Roma egizia Stampa E-mail

Boris De Rachewiltz - Anna Maria Partini

Roma egizia
Culti, templi e divinità egizie nella Roma imperiale


Edizioni Mediterranee, pagg.256, € 23,50

 

derachewiltz roma  Quest'opera - frutto della collaborazione tra il noto egittologo Boris de Rachewiltz (scomparso nel 1997) e Anna Maria Partini – mette in luce l'influenza esercitata dall'Egitto sulla Roma repubblicana e imperiale.
  L'Egitto faraonico morente si aprì "al Mediterraneo crogiolo di fertile civiltà, per attingere da esso una nuova vitalità, o per cercare un possibile erede cui trasmettere i segreti insegnamenti, essenza stessa della civiltà nilotica. Non a caso la terra prescelta, dopo vari tentativi in più centri mediterranei, fu l'Italia, in particolare la Campania attraverso la quale raggiunse Roma" (p.20).
  Si passò quindi da una fase "centripeta", che contrassegnò la prima cultura egizia, a un'altra "centrifuga", caratterizzata dalla tendenza al proselitismo.
  Vi fu una rapida diffusione dei culti alessandrini di Serapide e Iside, che "attraverso il Mediterraneo raggiunsero le coste della Grecia, la Macedonia e l'Asia Minore", per poi giungere in Italia attraverso gli insediamenti greci del Mediterraneo Orientale. Nel IV secolo a. C. al Pireo esisteva un santuario isiaco frequentato dai mercanti egizi della costa, mentre nell'isola di Delo – che era il centro più importante, come testimoniano le numerose epigrafi alle divinità alessandrine ivi ritrovate – vennero successivamente eretti tre templi dedicati a Serapide.
  I commercianti italici che frequentavano l'isola recepirono rapidamente il culto isiaco e serapideo. "Dal II sec. a. C. fino al sacco di Delo (88 a. C.) ininterrotti furono i contatti fra quest'isola e Pozzuoli (Puteoli), che dopo Delo era il secondo porto del Mediterraneo" (p.21). Di qui il culto alessandrino si diffuse in Campania (Pompei, Ercolano, Stabia, Napoli) e, in seguito, attraverso il porto di Ostia, penetrò a Roma. "Le più antiche testimonianze rinvenue sul suolo italico sono l'Iseo di Pompei (sembra che sotto il primo Iseo ve ne fosse un altro, più antico) e il Serapeo di Pozzuoli, che risale al II sec. a. C. A Pompei numerosa e influente era la classe degli Isiaci, che compaiono nei programmi elettorali per le elezioni municipali (Isiaci universi rogant)" (p.22).
  Altre vie di propagazione dei culti egizi furono le ambasciate e gli scambi commerciali tra l'Egitto e Roma, dove approdavano commercianti (i marittimi che trasportavano le merci a Pozzuoli), medici, atleti e schiavi egizi (considerati da Marziale come i più quotati).
  Nelle Metamorfosi di Apuleio (II sec. a. C.), troviamo la prima menzione dei culti alessandrini a Roma, in particolare dove si cita la presenza di un collegio di "pastophores" – sacerdoti con la fama di guaritori – operativo in epoca sillana (88 a. C.). Pare che Silla fosse devoto alla Venus Felix, "i cui attributi erano il timone e il ramo di olivo, attributi che troviamo anche in alcune statue dell'Iside romana, con la cornucopia e il timone" (p.23).
  Gli Autori ripercorrono le alterne vicende che portarono al consolidamento dei culti alessandrini a Roma, "i cui riti continuarono ad essere officiati sino all'epoca di Costantino, finché non furono interdetti dalla nuova religione che si era imposta, il Cristianesimo. Colonne e marmi preziosi degli Isei e dei Serapei fornirono materiale per erigere nuove chiese. Così il Nilo dovette cedere il passo al Giordano" (ibidem).
  È interessante notare come Ottaviano, dopo essere diventato re dell'Alto e Basso Egitto, si facesse ritrarre in statue e bassorilievi con la doppia corona sul capo e le insegne regali in mano. "A partire da Ottaviano, i faraoni d'Egitto per quattro secoli saranno gli imperatori romani" (p.30).
  Oltre a Iside e Serapide, altre divinità egizie furono oggetto di culto a Roma. Tra queste ricordiamo Osiride, Arpocrate (Horus il Giovane), Anubi e Bes. Di ognuna, nel capitolo 3 del libro, vengono esaminate le caratteristiche essenziali. Occorre precisare che le divinità alessandrine adorate in Italia avevano tratti peculiari derivanti "dal sincretismo degli elementi egizi e quelli greci, dovuto in buona parte alle relazioni commerciali tra Roma e il mondo greco" (p.62). Il sacerdozio isiaco romano era impostato sul modello alessandrino, "ben differente da quello di Delo". In Italia, inoltre, le donne rivestivano le seguenti funzioni liturgiche: Sacerdos Isidis, Cultrix deae Phariae, Sacerdos Bubastium, Pastophorus, Melenepore, Bubastica.
  I templi egizi erano diffusi in tutte le "Regiones Urbis", cioè le quattordici aree in cui era suddivisa Roma. I più importanti erano l'Iseo e il Serapeo della III Regione, l'Iseo dell'Esquilino, il Serapeo del Quirinale, l'Iseo-Serapeo di Campo Marzio. Numerosi erano i santuari dedicati a Iside nei suoi molteplici aspetti (Iside Regina, Iside-Vittoriosa, Iside-Pharia connessa al Faro alessandrino), altri a Serapide, Anubi, Arpocrate. Nel capitolo 4, troviamo una esaustiva ricognizione di quanto è giunto fino a noi dei monumenti destinati ai culti egizi.
  Roma è anche la città con il maggior numero di obelischi al mondo, "quasi a sottolineare il ruolo che la Roma imperiale ebbe quale erede della civiltà faraonica" (p.102). Questi monoliti – la cui origine si perde nella notte dei tempi – erano associati all'uccello Ben o Fenice. "Secondo la tradizione quest'uccello, autogeneratosi, giungeva dall'Oriente a Eliopoli dove viveva per cinque anni; ritornava poi in Oriente per lasciare il posto alla nuova fenice" (ibidem). Gli obelischi romani si suddividono in quattro gruppi: 1) obelischi di epoca faraonica con testi e geroglifici, trasportati dall'Egitto a Roma; 2) obelischi di epoca faraonica senza iscrizioni trasportati dall'Egitto a Roma; 3) obelischi eretti da imperatori romani a Roma con o senza testi geroglifici; 4) obelischi di epoche posteriori. L'obelisco più alto (metri 32,18) e più antico è quello Lateranense (Piazza San Giovanni in Laterano), iniziato da Tutmosi III (1504-1450 a. C.) e terminato da Tutmosi IV. Il capitolo 5 offre un'ampia rassegna degli obelischi romani corredata anche da un robusto impianto iconografico.