Il colonialismo degli italiani Stampa E-mail

Emanuele Ertola

Il colonialismo degli italiani
Storia di un'ideologia


Carocci Editori, pagg.191, € 19,00

 

ertola colonialismo  Questo libro di Emanuele Ertola (assegnista di ricerca in Storia contemporanea all'Università degli Studi di Pavia) ripercorre, sulla base di un'ampia letteratura italiana e internazionale, un secolo e mezzo di storia e cultura coloniale, concentrando l'attenzione sui fattori che compongono il complesso quadro dell'ideologia del popolamento coloniale.

  Nella seconda metà dell'Ottocento, andò diffondendosi negli ambienti della borghesia mercantile e armatoriale genovese l'idea "che l'emigrazione all'estero fosse un fenomeno positivo che andava lasciato libero, e semmai agevolato dallo Stato".

  L'avvocato genovese Jacopo Virgilio teorizzò "il cosiddetto "imperialismo informale", ovvero la capacità di penetrazione commerciale oltremare senza la conquista militare o il diretto dominio delle colonie, bensì realizzando una sorta di network transoceanico con quei paesi dove si erano già creati ampi nuclei di popolazione italiana spontaneamente emigrata. Propagandato a partire dalla fine degli anni Sessanta da numerosi pubblicisti tra cui lo stesso Virgilio e Leone Carpi, l'imperialismo informale lungo le rotte del commercio transatlantico fu una tesi di grande successo".

  "Negli anni Settanta del XIX secolo – aggiunge l'Autore -, mentre l'aumento dell'emigrazione dava vita ad un dibattito sempre più vivace su possibili cause e soluzioni, alcuni pubblicisti e qualche viaggiatore iniziarono a suggerire l'idea che agli emigrati italiani servisse una colonia. È in questo quadro che l'Italia, o meglio l'intraprendente armatore genovese Raffaele Rubattino, concretizzò per la prima volta il possesso di un pezzetto di Africa".

  Tra le potenze l'Italia fu l'ultima, nell'ultimo quarto del XIX secolo, a "conquistare un "posto al sole"". Nel 1885, ebbe luogo l'occupazione militare di Massaua, "primo passo di un'espansione in direzione dell'altopiano eritreo che, non senza inciampi (su tutti, la dura sconfitta a Dogali nel 1887), portò nel 1890 alla formale costituzione della Colonia Eritrea. Si trattava del primo, vero possedimento coloniale italiano, nato grazie alla convergenza tra le velleità espansionistiche del governo Crispi e degli ambienti militari, la compiacenza britannica, e la contingente debolezza dell'imperatore d'Etiopia Giovanni IV".

  Contestualmente alla "prima guerra d'Africa" si diffuse per la prima volta "qualcosa di assimilabile ad una "cultura coloniale"", "intersecandosi e sovrapponendosi con il più ampio processo di educazione nazionale allora in atto".

  "La prima guerra d'Africa – scrive ancora Ertola – raggiunse il suo culmine nel 1895, quando le truppe italiane invasero la regione etiopica del Tigrè. Il disegno di Crispi e Baratieri di espandere la Colonia Eritrea si infranse ben presto contro la – ampiamente imprevista e mal calcolata – capacità di di risposta dell'imperatore Menelik II. Impreparazione, incertezza, scarsa conoscenza del territorio, sottovalutazione del nemico e rivalità tra ufficiali in comando fecero il resto. E quando, il I° marzo 1896, nei pressi di Adua, si giunse allo scontro aperto, gli etiopici inflissero agli italiani la peggiore sconfitta mai subita da un esercito coloniale europeo. Costò al Regio Esercito circa 5.000 morti e quasi 2.000 prigionieri (oltre a circa 1.000 mori e altrettanti prigionieri tra le truppe di colore al servizio dell'Italia). Lungi dall'essere solo un disastro militare, Adua si abbatté come un tornado sulla politica interna, mettendo di fatto la parola fine alla parabola politica di Crispi".

  Nell'autunno del 1911, "l'Italia di Giolitti dichiarò formalmente guerra alla Turchia. Un anno più tardi, firmata la pace, gli ex possedimenti ottomani" – Tripolitania, Cirenaica e Fezzan – "furono formalmente annessi all'Italia, che finalmente aveva conquistato la sua colonia mediterranea".

  In seguito alla conquista dell'Etiopia nel maggio 1936, nacque l'Africa Orientale Italiana che "univa amministrativamente Eritrea, Etiopia e Somalia": "quello in Africa orientale – osserva l'Autore – fu un impero decisamente urbano, popolato per lo più da impiegati, piccoli commercianti e artigiani".