I pretoriani Stampa E-mail

Marco Rocco

I pretoriani
Soldati e cospiratori nel cuore di Roma


Salerno Editrice, pagg.204, € 18,00

 

rocco pretoriani  Marco Rocco (ricercatore presso l'Università di Padova) ricostruisce, in questo documentato saggio, la storia dei pretoriani, raccontando i principali eventi che li videro coinvolti e, soprattutto, le loro più tipiche carriere, mansioni, identità sociali e vite quotidiane al fine di "restituire, ricorrendo a un ventaglio di fonti diversificate, un'immagine più completa e meno appiattita di uomini che, nel bene e nel male, contribuirono in modo significativo e duraturo a dare un'impronta a Roma e al suo impero".

  Sebbene la locuzione cohors praetoria ('coorte pretoria') fosse già noto nell'età repubblicana, i pretoriani "nacquero come corpo permanente all'alba dell'età imperiale".

  "Se è pur vero – spiega l'Autore - che con la nascita del Principato il comandante in capo di tutti gli eserciti si ridusse a uno soltanto, resta il fatto che quasi tutte le legioni e i reparti ausiliari furono posizionati in prossimità dei confini, lontano dall'Italia e dall'Urbe, dove Augusto di solito risiedeva. Ecco perché i pretoriani, piu di ogni altro soldato, erano sentiti dal princeps come "suoi". Gli uomini delle coorti pretorie erano i soldati personali dell'imperatore, a sua immediata disposizione, gli unici che prestavano uno speciale giuramento di fedeltà direttamente a lui, come ricorda di sfuggita lo stesso Cassio Dione".

  Fin dalle origini, le coorti pretorie erano probabilmente provviste di effettivi di cavalleria, "che a quanto pare erano inquadrati nelle centurie di fanteria. Le fonti letterarie accennano spesso alla cavalleria pretoriana, ma anche svariate iscrizioni ricordano cavalieri pretoriani ascritti a determinate coorti".

  Le coorti pretorie, tuttavia, non rappresentavano "l'unico corpo a svolgere il ruolo di guardia personale dell'imperatore. Augusto decise di affidare la sua protezione anche a reparti di dimensioni piuttosto ridotte, il cui compito era quasi esclusivamente quello di proteggere la sua persona, ovunque si trovasse. Si trattava di uomini arruolati non tra i cittadini romani, come i pretoriani, ma tra i barbari stanziati nei pressi dei confini. In particolare, Augusto si circondò di una guardia del corpo di fedelissimi cavalieri germanici, i Germani corporis custodes, che non furono sciolti fino alla fine della dinastia giulio-claudia".

  Augusto pose i pretoriani "agli ordini dei prefetti del pretorio soltanto nel 2 a. C., quando il corpo era stato reso permanente già da circa vent'anni".

  "Lo statuto particolarmente privilegiato dei pretoriani – osserva Rocco - derivava dallo stretto legame che li univa all'imperatore, il comandante in capo, del quale fin dalla tarda età repubblicana costituivano una sorta di esercito personale. Si può dire che il regime imperiale stesso nasca in concomitanza con la creazione del corpo permanente delle coorti pretorie a opera di Augusto. Di fatto, la vicenda del Principato come peculiare regime politico procede in parallelo a quella dei pretoriani, con la quale finisce quasi per identificarsi: l'uno e gli altri cessarono di esistere nello stesso periodo storico, durante la complessa fase di trasformazione e assestamento rappresentata dalla cosiddetta Tetrarchia, che si concluse con la definitiva affermazione di un nuovo tipo di regime, più "assolutistico" del precedente e tradizionalmente designato dagli storici con il termine di Dominato".

  Nel corso del tempo, i pretoriani diventarono "il vero ago della bilancia della politica romana: il nuovo imperatore dipendeva in tutto dal loro favore, ragion per cui concesse al corpo un grado di autonomia mai sperimentato prima. Dopo l'eliminazione del prefetto del pretorio Cornelio Lacone, i soldati ne scelsero due in sua sostituzione: Plozio Firmo, ex prefetto dei vigili, e Licinio Proculo, intimo di Otone. Ma si spinsero anche oltre, decidendo chi dovesse ricoprire la carica di prefetto dell'Urbe: la loro scelta cadde su Tito Flavio Sabino, fratello di Tito Flavio Vespasiano, generale di rango senatorio impegnato da alcuni anni a soffocare una sanguinosa rivolta ebraica in Palestina".

  Nelle fasi di transizione del poteri, i pretoriani si trovarono spesso a controbilanciare "il peso esercitato dal senato da una parte e dalle legioni dall'altra. Di fatto, ciò fece si che attraverso l'azione dei pretoriani, per quanto questa si manifestasse molto spesso per mezzo di sollevazioni, congiure e violenze, anche elementi provenienti da strati sociali estranei sia all'aristocrazia senatoria italica, sia alla classe di quei provinciali che fondavano le loro fortune sul servizio militare, si trovassero in qualche modo a influire in modo diretto sui meccanismi del potere. Fino alla riforma di Settimio Severo, infatti, al loro interno le coorti pretorie esprimevano sì ceti provvisti della cittadinanza e provenienti per lo più dall'Italia, ma alternativi a quello senatorio, al quale erano subalterni: l'ordine equestre, le classi dirigenti municipali e , in misura crescente, anche frange più marginali della società, rappresentate dai figli di soldati o, in minor misura, dai liberti".

  Le funzioni di polizia svolte dalla coorti pretorie consistevano principalmente "nella prevenzione e rimozione di minacce direttamente o indirettamente rivolte al sovrano. Questo fece sì che molto spesso, soprattutto a opera di imperatori più inclini di altri a servirsene in questo modo, gli speculatores pretoriani fossero impiegati per intimidazioni, arresti, interrogatori e torture, detenzione ed esecuzione di prigionieri, eliminazione di personaggi potenzialmente pericolosi per il trono, spionaggio. Per lo più le vittime di simili trattamenti erano figure di una certa rilevanza nel panorama politico, oppure addirittura membri della stessa famiglia imperiale; ma anche i cittadini comuni potevano rischiare di cadere nella rete dei soldati incaricati di mescolarsi alla popolazione in veste di agenti provocatori".

  In definitiva, è giusto riconoscere ai pretoriani il merito "di aver costituito un corpo molto presente e attivo nella vita dell'Urbe, dell'Italia e delle comunità sparse in tutto l'impero durante il Principato, e di aver perciò fornito un contributo fondamentale nel foggiarne alcuni dei tratti più caratteristici, anche al di là degli aspetti politici e militari. Aspetti sui quali preferiscono indugiare le fonti letterarie e che, ancora oggi, attraggono più di altri l'attenzione, ma che certo non possono spiegare davvero nella sua complessità la vicenda di uomini che per secoli vissero e operarono nel cuore dell'impero di Roma".