diventerà invece la sua maledizione. Davanti alla foce, Annibale scopre che non solo non riuscirà mai a conquistare, soggiogare e ridurre l'odiata Roma a un dettaglio storico, ma che la Repubblica è dotata della capacità impressionante di mettersi alla prova oltre ogni limite conosciuto, di trasformare una sconfitta devastante come quella di Canne, pagata con oltre cinquantamila morti, in una leva di riscossa morale e strategica. Come ha scritto Ennio, «non esiste vincitore se il vinto non riconosce la sconfitta», e infatti i romani non accettano mai di trattare e ciò impressiona anche quegli alleati italici che sarebbero pronti a passare sul carro del nemico. Senato e plebe, matrone e schiave consolidano una determinazione che diventerà il fondamento della rinascita e della conseguente egemonia militare e politica sull'Italia; i discendenti di Enea maturano la consapevolezza della propria forza di carattere che si tradurrà in volontà di potenza imperiale."

  L'AUTORE – Marzio G. Mian ha fondato insieme con altri giornalisti internazionali la società non profit "The Arctic Times Project" con sede negli Usa. In Italia fa parte di "The River Journal", progetto di racconto multimediale attraverso i grandi fiumi del mondo. Collabora con "Rai", "Sette", "Il Giornale", "GQ", "L'Espresso". È stato per sette anni vicedirettore di "Io donna", il femminile del "Corriere della Sera". Ha realizzato inchieste e reportage in 56 paesi. Autore di teatro, ha scritto un libro sulle guerre balcaniche: "Karadzic, carnefice psichiatra poeta" (Mursia, 1996).

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