Un’idea di libertà Stampa E-mail

Lucia Bonfreschi

Un'idea di libertà
Il Partito radicale nella storia d'Italia
(1962-1988)


Marsilio Editori, pagg.459, € 20,00

 

bonfreschi idea  Lucia Bonfreschi, ricercatrice indipendente, ricostruisce in questo ampio e documentato saggio la storia del "secondo" Partito radicale (PR) dalla fondazione (1962) al XXXIV congresso tenutosi a Bologna dal 2 al 6 gennaio 1988, allorché prese le mosse "la trasformazione del PR in un "partito transnazionale transpartito" che non intendeva più partecipare direttamente alla vita politica italiana".

  Quel piccolo partito libertario nacque dalla trasformazione del "primo" (e meno longevo) Partito radicale, "fondato nel 1955 da una scissione del Partito liberale promossa da Mario Pannunzio, Nicolò Carandini, Mario Paggi e Bruno Villabruna".

  Secondo l'Autrice, è sbagliato ridurre il PR alla figura di Marco Pannella: "Sicuramente il leader fu determinante per la sua nascita e ancor più per la sua morte, ne influenzò da vicino tutte le vicende e le decisioni. Furono molto spesso le sue parole che riuscirono a cristallizzare aspetti particolari della cultura politica radicale; furono i suoi gesti, i suoi digiuni, il suo volto e le sue sigarette a incarnare l'immagine del PR verso l'esterno. L'identificazione tra il leader e il suo partito subì peraltro diverse fasi e si accelerò dal 1974, fino a diventare totale nel 1981".

  Dal 1981, "attraverso una mutazione strutturale e tematica", il Partito radicale "accentuò la propria configurazione di gruppo politico intorno al proprio leader, che agiva a livello delle istituzioni nazionali e che in alcuni casi riusciva a suscitare o corroborare correnti d'opinione e sensibilità collettive, e ad affermare temi nell'agenda pubblica".

  I radicali si definirono sempre "libertari", avvicinandosi in tal modo agli anarchici: "Di questi però i radicali criticavano l'approccio astorico e la mancata comprensione del fatto che, nell'azione politica, è insita la possibilità di ottenere una riduzione dell'apparato repressivo dello Stato e che, anzi, le leggi dello Stato possono concorrere ad ampliare la libertà dei cittadini e persino a ridurre la coercizione esercitata verso gli individui da norme sociali ancora esistenti in determinati gruppi".

  Rilevante è stato il contributo offerto dal Partito radicale alla storia politica italiana e che oltrepassa le battaglie per il divorzio e per l'aborto. I radicali di Pannella "seppero cogliere e interpretare trasformazioni della società italiana che gli altri partiti a stento intravedevano. Offrirono una lettura della società e delle istituzioni italiane diversa da quella dei partiti che diedero avvio alla cosiddetta "seconda Repubblica", nonostante alcuni punti di contatto della loro cultura politica con il berlusconismo".

  Dalla fine degli Settanta nell'agenda radicale cominciò a essere inserito il tema dell'ambientalismo declinato in maniera differente rispetto all'ecologia politica dell'epoca: "In primo luogo, nel mettere in discussione il modello di sviluppo, sottolineando le implicazioni di ogni scelta tecnica o economica per la qualità della vita, e nel proporre un'altra gerarchia degli obiettivi che la politica doveva perseguire (la salute, la qualità della vita, il destino della propria comunità locale), essi consideravano alla luce della ragione i temi della costruzione di una nuova strategia energetica, e facevano riferimento alla conoscenza scientifica nel formulare le alternative culturali complessive".

  "La seconda scelta cruciale dell'ambientalismo radicale – aggiunge Lucia Bonfreschi - riguardò l'inglobamento di tematiche dell'animalismo non sempre condivise dagli esponenti dell'ecologia politica, come la battaglia contro la legge 968 del 1977 che regolava la caccia e che era stata approvata con la convergenza di comunisti e democristiani. La battaglia fu portata avanti tramite lo strumento privilegiato dai radicali, il referendum".

  Il congresso di Bologna del 1988 "sancì definitivamente l'identità transnazionale del partito, non solo nelle sue finalità politiche, ma anche nella concreta realtà associativa, scegliendo la strada del doppio binario: da un lato, la libera associazione transpartitica per la riforma democratica in Italia, affidata ai radicali italiani e alle loro associazioni [...]; dall'altro, il "partito transnazionale e transpartito". Il congresso adottava l'italiano, l'inglese e il francese come lingue ufficiali e approvava modifiche allo statuto, primo vagito del Partito transnazionale transpartito che poche settimane dopo avrebbe adottato anche un nuovo simbolo, il volto stilizzato del Mahatma composto dalla scritta "Partito radicale" in diverse lingue, e che avrebbe tenuto il successivo congresso ordinario fuori dall'Italia, a Budapest".