La civiltà indiana e noi Stampa E-mail

Louis Dumont

La civiltà indiana e noi

Adelphi Edizioni, pagg.162, € 10,00

 

dumont indiana  Sono raccolti in questo volume della "Piccola Biblioteca Adelphi" i testi di tre conferenze che Louis Dumont tenne nel 1962 presso la Fondazione Cini di Venezia, nelle quali viene riassunto "nel modo più semplice possibile, per i non specialisti, il contributo della considerazione sociologica alla comprensione dell'India". Seguono poi due studi "finora poco accessibili": il primo, risalente al 1953, "presenta in miniatura tutto il sistema della casta", mentre il secondo, "più modesto", prende in esame "una delle nozioni principali con cui si è cercato a lungo di cogliere l'India: la «comunità di villaggio»".

  "Noi – spiega l'Autore – ci siamo ormai abituati a considerare la società indipendentemente dalla religione. Quest'ultima per noi ha cessato di abbracciare e garantire tutti gli aspetti della vita sociale. La realtà umana essenziale si trova per noi nell'uomo in quanto individuo, ed essendo tutti gli individui eguali per principio, la nostra società è egualitaria. La società indiana, invece, si ordina, si gerarchizza, in funzione della religione, cioè dell'ordine universale così come essa lo rappresenta. Per comprendere questo, bisogna ritrovare in noi stessi tutta una serie di nozioni che abbiamo dimenticato o che abbiamo cessato di mettere in primo piano".

  Bisogna tenere presente che "nel sistema delle caste, come nel suo modello classico dove la società è divisa in quattro categorie o stati distinti, vi è un ostacolo fra l'uomo particolare e l'universale, appunto la casta o lo stato, che prescrive a ciascuno il suo dovere specifico. Quello che i trattati distinguono come morale comune a tutti è ben poca cosa, non esiste quasi dovere universale, esistono innanzi tutto doveri di stato: non si è uomini, bensì, secondo il caso, sacerdoti, principi, coltivatori o servitori. Esiste un'etica (sociale), non esiste, o quasi, una «morale soggettiva». Da parte indiana si contesta volentieri quest'assenza – e vedremo che bisogna tener conto di un'altra mentalità -, ma nell'insieme, e a guardar bene, è un fatto di comune esperienza al quale nell'India stessa si fa allusione tutti i giorni".

  Mentre da noi l'individuo è etimologicamente e storicamente indivisibile, nell'India "è una totalità, vale a dire una molteplicità ordinata dalle sue opposizioni interne, più gerarchiche. Da qui il senso profondo dell'enumerazione, alla quale l'India ricorre a sazietà: si costituisce un essere mentale enumerandone le parti. Così è anche del regno: i testi enumerano in ordine d'importanza i suoi costituenti, la gerarchia lo integra in rapporto ai valori, lo unifica nell'ordine universale".

  Secondo Dumont, "la concezione materialista della società e della storia non fornisce altro che visioni superficiali della storia contemporanea di un paese come l'India, perché essa è irrimediabilmente imperniata sulla società moderna sviluppatasi in Occidente, ignora le caste riconoscendo solo le classi – anche quando queste sono allo stato nascente -, maschera i problemi e le difficoltà con una fraseologia baldanzosa e rischia di condurre al fallimento a forza di essere infedele alla realtà".