Seduzione fascista Stampa E-mail

Valerio De Cesaris

Seduzione fascista
La Chiesa cattolica e Mussolini
1919-1923


Edizioni San Paolo, pagg.303, € 25,00

 

decesaris seduzione  Questo volume di Valerio De Cesaris (docente di Storia contemporanea presso l'Università per Stranieri di Perugia) esamina la storia dei rapporti fra la Chiesa cattolica e il Fascismo nel periodo compreso tra il 1919 – anno di fondazione dei Fasci di combattimento in piazza San Sepolcro a Milano – e il 1923, l'anno successivo alla marcia su Roma e alla conquista del potere da parte di Mussolini. La ricerca è destinata a "un pubblico non di soli specialisti e vuole offrire una ricostruzione ricca ma al tempo stesso agevole dell'incontro iniziale tra la Chiesa cattolica e il fascismo".

  Nel 1919, ricorda l'Autore, "fascismo e Chiesa cattolica erano due mondi molto distanti. Il primo, neonato, contava pochi aderenti e si confondeva con altri gruppi di quel tormentato dopoguerra, aveva caratteri sovversivi e parlava un linguaggio rivoluzionario e anticlericale, rivendicava di aver contribuito alla scelta interventista dell'Italia e soprattutto di aver combattuto per la vittoria nella Grande Guerra. La seconda era guidata da un papa che aveva condannato con forza la guerra e che sperava ora di risolvere l'annosa questiona romana, grazie anche a un nuovo impegno dei cattolici in politica. Il primo esaltava la guerra e la seconda, per bocca dei suoi vertici, la deplorava. Il primo ostentava la sua natura violenta e la seconda invocava ordine e pacificazione".

  Tale distanza tra i due mondi – per non parlare di vera e propria incompatibilità – non durò però a lungo. Già nel 1920 Mussolini cominciò a imprimere una svolta filo-cattolica al movimento fascista, modificando radicalmente il proprio atteggiamento nei confronti della Chiesa e del clero.

  "Mussolini – spiega De Cesaris – non si era convertito sulla via di Roma, ma aveva semplicemente capito che la Chiesa poteva essergli utile. Non si trattava soltanto di attrarre dalla propria parte una «forza colossale» in termini di fedeli, ma di rassicurare i ceti conservatori del paese che per loro il fascismo non era e non sarebbe mai stato un pericolo. Che non ci sarebbero state guerre di religione e che le istituzioni, statali ed ecclesiali, sarebbero state rispettate. Che, se il fascismo avesse governato l'Italia, il prestigio dato dall'avere a Roma il centro della cristianità non sarebbe stato sminuito, com'era accaduto sino allora a causa dei liberali anticlericali, ma anzi sarebbe stato valorizzato".

  Questo nuovo atteggiamento mussoliniano nei confronti della Chiesa non lasciò indifferenti le gerarchie ecclesiastiche e gli organi di stampa cattolici, "che erano stati inizialmente molto sospettosi verso il fascismo". "Tra il '20 e il '21 la virata di Mussolini verso posizioni filocattoliche sortì l'effetto desiderato e la stampa cattolica si fece più benevola nei suoi confronti. Non sempre, visto che non mancarono articoli ferocemente critici anche dopo di essa [emblematico in tal senso fu l'articolo del conte Giuseppe Dalla Torre, direttore dell'"Osservatore Romano", pubblicato sul giornale vaticano nel febbraio 1921] e sino alla nascita del governo Mussolini. Ma nel complesso, in campo cattolico, si guardava al fascismo con maggiore attenzione, iniziando a considerare il suo capo un possibile alleato".

  Giunto al potere, nei primi mesi di governo Mussolini adottò una serie di provvedimenti favorevoli alla Chiesa "così numerosi e rilevanti che nel settembre 1923, in un memoriale vaticano, si osservava che «nessun Governo in Italia, e forse nel mondo, avrebbe potuto in un solo anno fare altrettanto a favore della religione cattolica»". Nello stesso periodo, presero il via "colloqui segreti per giungere alla conciliazione tra Stato e Chiesa" che culminarono nei Patti lateranensi dell'11 febbraio 1929.

  Al gesuita Pietro Tacchi Venturi venne affidato l'incarico "di fare da intermediario tra la Santa Sede e Mussolini". Egli "sarebbe entrato in innumerevoli questioni, guadagnando la fiducia di Mussolini e compiendo un'infaticabile opera di mediazione tra la Santa Sede e il capo del governo italiano".

  Al IV congresso nazionale del Ppi svoltosi a Torino nel febbraio del 1923, si registrò la spaccatura tra i cattolici democratici e quelli di destra. I secondi "davano del fascismo una lettura positiva", ritenendo che "la svolta filocattolica di Mussolini garantisse un ruolo forte per la religione nella vita pubblica italiana e nell'idea fascista di nazione".

  Quella dei rapporti tra il mondo cattolico e il Fascismo è, in definitiva, "una storia complessa", che – come osserva De Cesaris – a distanza di un secolo "pone alla Chiesa cattolica interrogativi profondi".