La tirannia dei valori Stampa E-mail

Carl Schmitt

La tirannia dei valori

Adelphi, pagg.107, Euro 5,50

 

schmitt_tirannia.jpg  IL LIBRO - L'espressione "punto di attacco" svela la potenziale aggressività immanente a ogni posizione di valori. Espressioni come "punto di osservazione" o "punto di vista" sono fuorvianti e danno l'impressione di un relativismo, relazionismo e prospettivismo apparentemente illimitati, e con ciò di altrettanta tolleranza, legata a una sostanziale, benevola neutralità. Ma non appena si è consapevoli del fallo che qui sono in gioco anche punti di attacco, le illusioni neutralisliche cadono. Con un saggio di Franco Volpi.

 

  DAL TESTO - "Intesa correttamente, la formula della tirannia dei valori può consegnarci la chiave per comprendere come l'intera teoria dei valori non faccia che fomentare e inasprire l'antica , perdurante lotta delle convinzioni e degli interessi. Non costituisce un grande vantaggio il fatto che esitano moderni filosofi dei valori che riconoscono «rapporti di fondazione», in forza dei quali il valore inferiore, essendone il presupposto, può all'occasione essere addirittura anteposto a quello superiore. Tutto ciò non fa che mostrare la confusione che regna in tutto il discorso dei valori, il quale propone continuamente nuove relazioni e nuovi punti di vista, mantenendosi però sempre nella posizione di chi rimprovera all'avversario di non vedere valori manifesti, ossia la squalifica come cieco nei confronti dei valori (wertblind). L'uso polemico della parola «cieco» è adeguato alla logica del valore, poiché qui si tratta di sistemi di relazione costruiti in base a punti di vista, punti di osservazione e punti prospettici".

 

  L'AUTORE - Nato nel 1888 da una famiglia operaia cattolica, Carl Schmitt studiò giurisprudenza a Berlino, Monaco e Strasburgo. La sua idea politica centrale risale al periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale: la legittimità dello stato è determinata dal modo in cui agisce di fronte al 'pericolo concreto' o nella 'situazione concreta', piuttosto che da qualsivoglia scopo morale. Il sovrano o il dittatore legittimo è colui che decide lo 'stato di eccezione' per preservare l'ordine e proteggere la costituzione. Seguace delle idee di G.W.F. Hegel e Thomas Hobbes, secondo cui l'uomo è 'caduto' e 'cattivo', Schmitt sostiene che tutta la vita politica si riduce ai rapporti tra “amici e nemici”. Nella teoria di Schmitt, le democrazie fondate sulle 'norme', sulle regole giuridiche, e sulla separazione dei poteri, perdono ogni potere quando debbono affrontare delle grandi minacce religiose carismatiche, o politiche, come quella bolscevica della sua epoca. L'esistenza di “situazioni eccezionali”, come gli stati d'emergenza, va ad infrangere le fondamenta stesse dei sistemi politici liberali che si basano su leggi prestabilite e su norme che in teoria dovrebbero essere applicabili a tutte le situazioni possibili. Schmitt si fece beffe dell'idea che un dibattito razionale possa portare alla verità, affermando che se si chiedesse ad un socialdemocratico del suo tempo chi volesse, “Barabba o Gesù?”, egli convocherebbe subito delle consultazioni e stabilirebbe una commissione per studiare il caso. Dal 1921 Schmitt si dedicò all'insegnamento e produsse trattati polemici che furono attentamente studiati soprattutto in quegli ambienti bancari sinarchisti che alimentavano l'esperimento fascista in Europa. Poi, come consigliere dei governi Brüning (1930-1932) e von Papen (1932), Schmitt fu impegnato a criticare e a minare la Costituzione di Weimar. In «Teologia politica», già nel 1922 Schmitt sosteneva che il vero sovrano è l'individuo o il gruppo che prende le decisioni in una situazione eccezionale. Questo individuo, o gruppo, e non la Costituzione, è il sovrano. Tutto ciò che una Costituzione può contribuire al proposito è stipulare a chi compete prendere l'iniziativa quando la situazione diventa eccezionale. Nello scritto «Il concetto del politico» del 1927, Schmitt sostenne che l'esistenza e l'identità stesse dello stato si fondano sulla realtà più profonda ed essenziale del rapporto “amico e nemico”, e che la sovranità è determinata dall'individuo o dall'entità che è capace di definire e proteggere la società dai nemici nelle situazioni di minaccia esistenziale. Piuttosto che ricorrere alle norme, sostiene Schmitt, il sovrano ricorre alla legge del campo di battaglia o “al decisionismo concreto”. Fino alla sua scomparsa, nel 1985, Schmitt rimase un devoto ammiratore del Fascismo mussoliniano, al quale egli riconobbe la capacità di unire la Chiesa, lo Stato autoritario, un'economia libera, e i miti forti che motivano la popolazione.

 

  INDICE DELL'OPERA - Avvertenza - Introduzione - L'edizione limitata del 1960 - Anatomia dei valori, di Franco Volpi